37) Nulla aveva più un senso ora

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All'uscita di scuola...

-Bill's POV-

<<Che mi ha scritto la Gine, la divina commedia? Ahaha>> Scherzai prima di aprire la chat per leggere il lunghissimo messaggio che mi era stato inviato quella mattina quando ero ancora in classe.
<<O magari vuole lasciarti>> Ridacchiò Tom legandosi la cintura.
<<Speraci>> Risposi sarcastico.

Iniziai a leggere le prime righe, il mio sorriso era svanito.
Cosa!
<<Mamma! Andiamo a casa della Ginevra! Forse siamo ancora in tempo! Si vuole uccidere! È un messaggio d'addio!>> Boccheggiai in ansia con le lacrime che stavano già iniziando a scendere.
<<Bill ma cosa dici>> Domandò scioccata lei girandosi verso di noi.
Le passai il telefono con mani tremanti.

No, no, no, NO!
Cosa voleva dire‽
Perché, perché, perché!
Non poteva essere vero.
Era l'amore della mia vita, non poteva andarsene così.
Ripensai ad I suoi occhi felici e di quel colore unico sul verdolino, alla sua voce delicata, al rossore che prendeva ogni volta che le davo un bacio o la chiamavo "amore", alla pelle candida e perennemente congelata, ai capelli morbidi e lucenti, alla sua personalità brillante, alla delicatezza che metteva in tutto quello che faceva.
NON POTEVA FINIRE COSÌ.

<<Merda>> Bisbigliò mia madre terrorizzata.
Senza aggiungere altro partì al massimo della velocità.

Tom mi stava tenendo la mano, non funzionava a tenermi calmo, non volevo la sua mano nella mia, volevo quella della Ginevra.
Era l'unica che avevo sempre voluto e desiderato.
<<Secondo voi arriveranno anche le sue amiche?>> Balbettai.
Non avevo più il controllo delle mie parole.
Buttavo fuori qualsiasi cosa che mi veniva in mente senza alcuno scrupolo.
<<Si spera proprio di Sì>> Mi rispose mia mamma in modo frustrato.

<<Perché lo ha fatto! Io come faccio ora senza di lei!>> Piagnucolai facendo partire una chiamata con la Ginevra.
L'attesa era lunga, come mi aspettavo non ci fu risposta, riprovai finché non arrivai davanti a casa sua.

Appena la mia macchina si fermò corsi fuori ed andai a suonare al campanello.
Ad aprirmi venne sua mamma, anche lei in lacrime.
<<Stanno arrivando i soccorsi?!>> Domandai impanicato facendomi spazio per entrare.
Lei annuì.
Lasciò la porta di casa aperta, stava sull'uscio ad aspettare la polizia e l'ambulanza con gli occhi rossi ed un fazzolettino in mano.
Sul divano erano seduti i suoi fratellini, sembravano distrutti.
Mi chiedevo chi fosse stato a trovare il corpo, speravo non uno di loro.
Il più piccolo stava tenendo tra le braccia un pupazzo di Hello Kitty, ricordai di averlo visto svariate volte in camera della Ginevra.
La più grande invece stava abbracciando il fratellino.
Tutti e due singhiozzavano allo sfinimento.
Sarebbero rimasti traumatizzati a vita.

Corsi verso il bagno, sapevo che era avvenuto tutto lì.
La porta era spalancata, la luce dai toni freddi accesa.
Il mio cuore batteva in modo violento, mi faceva male il petto.
Con passo pesante ma svelto ci entrai dentro.

Caddi sulle ginocchia.

Boccheggiai.

Urlai dal dolore.

Iniziai a piangere in modo rumoroso.

Nulla mi sembrava più reale.

Il suo corpo giaceva nella vasca colma d'acqua, all'interno galleggiava l'asciugacapelli ma che non era più attaccato alla presa, qualcuno doveva averlo staccato.
Poteva essere stata lei stessa che magari si era pentita?
Non aveva fatto in tempo.

Gattonai verso di lei.

Le lacrime scendevano a dirotto, non vedevo più chiaramente, sentivo che il mio corpo non si sarebbe più retto in piedi, ero diventato d'un tratto di piombo, una forza immaginaria mi stava tenendo incollato al pavimento umido.
La mia bocca era secca, come le mia pelle, sulle mie guance c'erano rigate nere, anche sulle sue.
Quella era l'ultima volta che l'avrei vista, ed era morta.

human connect to human // Bill Kaulitz Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora