12) A cosa ti fa pensare?

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Tornai a casa con trecento idee che mi viaggiavano per la testa.
L'outfit, il trucco, i capelli.
Doveva essere tutto perfetto.
Era quasi l'ora.
Ci saremmo visti alle 10 alla gelateria davanti ad un grande parco.
Amavo quel posto.
Era una grande distesa di erba fresca, in una zona c'erano anche dei giochi per i bambini, andando avanti si potevano trovare panchine immerse totalmente in mezzo ad alberi altissimi ed uno stagno da cui sopra ci passava un vecchio ma incantevole ponte di legno.

Di giorno ci ero stata tante volte, mi piaceva osservare la luce del sole che risplendeva sull' acqua, amavo anche vedere i pesciolini che ci nuotavano dentro indisturbati.
La trovavo una cosa molto calma, una tranquillità che io non avrei mai trovato.

Nemmeno nelle vacanze estive ero libera da tutti i problemi, sicuramente non ero più in ansia per le verifiche ed interrogazioni, questo però lasciava spazio a tutte le mie altre preoccupazioni di agire e diventare le principali per tre mesi.

Ero in difficoltà, avevo bisogno di aiuto.
Ma avevo paura di parlare.
Mi sentivo come se parlare fosse proibito, tenevo tutto il mio dolore dentro, esso si accumulava e diventava sempre più forte e prendeva sempre il sopravvento.
Cercavo di ignorare questo mostro che mi divorava da dentro ma non ci riuscivo.

Nonostante fossi dimagrita di tanti chili in poco tempo (continuavo a dimagrire costantemente) non riuscivo a vedermi allo specchio senza avere ribrezzo.
Non mi piacevo, dovevo essere più magra.

Una vocina nella testa mi urlava ogni volta che mangiavo qualcosa in più o quando pensavo di sfamarmi anche con una fettina di pane.
Soffrivo molto.
Mi dirigevo al frigo e bevevo l'acqua che avevo messo al fresco.
Dopodiché, prendevo una cingomma e masticavo quella per tutto il resto della giornata.
Quell'antipatica vocina si complimentava con me per quello che avevo fatto.
Ero stanca di lei.
Ogni volta in cui pensavo di averla sconfitta, ecco che lei riappariva e mi faceva tornare all'inizio dell'oscuro vortice che mi aveva risucchiato e da cui stavo riuscendo ad uscire con non poche difficoltà.
Era così.
Ormai mi ero abituata.

Le prime volte che mi successe mi provocavo dolore da sola per la delusione di non essere abbastanza forte per superare tutto.
I primi tagli li feci a 11 anni.
I primi pensieri suicidi comparirono a 9 anni.
I primi digiuni iniziarono a 12 anni.
In quel periodo stavo talmente male che non riuscivo a prendermi cura di me, sembravo uscita da un bosco.

Ero pulita da tanti mesi ora.
Avevo fatto una promessa alle mie amiche che non potevo infrangere.
Se mi facevo del male un'altra volta lo avrebbero detto a degli adulti.
La mia più grande paura.

....

Ma tornando allo stagno e all'uscita con Bill.
Non l'avevo mai visto di sera.
Immaginai la luna al posto del sole che si riflette sull'acqua.
Doveva essere davvero incantevole.
Ero emozionionata.
Dovevo prepararmi.
In realtà ero già truccata, rimisi giusto un po' di mascara e matita.
Mi lavai i denti e poi mi rinfrescai con una doccetta veloce.
Mi vestii con un jeans che comprai l'altro giorno al negozio e ci abbinai una maglietta attillata con una scollatura dritta.
Aggiunsi qualche braccialetto e collana, indossai due cinture e misi i miei orecchini.
Ripassai la piastra e mi riempii di profumo.
Ero pronta.

Mi fiondai in salotto, presi gli spicci che mia mamma mi aveva preparato e messo sul piccolo tavolo vicino alla poltrona.
Nel mentre scrivevo alle mie amiche e chiedevo loro dei consigli.
Come me, erano tutte innocenti e vergini.
Eravamo tutte sulla stessa barca.
Delle vere sfigate.
L'unica cosa che continuavano a ripetermi era di stare calma.

C:"Boia Ginevra"
"Sta calma"

M:"oh non tirarti indietro all'ultimo"

Sorridevo come un abete.
Ero matta.

human connect to human // Bill Kaulitz Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora