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Mi sveglio con la testa pesante e la mente confusa, come se fossi stata trascinata attraverso un sogno troppo reale. Quasi non riesco a credere al sogno che ho fatto... un sogno assurdo a dir poco in cui ero a casa di Blaze, circondata dalla sua famiglia, a guardare le sue foto da piccolo e a bere con loro. Sto proprio andando fuori di testa.

Ma quando apro gli occhi e vedo il soffitto scrostato sopra di me, capisco che non era un sogno.

Dannazione, non era affatto un sogno.

Sento un movimento vicino a me e mi giro di scatto. Un bambino dagli occhi azzurri mi sta fissando, in piedi accanto al letto. Non avrà più di sette anni, ma il suo sguardo è penetrante, quasi... giudicante? Non so cosa dire, ma è lui a rompere il silenzio.

«Finalmente sei sveglia,» dice con una voce che suona troppo adulta per uno della sua età. Poi tira fuori una sigaretta da chissà dove e me la porge. «Ne vuoi una?»

Lo guardo, sbalordita. Devo aver sentito male. «No, grazie... io non fumo,» rispondo, cercando di mantenere la calma nonostante l'assurdità della situazione. «Ma... tu non sei un po' troppo piccolo per fumare?»

Lui fa spallucce con un'aria disinteressata, come se fosse la cosa più normale del mondo. «I miei fratelli fumano sempre. Dicono che rilassa,» risponde con la stessa tranquillità con cui mi ha offerto la sigaretta. Poi, senza aggiungere altro, si volta e esce dalla stanza, lasciandomi sola con i miei pensieri e il mio mal di testa.

Mi stropiccio gli occhi, sperando che tutto questo sparisca come un brutto sogno. Ma no, la stanza è ancora qui, e io sono ancora qui, nel bel mezzo di un caos che non ho nemmeno iniziato a comprendere.

Il telefono.

Lo afferro con mani tremanti e vedo la schermata illuminarsi con una serie di notifiche che mi fanno gelare il sangue. Quasi settanta chiamate perse. Mia madre, Richard, Lucas... Santo cielo, non ho avvisato nessuno. Sono scomparsa e nessuno sa dove sono.

Il cuore mi batte all'impazzata. Devo andarmene, devo trovare una scusa plausibile. Ma cosa posso dire? Niente ha senso. Devo uscire da qui.

Mi alzo di scatto, quasi inciampando nei miei stessi piedi, e mi infilo le scarpe. Quando esco dalla stanza, il salotto è vuoto tranne che per Leo, uno dei ragazzi che ho incontrato ieri sera, che sta mangiando cereali seduto sul divano. Mi guarda con un misto di curiosità e divertimento.

«Tutto bene? Hai un'aria terribile,» mi dice con un mezzo sorriso, mentre mastica rumorosamente.

«Sì, sì... devo solo andare via,» balbetto, cercando di non far trasparire il panico nella mia voce. «Grazie per l'ospitalità, ma devo proprio scappare.»

Leo alza le spalle e con un tono amichevole mi chiede, «Hai bisogno di uno strappo? Posso accompagnarti se vuoi.»

«No, grazie. Davvero. Prenderò un taxi,» rispondo rapidamente, afferrando la borsa e dirigendomi verso la porta d'ingresso. La testa mi gira leggermente mentre apro la porta e corro fuori, sperando che l'aria fresca mi schiarisca un po' le idee.

Mentre cammino a passo veloce lungo il marciapiede, la strada sembra distorta, come se non fosse reale. I pensieri mi ronzano in testa, ma sono tutti sconnessi, spezzati.

Cosa ho fatto? Perché sono finita in questa situazione?

Alzo una mano e fermo il primo taxi che passa, quasi lanciandomi davanti per farlo fermare. Il tassista mi guarda sospettoso dallo specchietto retrovisore, ma non dice nulla quando gli do l'indirizzo di casa. Il viaggio sembra durare un'eternità, ma alla fine riconosco il mio quartiere.

VEIL OF BLAZEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora