-Quattro step-

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Sono le quattro e mezza del mattino del 28 luglio, è il compleanno di Jacopo e io non riesco a chiudere occhio da quando ho messo piede in questa stanza. Sono affacciato alla finestra della mia camera, una mezza canna consumata tra le dita che rischia di spegnersi a causa del venticello freddo e i capelli scompigliati, un senso d'angoscia nel petto e il bisogno di correre in bagno, ma proprio non riesco a scollare gli occhi da sopra la finestra della camera di Jacopo.

Non gli ho fatto gli auguri, coglione quale sono, perché voglio farglieli di persona quando sarà fatto giorno. Volevo aspettare la mezzanotte con lui, augurargli un felice compleanno e abbracciarlo forte, che forse tra le sue braccia l'avrei trovato il coraggio di baciarlo, ma i suoi genitori hanno deciso di passare una serata con lui fuori paese, rientrando manco tre ore fa. Quando ho visto la macchina passare il cancello d'entrata, quasi volevo precipitarmi giù per le scale e correre da lui, ma la paura di essere indesiderato mi ha bloccato, portandomi a non chiudere occhio.

Dopo quel discorso con Sara, quel giorno, ce ne sono stati altri, anche se alla fine -strano a dirsi- ho trovato conforto nelle parole di Alessandro, che mi ha consigliato di buttarmi a capofitto in ciò che provo senza pensarci troppo, che se va male me ne farò una ragione, nonostante io ancora creda che non riuscirei a sopportare un rifiuto, specialmente se è Jacopo a rifiutarmi.

Ho stabilito un piano che non seguirò perché sicuramente mi farò prendere dal panico poco prima di entrare in camera sua, siccome avevo in mente di andare da lui, fargli gli auguri, baciarlo e dichiararmi.

È proprio un piano di merda.
Non so esattamente perché mi sia venuto in mente proprio di baciarlo, perché devo beccarmi uno schiaffo a prima mattina?
Se va male?
Se arriva a non rivolgermi più la parola?
Io lo amo, come si va avanti quando sei legato per il collo al cuore di un'altra persona?

Penso alle sue labbra e mi tremano le gambe, la forza nelle braccia mi manca e la canna quasi mi scivola dalle dita, rischiando di finire tra i cespugli sotto la mia finestra.

Penso alle sue labbra sulle mie e vado a sedermi sul letto perché potrei essere io quello a finire accidentalmente nei cespugli, che sia per la perdita del controllo delle mie stesse azioni o per la paura che mi sta divorando dall'interno non lo so.

Mi tranquillizzo mentre penso ai mille baci che lui mi ha dato sulla spalla, sulla guancia, sul collo, poi si sono aggiunti quelli sul petto, quelli fin troppo vicino alla bocca. Vado di nuovo in panico quando effettivamente arrivo a comprendere che quelli che ha fatto Jacopo sono tanti piccoli passi verso di me, mentre io ho in mente di lanciarmi proprio su di lui.

Ancora adesso credo che quei passi siano stati fatto solo per divertimento, che Jacopo non prova nulla per me e che molto probabilmente non lo farà mai, che il bacio che ho in mente di dargli peggiorerà soltanto le cose e ci farà allontanare.

Perché il pensiero di non meritare niente da nessuno è così radicato in me?

Sono le otto, non ho chiuso occhio e Arek ha pisciato a terra, come potrebbe iniziare meglio una giornata?

<< Tu lo sai che camera mia non è un bagno? Vero, amore? >> chiedo mentre gli accarezzo la testolina non così minuta ormai.

Mordicchia le mia dita, facendomi imprecare perché i denti di un cucciolo sono peggio dei coltelli. << Cristo. >> borbotto.

Indosso un paio di pantaloncini ed esco dalla mia camera dopo aver spalancato la finestra in cerca della donna che mi ha messo al mondo, che proprio non so come togliere quella roba dal pavimento senza vomitare anche l'anima.

Non so nemmeno se sto per vomitare a causa di ciò che ha fatto il cane o per quello che ho pensato di dover fare tra poco.

Magari mi ammazzo dopo avergli scritto una lettera.
Troppo tragico, Mattia.

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