34) Ero ormai persa

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Gennaio...

Avevo passato due settimane da sogno.

Per Natale Bill mi aveva regalato un anello dai colori scuri, la gemma che c'era sopra era nera e luminosa, la forma era quella di un cuore.
(Mi sentivo un po' in colpa, il mio regalo non era niente in confronto al suo)
Fu l'unica cosa bella che ricevetti per natale: i miei genitori mi avevano preso dei trucchi rosati, cose che non avrei mai messo in tutta la mia vita, i miei parenti dovevano aver cercato su amazon "cose gotiche" e avevano ordinato il capo d'abbigliamento che costava di meno.
La giornata era andata stranamente bene in fondo, certo, non avevo rivolto parola ai miei cugini, nè ai miei zii, nè ai miei genitori, solo ai miei fratellini ed ai miei nonni.

Ormai da tempo non avevo più le vibes natalizie, nonostante tutto intorno a me fosse addobbato era come se non mi influenzasse affatto.
Avevo anche mangiato tutto, mi sentivo fiera per quello.

A capodanno eravamo davvero usciti tutti insieme in centro.
Come prima cosa scattata la mezzanotte Bill mi aveva presa fra le sue braccia e mi aveva dato un lungo bacio, cosa da lui.
Era un romanticone.

L'epifania era passata, questo voleva solo dire scuola.

Che coglioni.

Non era ancora suonata la campanella delle otto e già volevo scappare.

<<Passate bene le vacanze balena?>> Domandò Giovanni appena mi vide in classe.
<<Sì, siamo uscite sempre, non come te che non hai amici veri>> Rispose Rachele al mio posto, tirandomi la maglia per farmi girare.
<<Lascialo fare>> Aggiunse poi sottovoce a me.
Era impossibile ignorarlo.
La guardai con un espressione indecifrabile sul volto, lei capii che dovevano lasciarmi da sola.

Mi sorressi la testa con le mani, già stanca di tutto.

Durante la lezione non stavo attenta, volevo sparire dal mondo.
Le mie amiche mi guardavano dai loro posti con aria interrogativa, io non alzavo i miei occhi dal lapis che faceva sù e giù sulla cornice del libro.
Coloravo per ridurre l'ansia e lo stress, non pensavo ad altro oltre che al corpo dei miei sogni, un corpo che mi sarei solo immaginata per il resto dei miei giorni.
Non chiedevo chissà cosa, solo delle cosce fini, vita stretta, pancia piatta, braccia esili... come erano tutte le ragazze che conoscevo.
Perché non potevo essere come loro?
Stavo entrando nel panico.

Alzai la mano.
<<Posso andare in bagno?>> Domandai.
<<Certo, vai pure>> La prof mi diede il permesso.

Mi alzai dalla sedia veloce e poi scappai nel corridoio.
Le lacrime erano pronte a strabordare da un momento all'altro.
Entrai in uno dei bagni e mi sedetti sulla tavoletta (ovviamente abbassata) di un cesso.

Lì mi lasciai andare.

Finalmente libera.

Le lacrime erano così tante che avevano persino bagnato i miei capelli, erano diventati ondulati in quella zona, tutte ora avrebbero capito perché ero dovuta andare in bagno urgentemente.

Mi mancava il respiro, alternavo momenti di apnea con momenti in cui respiravo velocemente.
Mi girava la testa, mi sentivo svenire.
Le mie dita formicolavano, mi veniva da vomitare.
Per placare il pianto mi stavo trafiggendo con le unghie la pelle delicata dei bracci, ero zeppa di segni rossi ovunque.

Caos.
Nella mia testa c'era solo caos.
Viaggiavano pensieri intrusivi, sensi di colpa, malinconia e rabbia con me stessa.

Mi era venuto in mente di chiamare a casa, ma nemmeno lì era un posto sicuro.
Stavo bene solo ea sola, e con Bill.
L'unico che stava davvero provando a farmi ragionare.
Provavo ad ascoltarlo con il cuore, ma la testa faceva a modo suo.

human connect to human // Bill Kaulitz Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora