Sognò il tanfo del sangue. L'aria intorno a lei era pregna di un fumo nero che le faceva lacrimare gli occhi. Quando tentò di muoversi, un dolore straziante le morse gli arti. Troppo debole persino per gemere, rimase immobile in quell'atmosfera opaca e senza luce. Un qualcosa si serrò attorno alla sua gola: due mani livide e fredde. Airis tentò di urlare, ma l'aria ardente le invase la bocca. Gli occhi feroci di Ignus la fissavano, le dita cianotiche continuavano a stringere, il viso gonfio scavato da vermi bianchi era piegato in un ghigno grottesco. L'aria cominciò a mancarle, mentre annaspava nel tentativo di liberarsi.
Un pensiero le graffiò il cervello.
"Non voglio morire, non ora!"
In quello spazio da incubo, rimbombò una risata suadente e crudele.
"Lei..."
Tentò di aprire gli occhi, ma le palpebre erano troppo pesanti. Ormai non riusciva più a respirare. L'unica cosa che riusciva a scorgere era il volto deforme dell'ex generale.
Erano calate le tenebre quando si svegliò. All'inizio non riusciva a distinguere nulla, poi lentamente mise a fuoco i vaghi contorni della cattedrale, le colonne in marmo bianco, i resti delle antiche statue, le panche in legno rovesciate. Le cose intorno a lei poco per volta cominciarono a riprendere forma, assieme ai ricordi di quello che era successo. Le immagini di Ignus e di Ledah si sovrapponevano le une alle altre, in un mosaico di urla e sangue senza un reale senso logico. Quando Airis cercò di rimettere in ordine quei frammenti sconnessi, lo stesso dolore che l'aveva tormentata nel sonno la colpì come una pugnalata. Un dolore che pulsava nel petto. Tremando, posò la mano all'altezza del cuore, alla ricerca di una qualche ferita, incontrando soltanto il freddo acciaio della corazza.
"Allora perché fa così male? Perché... Ledah... cosa è diventato Ledah...?"
A quel delirio mentale andarono ad aggiungersi ricordi ancora più vecchi: il sapore della minestra di patate, gli occhi onice della madre, le parole del padre, la promessa di cavaliere...
Si sentì tirare su come una bambola di pezza e poi qualcuno la costrinse ad alzare la testa. Airis sbatté le palpebre, incapace di opporsi a quella nuova forza. Due iridi rosse la fissarono.
- L-Ledah...? - balbettò con voce raschiante, la gola arsa dall'antica sete.
"No... no, non è lui..."
Quegli occhi cremisi, contornati da lunghe ciglia setose, appartenevano a una donna, una donna che conosceva fin troppo bene.
"Lysandra..."
Era la prima volta che la vedeva da quando l'elfo le aveva ridato la vista e rimase sorpresa nel constatare che non aveva l'aspetto mostruoso che si era immaginata fino ad allora: il viso dai lineamenti delicati era incorniciato da una cascata di serici capelli biondo cenere. Un'armatura succinta, decorata con arabeschi e simboli luminosi lasciava scoperta una buona porzione della pancia. Le labbra carnose erano piegate in un sorriso crudele.
– Oh... la nostra piccola principessa si è svegliata, finalmente. - le scostò i capelli dal volto sudato, - Desideri qualcosa? -
Airis sapeva che quella voce così melliflua non presagiva niente di buono. Il demone si avvicinò, sfiorandole la guancia.
– Allora... come ti è sembrato il mio ragazzo? Forte come la prima volta che vi siete incontrati? -
- I-incontrati...? Quando...? - sentiva il corpo in fiamme, persino parlare era una sofferenza.
Ogni volta che provava a muoversi, una lama rovente sembrava che le affondasse nel petto, impedendole di pensare lucidamente. La mano di Lysandra la accarezzò nel punto in cui il dolore era più acuto.
- Tranquilla, è normale che tu non riesca a ricordare. Quando le catene del corpo cominciano a infrangersi, l'anima tende a perdere tutti i ricordi della sua vita terrena... - slacciò le fibbie che tenevano chiusa la corazza e infilò la mano sotto la cotta di ferro.
Le dita affusolate percorsero il contorno di un'antica e profonda cicatrice.
- Sai, quando ti ho trovato morente nella radura di Llanowar, tre anni fa, non credevo fossi una guerriera così forte e obbediente. Stai compiendo il tuo lavoro a meraviglia. - le sfiorò il capezzolo con gentilezza, - Ora, da brava bambina quale sei, perché non mi dici dov'è il libro? -
"Di quale libro parla?"
Un lampo estemporaneo illuminò la cattedrale, gettando una luce spettrale in tutto l'ambiente. Per un attimo il mondo perse ogni colore e Airis credette di scorgere nei visi delle statue cadute le facce irrigidite di cadaveri inumani. Uno spiffero di vento le passò accanto, portando con sé un odore acre e intenso: nell'angolo alla sua destra, giaceva un cadavere riverso a terra in una pozza di sangue.
"Ignus... aveva un libro con sé e Ledah lo voleva a qualunque costo."
Si girò a guardare Lysandra, che la fissava in attesa di una risposta.
- Non so dove sia. Quando ho ripreso conoscenza, ho visto Ledah fuggire con qualcosa sotto braccio, probabilmente il libro che cercavi. -
- E come mai non l'hai seguito? -
Airis sapeva di star camminando su un ghiaccio estremamente sottile. Un passo falso e quella donna algida ed aggraziata si sarebbe trasformata in un mostro feroce.
"Soppesa ogni parola che stai per dire." si impose.
- Non ero nelle condizioni di correre. Durante il combattimento ho esaurito le forze. Avevo... - inspirò profondamente, - ... ho bisogno del tuo sangue... -
Lysandra sorrise, come Airis aveva sperato facesse. Evidentemente la risposta era stata di suo gradimento, soprattutto l'ultima parte. Poi improvvisamente le torse il capezzolo, strappandole un gemito di dolore.
- Non mi stai ingannando, mia amata bambina? - le sue unghie nere affondarono nella pelle, scavarono solchi nella carne viva, – Perché io non tollero i bugiardi tra le mie truppe. Ho impedito che la tua anima marcisse all'inferno, ma se scopro che stai mentendo ti farò desiderare di essere morta! -
Airis si morse le labbra e serrò i pugni. Quelle nuove ferite non erano niente in confronto al calore che dal petto divampava in ogni parte del suo corpo. Aveva bisogno del sangue del demone a qualunque costo.
- S-sì... sto dicendo la verità. Lo giuro! -
Parole a metà tra un rantolo e un ringhio rotolarono fuori dalla sua bocca. Sostenne lo sguardo gelido del demone, ignorando l'intontimento che le annebbiava la mente. Lentamente, Lysandra mollò la presa, lasciando una nitida traccia rossastra laddove aveva fatto pressione.
Una voce sibilante a metà tra il minaccioso e il suadente le sussurrò: – Ti credo, mio tenero bocciolo. - le passò una mano tra i capelli, impiastricciati di sangue e terra, – Però devo comunque punirti, poiché hai lasciato sfuggire il mio prezioso libro. -
Tenendola in braccio come se fosse una bambina, la portò vicino al cadavere.
- Ma tranquilla, ti darò da mangiare comunque. - la adagiò in quella pozza vermiglia.
In quel momento, Airis capì.
- No... no, non posso... era un mio compagno, non merita questo! -
- Oh... quindi preferisci rimanere a digiuno? -
"No che non lo voglio! Però non posso cibarmi di Ignus! Io sono un cavaliere, ho giurato sul mio onore! Non posso... non posso..."
Osservò le sue mani, ricoperte di quel liquido cremisi.
"Così invitante..." si leccò le dita famelica, "Così irresistibile..."
Lysandra girò il corpo supino. La corazza era squarciata, la maglia di ferro lacerata. In un impeto animalesco, Airis divelse quel che rimaneva dell'armatura e cominciò a strappare i lembi di carne ancora tiepida dal petto dell'ex generale. Il mondo si tinse di rosso, ottenebrando completamente i suoi ultimi residui di volontà. Dilaniò muscoli e pelle, mentre il dolore che fin ad allora non le aveva dato requie svaniva. Alla fine, di Ignus rimase soltanto un fantoccio di tendini e ossa spezzate.
Quando ebbe finito di cibarsi, riuscì finalmente ad alzarsi. Un fulmine squarciò il cielo, illuminando la sua corazza ricoperta di sangue e le gemme rosse che scendevano dalle sue labbra. Fissò le sue mani, incerta se ridere o piangere.
"Non importa per quale motivo tu lo faccia, non importa quante volte chiederai perdono: le tue mani rimarranno sempre le mani di un assassino, le tue dita saranno per sempre lorde del sangue dei tuoi compagni e dei tuoi nemici."
"Mi dispiace, padre... mi dispiace..."
Si prese la testa tra le mani, incapace di versare lacrime. Si sentì abbracciare da dietro, mentre una lingua ruvida guizzava sulla sua guancia.
- Ricordati, Airis... se continuerai a servirmi, scioglierò le catene che ti tengono ancorata a questo mondo... -
- Chi mi garantisce che lo farai, demone? -
Lysandra ridacchiò. – Nulla, mia cara. L'unica cosa che puoi continuare a fare è obbedirmi. - si allontanò con fare teatrale, come un principe costretto a lasciare la sua amata. - Seguimi. Ti dirò cosa dovrai fare da ora in avanti. -
Si avviò verso l'ingresso. Airis raccolse la spada rimasta vicino alla colonna, stringendola con forza, senza mai distogliere gli occhi dal demone.
"Nell'esatto momento in cui avrò portato a termine la mia missione, ti pianterò questa lama nel cuore, giusto per farti assaporare la mia stessa sensazione."
Lysandra si voltò, sfoggiando un sorriso beffardo.
– Quello sguardo carico d'odio... lo sguardo di un mostro... lo amo. So che desideri la mia testa, mia amata bambina, ma non è ancora arrivato il momento della resa dei conti. E non penso che arriverà mai. Ora vieni. -
Reprimendo la rabbia, Airis la seguì fuori dalla cattedrale. Non appena uscirono, le accolse una pioggia scrosciante. La guerriera chiuse gli occhi, mentre quelle stille luminose le rigavano il volto. Sotto quel temporale anche lei poteva fingere di essere capace di piangere.
- Ordunque, per prima cosa dovrai trovare Ledah e recuperare il libro. Quando finalmente vi sarete ritrovati, vi dirigerete a Sheelwood. -
- Perchè non lo puoi cercare tu? É tuo figlio, dovresti riuscire a scovarlo in fretta coi tuoi poteri da demone. -
Lysandra fece una smorfia di disappunto e incrociò le braccia al petto. Il suo mantello nero e le piume ad esso attaccate contrastavano con quell'incarnato pallido e delicato, donandole un fascino magnetico straordinario.
- Il problema è che Ledah sa che lo sto cercando. Se mi mettessi sulle sue tracce, maschererebbe nuovamente la sua aura e io non riuscirei a trovarlo. - fece avanti e indietro pensierosa, - Certo, adesso che ha liberato un po' della sua forza potrei rintracciarlo, ma sono certa che riuscirebbe a svanire nuovamente. Se potessi, userei qualcun altro per farlo rinascere, ma purtroppo il corpo di mio figlio sembra essere l'unico in grado di ospitare il suo spirito. -
Airis la guardò perplessa. – Ma allora perché hai ordinato ad Ignus di attaccarci? Avrebbe potuto ammazzarci! -
"Perché tanto so che ce l'hai mandato contro tu."
Lysandra sospirò, passandosi una mano tra i cinerei capelli ormai fradici. – Ora come ora, Ledah non può essere il suo contenitore, perché la sua anima non è stata corrotta abbastanza. Più la sua parte malvagia aumenta, più lui perde umanità e tutti quegli stupidi buoni sentimenti che voi cavalieri tanto amate. Solo quando il suo io sarà completamente inghiottito dall'oscurità sarà pronto per il grande rito. -
"Grande rito? Cosa sta farneticando?" scosse la testa confusa, "Vabbè, non mi importa niente di Lysandra, né di Ledah, né di questo sporco mondo. Voglio solo che questa storia finisca."
Tornò a guardare la sua interlocutrice. – Devi darmi qualche altro ordine meno scontato? -
Il demone le si avvicinò nuovamente, fissandola con i suoi occhi purpurei: – Ho un altro favore da... chiederti. - si mordicchiò le labbra fingendo imbarazzo, - Lungo la tua strada dovresti incrociare un piccolo villaggio, dove vive una persona, come dire, scomoda. -
- Qual'è il nome del mio bersaglio? - domandò Airis con voce fredda.
- Te lo dirò quando sarà il momento, mia cara bambina. Dirigiti a sud, per ora. - si voltò e si incamminò per la strada maestra, l'armatura nera che riluceva di una lugubre luce, - Ah, tra poco tornerai ad essere cieca. Purtroppo, l'incantesimo che Ledah ti ha lanciato non è permanente. Però tu ce la puoi anche senza, vero? -
Sogghignò ancora e poi scoppiò a ridere. Partendo dagli arti, lentamente svanì come cenere al vento lasciando solo l'eco della sua risata.
Non appena non percepì più la sua aura minacciosa nei paraggi, Airis rientrò nella cattedrale. Attraversò la lunga navata, fino ad arrivare vicino alle radici del Signore della Foresta.
"Ledah ha detto che è stata compiuta una magia proibita in questo luogo. Dovrebbe essere rimasta una qualche traccia..."
Osservò il maestoso albero. Avvicinò il viso al tronco, accarezzandone la corteccia.
"E queste cosa sono?"
Tastò alcune chiazze nerastre. In quei punti il legno si sgretolava in piccole schegge, come se fosse marcio. Si sforzò di ricordare le poche nozioni di magia che aveva appreso da piccola.
"Allora, qualunque tipo di incantesimo necessita di una fonte di energia. L'onda generata era enormemente potente, tanto da distruggere un'intera foresta e i suoi abitanti. Potrebbero essersi serviti proprio della forza del Signore per realizzare il loro scopo."
Girò attorno all'albero e si ritrovò di fronte quello che rimaneva di una porta. I battenti erano stati completamente scardinati, lasciando quell'entrata scoperta. Airis compì alcuni passi all'interno, sbucando direttamente in un giardino circondato da portici ormai crollati. Il forte odore di umido si mescolava a quello delle piante marcescenti, che una volta dovevano essere il vanto di quel cortile. Gli alberi bruciati dalla potente ondata di calore si stagliavano nel paesaggio come scheletri spettrali. Al centro di tutta quella devastazione, c'era un enorme buco, attorno al quale giacevano una decina di corpi immersi nel fango.
"Sono stati loro gli artefici di tutto..."
Airis si avvicinò. A giudicare dalla tunica elegantemente ricamata e dalla testa parzialmente rasata, dovevano essere i sacerdoti che si occupavano di quel luogo sacro. Erano tutti di età differenti, ma nessuno di loro pareva dimostrarla. A una prima occhiata sembravano vecchi di secoli: i visi erano scavati, la pelle rugosa e cianotica si tirava a tal punto da fare intravedere le ossa, gli occhi vitrei parevano quasi sul punto di voler uscire dalle orbite.
"E' come se... come se qualcosa li avesse prosciugati..." rifletté, mentre si avvicinava alla voragine che si era divorata buona parte del terreno.
Sbirciò dentro, senza scorgerne il fondo.
- Impossibile... -
Prese un sasso e lo fece cadere in quell'oscurità. Aspettò per più di due minuti, ma non udì nessun tonfo. Un brivido le corse lungo la schiena, facendola indietreggiare.
"Questo non è stato causato dall'esplosione..." constatò, "Se solo Ledah fosse qui, sarebbe tutto molto più facile."
Ma l'elfo era scappato chissà dove a sud e lei doveva trovarlo.
"Come se Esperya fosse piccola..." pensò sarcastica.
Udì uno scricchiolio sotto i piedi.
- Uhm...? -
Si inginocchiò per capire cosa avesse pestato. Nascosto sotto il fango e i rametti, c'era un cristallo, legato con una semplice corda per crearne un ciondolo. Airis lo raccolse e lo studiò con attenzione. Una piccola luce emanava un leggero calore dall'interno di quelle pareti trasparenti, facendolo baluginare di un alone azzurrognolo.
"E questo a cosa doveva servire?" guardò indietro verso i sacerdoti, "Non credo fosse solo un ornamento. Probabilmente serviva per il rito. Peccato che, non sapendo il tipo di incantesimo che hanno lanciato, non possa capirci nulla."
Maledì nuovamente quell'elfo sclerotico e la sua ignoranza.
"Lo farò analizzare da qualche mago non appena arriverò in città."
Si legò il cristallo al collo e tornò nella cattedrale, dove venne accolta ancora dal tanfo della putrefazione.
"Devo farlo..." si morse il labbro inferiore, "è un mio dovere onorare i caduti..."
Si inginocchiò vicino al corpo di Ignus e ne fissò il volto. Uno squarcio lungo e slabbrato partiva da poco sotto il collo e terminava sul cuore, lasciando scoperta la carne rossastra.
- Sono stata io. - sussurrò, - L'ho ridotto io così. -
Fissò la sua immagine riflessa nel pavimento lucido e si tolse dalla bocca un grumo si sangue, senza mai distogliere lo sguardo dal cadavere. L'Airis che aveva compiuto quello scempio la spaventava, la faceva inorridire, e nonostante la sua vista volesse fuggire quell'atroce visione, si impose di resistere. Doveva ricordare quel che aveva fatto, perché non riaccadesse.
"Io sono un cavaliere, ho giurato di proteggere gli innocenti e di seguire sempre la via della giustizia. Questo non dovrà più succedere." chiuse delicatamente gli occhi vitrei del generale, "Mai più."
Alzò gli occhi verso il Signore della foresta, l'enorme albero che costituiva il cuore di Llanowar. Posò la mano sulla corteccia, stringendo con l'altra il ciondolo. Rievocò tutti i momenti che aveva passato con Ignus, l'umiliazione durante il Consiglio di guerra fino alla stima prima della battaglia, chiedendo perdono per quell'uomo che, nonostante tutto, aveva combattuto al suo fianco. Sentì qualcosa di fresco sulla pelle: due gocce di rugiada le rigavano entrambe le guance, come se il grande dio arboreo stesse piangendo per lei. Sorrise amara, scuotendo la testa: quale divinità avrebbe mai ascoltato le parole di un assassino?
"Le mie suppliche non sono state ascoltate quando ero innocente, perché mai il dio del mio nemico dovrebbe accoglierle ora che la mia anima sta marcendo?"
Cominciò a tastare il corpo. A un certo punto le sue mani sfiorarono qualcosa di ruvido. Lentamente estrasse un libro, con i quattro spigoli istoriati con delle decorazioni dorate. Il titolo, inciso a fuoco su quella copertina di cuoio consunto, era praticamente impossibile da leggere, tanto era rovinato. Airis lo aprì e fece scorrere le pagine ingiallite dagli anni: era tutto scritto in elfico. Le lettere erano state vergate con una calligrafia elegante e in alcuni punti erano state disegnate delle persone. La guerriera si soffermò su un'immagine in particolare, dove vi era ritratto un elfo con una tunica da sacerdote. L'uomo abbracciava da dietro una donna incinta, anche lei appartenente alla razza elfica accarezzandole il pancione come se volesse proteggerlo, la lunga treccia che ricadeva giù lungo il seno di lei. Questa sorrideva felice, lo sguardo dolce rivolto al padre del bambino. L'unica cosa che era stata colorata erano gli occhi, quelli della donna azzurri come il cielo estivo, mentre quelli di lui color muschio.
Airis avvicinò scrutò bene quei visi. Le pareva di scorgere dei lineamenti familiari.
Sfogliò ancora. A un certo punto vide che alcune pagine erano state violentemente strappate, testimoni alcuni frammenti di carta sfilacciata.
"Chi mai vorrebbe strappare delle pagine da un semplice diario?" scosse la testa, stropicciandosi gli occhi. "La vista ha già cominciato a calarmi, maledizione!"
Chiuse il libro e si alzò. Le colonne oltre la terza fila di panche stavano già perdendo nitidezza.
"Ci penserò dopo. Adesso ho un altro problema."
Nascose il diario sotto l'armatura e si avviò all'uscita. Cominciava già ad albeggiare e i timidi raggi del sole illuminarono debolmente quella steppa desolata, piena di case distrutte e cadaveri insepolti.
Avvolta da un silenzio assordante, Airis si allontanò lasciandosi alle spalle Alfheim e gli antichi dei della foresta. Se per lei fossero mai esistiti, gli dei.
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Fuoco nelle Tenebre
Fantastik[ Primo libro della trilogia 'Guardiani'.] Il suo corpo era luce, la emanava come una stella nella volta celeste, i capelli simili a lingue di fiamma. Ledah guardò quell'anima splendente, mentre si faceva strada tra i rovi e le spine. In quel luogo...