I want to wear his initial on a chain 'round my neck
Chain 'round my neck
Not because he owns me
But 'cause he really knows me
Call it what you want - Taylor Swift
10 ottobre 2017
Ho sonno.
Ho sonno.
Ho sonno.
Sento le palpebre che fanno fatica a rimanere aperte.
Ma non posso addormentarmi, devo preparare un cappuccino decaffeinato con sciroppo di caramello e un cuore disegnato con il cacao sopra la schiuma del latte.
Dò l'ultima spolverata e mi giro verso la cliente.
"Scusi per l'attesa..." le allungo il caffè, "...ecco il suo cappuccino".
"Non si preoccupi, grazie mille" risponde la ragazza ventenne, che lascia una mancia di cinque dollari per poi andarsene sorridendo.
Non mi piace per niente questo lavoro, ma ne ho bisogno. Dopo la laurea, non ho ancora trovato un posto fisso dove lavorare come sceneggiatrice. Ai colloqui, mi mandano via sempre con le due solite frasi: "Le faremo sapere" e "Scusi, ma non è quello che cerchiamo".
Almeno la seconda è onesta e non mi dà speranza. La prima, invece, è la più bastarda: ti fa sentire di poter avere una possibilità, di poter ricevere una chiamata fortunata da un momento all'altro, e poi non chiamano mai.
I soldi e le cose da pagare non aspettano le chiamate, arrivano senza mai fermarsi.
Quindi, eccomi qui, a fare un lavoro che non mi piace e sognando un lavoro per cui ho speso soldi e notti insonni.
Il tempo è molto lento all'interno di questo piccolo locale e i clienti sembrano ripetersi all'infinito: un trio di signore sulla sessantina che ordinano un tè perché "il caffè potrebbe farci venire un infarto"; un ragazzo di vent'anni, sicuramente universitario, che chiede un caffè amaro e lungo; una madre e una bambina che vogliono bere una bevanda fresca dopo la scuola, ecc.
Nel pomeriggio, il sole che filtra dalle grandi finestre crea giochi di luce sui tavolini, aggiungendo un tocco di calore all'ambiente. I clienti sfogliano distrattamente i giornali, immergendosi nelle loro letture o chiacchierando a bassa voce. La musica di sottofondo, sempre la stessa playlist di jazz rilassante, accompagna i loro movimenti lenti e riflessivi. E la mia voglia di dormire.
Però non è sempre un abbraccio da parte di Morfeo.
Ogni tanto, qualcuno entra con una storia diversa, una richiesta insolita che spezza la prevedibilità della giornata. Come quella volta in cui un turista australiano ha chiesto un "flat white" e, con un sorriso, ho dovuto cercare su internet come prepararlo esattamente.
E poi ci sono i momenti di connessione umana, come quando la madre con la bambina si è confidata, raccontandomi le difficoltà di crescere una figlia da sola. Ho ascoltato con attenzione, offrendo una parola gentile e una bevanda calda in segno di conforto.
Il turno è quasi finito, e finalmente posso togliere il grembiule e lasciare il bar. Il sole sta calando, e l'aria della sera è fresca e piacevole. Cammino lentamente verso casa, cercando di scacciare la stanchezza accumulata durante la giornata.
Una volta a casa, mi preparo una cena veloce: un'insalata con pollo grigliato. Mentre mangio, accendo il computer e controllo le email, sperando di trovare qualche risposta alle ultime candidature inviate. Niente di nuovo, solo le solite newsletter e qualche spam.
STAI LEGGENDO
Let me go
ChickLitNel cuore di New York, Alma affronta il dolore insuperabile per la perdita del suo migliore amico Arthur, un celebre attore. Ma quando riceve un misterioso biglietto dalla madre di Arthur al suo funerale, Alma si imbarca in una caccia al tesoro attr...