18. L'ULTIMA CENA

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A greater woman wouldn't beg

But I looked to the sky and said

"Please, I've been on my knees

Change the prophecy

Don't want money

Just someone who wants my company

Let it once be me

Who do I have to speak to

About if they can redo the prophеcy?"

The Prophecy - Taylor Swift

30 aprile 2024

Guardo l'insegna luminosa del ristorante "da Joe". Non era mai stato un locale particolarmente speciale, ma era lì che ci eravamo trovati per la nostra ultima cena. Quella che sarebbe diventata l'ultima cena insieme.

12 settembre 2022

Entriamo nel ristorante in silenzio. Mi ricordo di come, una volta, ci fossero state risate, sguardi complici e un tocco leggero sotto il tavolo. Ora, invece, lo spazio che ci separa sembra incolmabile. Le nostre mani non si sfiorano più nemmeno per caso. Ci sediamo uno di fronte all'altra, e i pochi attimi di tranquillità vengono interrotti dal cameriere che porta i menù. Sento il rumore dei bicchieri e delle posate tintinnare in lontananza, ma nella mia testa c'è solo il vuoto.

Sfoglio le pagine con distrazione, senza realmente leggere. Mi rendo conto di non sapere nemmeno cosa ordinare. Il cibo sembra superfluo. Sento il disagio crescere dentro di me, come un nodo stretto alla gola. Arthur guarda il cellulare, scorrendo lo schermo con indifferenza, come se fosse più interessante di qualsiasi conversazione potremmo avere. Mi chiedo cosa stia cercando. È davvero il lavoro o forse solo una scusa per non dovermi affrontare?

Rompo il silenzio, quasi involontariamente: "Abbiamo mai avuto un momento per noi?"

Arthur alza gli occhi per la prima volta. C'è un lampo di irritazione nei suoi occhi. "Cosa intendi?"

"Non ti rendi conto? Non passiamo più del tempo insieme. Sei sempre preso da mille cose, dal lavoro... io..." mi interrompo, cercando di frenare l'ondata di emozioni che mi sta travolgendo. Mi sento debole, quasi inadeguata, per il solo fatto di sentirmi così bisognosa.

Lui sospira, appoggiando il cellulare sul tavolo. "Anche io ho una carriera, Alma. Non può essere solo il tuo mondo."

"Il mio mondo?" sento il sangue salire al viso. "Il mio mondo?" Ripeto le sue parole, quasi assaporando l'assurdità di ciò che ha detto. "Sembri solo un estraneo."

Arthur mi fissa per un momento, poi distoglie lo sguardo, come se fosse stanco di questa conversazione. "Non sono cambiato, sei tu che esigi troppo." La sua voce è fredda, quasi distante, come se stesse parlando a qualcuno di cui non si preoccupa più. "Non posso essere sempre al tuo servizio."

Il cameriere torna con l'antipasto, ma nessuno dei due tocca il cibo. Mi tremano le mani sotto il tavolo, e devo trattenermi per non farle notare. Cerco di mantenere il controllo, ma ogni parola sembra costruire un muro più alto, fino a che l'aria tra di noi si fa talmente densa da essere quasi irrespirabile. Sento il cuore battere forte nel petto, quasi come se cercasse di rompere quel silenzio opprimente.

"Ti ricordi l'ultima volta che siamo stati felici?" chiedo, fissando il bicchiere di vino rosso come se vi cercassi una risposta, o forse solo il coraggio di andare avanti. Nella mia mente, cerco frammenti di felicità passata, ma sembrano sempre più lontani.

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