5) L'uscita

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Pensavo a lei, chissà cosa si era messa.
Con il fisico che aveva poteva starle bene tutto.
La sua vita era stretta, i fianchi e le spalle perfettamente allineati.
La pancia era piatta, il seno dava nell'occhio.
Non era la ragazza più magra del mondo, le sue guance erano leggermente paffute, la facevano sembrare più giovane, infatti, di primo impatto, credevo fosse una quattordicenne.

Era molto carina.

La gente per strada mi guardava interperrita, alcuni ragazzi non dicevano niente, altri esclamavano "finocchio!".
I genitori facevano guardare in terra i loro figli cercando di fargli evitare di diventare come me da adolescenti.

Odiavo dovermi etichettare, non la trovavo una cosa sensata.
A me piacevano le donne, ma anche gli uomini.
Non era una cosa sbagliata.
Perché tutti la consideravano tale?

Finché non fai coming out hai un sacco di amici, una volta fatto, tanti se ne vanno.
Cosa cambiava?
Se un tuo amico ti dice che preferisce il sushi alla pizza lo inizi ad odiare a morte?
La risposta è chiaramente no.
Sono solo preferenze.

Alzai la testa, c'ero quasi.
Una macchina si fermò davanti al negozio ed una ragazza scese al volo.
I suoi lunghi capelli risplendevano al sole, lei era girata di schiena ma capii subito che era Ginevra.
Salutò la persona che l'aveva accompagnata ed iniziò a guardarsi in torno.

Vederla da lontano era strano, sembrava così bassina.
In realtà lei era alta, ma a me arrivava poco sopra la spalla.

Mi misi a correre sul marciapiede ed attraversai le strisce pedonali.
Non appena mi vide venne verso di me.
<<Ciaoo>> Salutò.
<<Ehi, c'è caldo oggi eh?>> Esclamai sventolandomi con la mano.

<<Davvero, ci beviamo qualcosa?>> Chiese.

Iniziammo a camminare per il centro città.
Non c'era troppa gente.
In tanti erano già in vacanza, altri preferivano vedersi a casa.

<<Come mai ci siamo incontrati proprio davanti al negozio di musica?>> Chiesi curioso.
Era un posto strano in cui vedersi.
Poteva benissimo dire una piazza o qualcosa del genere.

<<So che è uno dei negozi più vicini a dove vivi, e poi se fossi arrivato un po' in ritardo avrei aspettato con la musica in sottofondo>> Fece un piccolo occhiolino e poi sorrise.

Era gentile.
Davvero tanto.

I suoi capelli emanavano un odore forte, tipo di more.
Ogni volta che lo sentivo il mio stomaco faceva le capovolte.

<<Ci sta, grazie mi hai risparmiato una lunga camminata, ansi corsa. Ero un po' in ritardo, per questo sono arrivato tutto accaldato haha.
Suoni qualche strumento?>> Dovevamo conversare in qualche modo.

<<Nah, alle medie suonavo il flauto ma non ero proprio bravissima diciamo.
Prendevo 7/8 per miracolo, la prof odiava i maschi quindi i voti alti li dava solo alle femmine, anche non si faceva benissimo.
Sai, a scuola io non sono la più brava della classe, ma mi impegno tanto, conta questo alla fine.
Te?>> Mi piaceva quando iniziava discorsi lei, così non dovevo farlo io.
Si vedeva lontano un miglio che era timida ma con me sembrava a suo agio.
Ogni tanto arrossiva quando la guardavo negli occhi, tutte le volte che accadeva io sorridevo.

<<Neanche io in realtà. C'è, non a livello professionale. Il piano lo so suonare, so qualcosa anche con la chitarra.
Io amo cantare.
Se mi sento male questo è quello che mi fa stare meglio.
Come se tutti i miei problemi sparissero>> Feci una piccola pausa e ripartì.

<<la scuola mi è sempre stata un po' difficile, sia per lo studio ma anche per la gente.
Ci sono certi ragazzini della nostra età davvero immaturi, che gliene frega di come mi vesto? È la mia vita, non la loro.
Anche i prof mi prendono di mira, alcuni si rifiutano addirittura di farmi lezione. Ma in che mondo di merda siamo finiti?>> Forse mi ero aperto troppo?

Sentivo il sangue ribollirmi nelle vene, succedeva ogni volta che ripensavo alla scuola.

<<Anche a me danno noia.
Sia per il mio look ma anche per il mio aspetto, mi dicono sempre che sono una balena, ci sto male ma sto provando a superare questa cosa e mi vesto come voglio>> Le tremava un pochino la voce, se fosse stata a casa da sola avrebbe sicuramente pianto.

Le diedi un piccolo abbraccio.
Il suo profumo mi entrò tutto nel naso e mi rimase sui vestiti.

<<sei bellissima invece.
Una cosa che ho imparato con il tempo è quella di fregarsi di tutto e tutti.
È l'arma migliore, sapere di essere superiori>> Mi sentivo tipo un eroe in qualche modo.
Strano da dire così ma era il modo in cui mi sentivo davvero.

Lei mi guardò con due occhioni teneri.
<<Grazie, mi sento per una volta capita>> Si avvicinò un pochino a me.
Il suo braccio sfiorava il mio, la sua pelle era fredda, gelida, la mia andava a fuoco.
Come?
Con tutto quel caldo.

<<Anche io mi sto trovando bene, posso parlarti della scuola e dei miei problemi senza che anche te mi prenda in giro>>
Vidi una gelateria per il viale in cui stavamo passando.
L'insegna era elegante, dentro il muro e il pavimento erano di un bianco brillante.
C'erano tanti gusti di gelato, il banco era pieno.
Il negozio era vuoto.
Perfetto.
Potevamo andarci noi.

<<Ci prendiamo un gelato?>> Chiesi con già l'acquolina in bocca.
Quanto amavo quel cibo.
Era fresco, buono, di qualsiasi gusto e dimensione.

<<Siii>> Entrò subito nella gelateria.
Guardammo per qualche secondo i gusti nel mentre che la gelataia ci guardava annoiata.

<<Hai deciso?>> Chiese Ginevra.
Annuii.

<<Per me un cono con fragola e vaniglia, per lei invece...>> Lasciai in sospeso la frase così che lei potesse finirla.
<<io un cono con pistacchio e cremino>>.

Velocemente ce li preparò.
Ginevra stava già tirando fuori i soldi per pagare ma io la fermai.
<<Pago io, pago io>> Mi avvicinai alla cassa.
<<No Bill! Ma che dici>> Si avvicinò anche lei alla cassa.

<<No davvero lascia stare, faccio io>> porsi i soldi alla gelataia.

<<Sono quattro euro>>

Pagai.

Ginevra mi guardò un po' arrabbiata come per dirmi che non dovevo farlo.

<<La prossima volta pago io eh, grazie>> diede una prima leccata al cono.
<<Bonooo>> esclamò.
Ridacchiai un po'.

Uscimmo dalla gelateria ringraziando la signora e ripresimo a camminare.

<<Sai, di solito non mangio il gelato, però oggi ci voleva>> Era felice come una bambina il giorno di Natale.
Mi piaceva il suo sorriso, era delicato e amichevole.
Mi piaceva anche sentirla ridere, lei mi raccontò che quando era con le sue amiche lacrimava ogni volta quando rideva, a giro si tratteneva.
Mi sarebbe piaciuto vederla piangere dalle risate.
Un giorno ci sarei riuscito in qualche modo.

Lei era una ragazza curiosa, nel mentre che si parlava scoprivo cose assurde e che non mi sarei mai aspettato.
Era una grande amante degli animali: ha avuto 3 gatti, 3 cani, 5 porcellini d'india, pesci, 2 tartarughe, criceti, pappagalli... un po' di tutto.
Amava prendersi cura di sé, odiava abbronzarsi, passava notti in bianco per fantasticare sulla sua vita in futuro.

Certe volte le facevo domande un po' provocanti, non mi interessava di Tom e di tutti i suoi modi per approcciare le ragazze.
Io facevo di testa mia.
Per "domande provocanti" intendevo cose come "quanti ragazzi hai avuto", "cosa cerchi in un ragazzo" Ecc...
Nulla di troppo rischioso.
Tutte le volte arrossiva un po' soprattutto alla domanda su cosa cercasse in un ragazzo.
Non voleva tanto, desiderava solo qualcuno che l'amasse per quel che era e che la capisse in qualche modo.
Quando lo chiese a me dissi la stessa cosa.
Tra noi due ci fu qualche istante di silenzio, eravamo troppo imbarazzati anche per guardarci negli occhi.
Fino a quel momento si era parlato dei nostri problemi in comune...

In un certo senso eravamo l'uno quel che voleva l'altro.

Capii in quegli istanti che ci saremmo dovuti vedere di nuovo.

human connect to human // Bill Kaulitz Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora