Capitolo 2

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Crescendo, divenne sempre più chiaro che il mio destino non sarebbe stato facile. La mia famiglia cercava di nascondere il loro disappunto, ma i loro sguardi tradivano quello che le loro bocche non osavano dire.

Mio padre, in particolare, cercava di mostrarsi paziente.

"La magia richiede tempo," mi diceva spesso, "e alcuni fiori fioriscono più lentamente."

Ma il suo sorriso forzato mi diceva tutto ciò che dovevo sapere.

A scuola, le cose non erano molto diverse. Gli altri studenti sembravano già avere un'idea precisa di chi sarebbero diventati. E poi c'ero io.

Mi osservavo spesso nello specchio rotto accanto al letto, cercando di vedere in me quello che gli altri sembravano notare subito: un'incapacità evidente, un difetto nascosto nel mio stesso essere.

Fisicamente, non ero certo quello che ci si aspettava da una futura maga. Ero esile, quasi troppo magra, con capelli castani sempre spettinati, che sfuggivano ogni volta che cercavo di sistemarli.

Li tenevo legati in una treccia disordinata, che alla fine della giornata si era già disfatta. Le mie mani erano spesso macchiate di inchiostro o sporco, un segno delle mie maldestre avventure.

E i miei occhi? Beh, erano forse la mia caratteristica più distintiva: un verde pallido, quasi traslucido, che mia madre diceva fossero come "la luce che filtra attraverso le foglie." Ma per me, sembravano solo un altro segno della mia diversità.

Non ero imponente, né particolarmente bella. Ero piccola, con le spalle curve come se cercassi di nascondermi dal mondo.

Anche i miei abiti sembravano non voler cooperare: troppo grandi, troppo larghi, come se stessi cercando di nascondere ogni traccia del mio corpo, troppo goffo e imbarazzante.

Persino il mio passo era incerto. Camminavo come se il terreno sotto di me fosse sempre pronto a cedere.

Eppure, nonostante tutto questo, c'era qualcosa dentro di me, una scintilla che non riuscivo a comprendere del tutto.

A volte, la sentivo nel profondo, come un bruciore leggero sotto la pelle. Era come se ci fosse un'altra versione di me, una più sicura, più potente, che aspettava solo di emergere.

Ma ogni volta che provavo a lasciarla uscire, finiva sempre per provocare disastri.

Una volta, durante una lezione di trasmutazione, il mio compito era semplice: trasformare una piccola pietra in un fiore.

Guardai la pietra, poi chiusi gli occhi, concentrandomi sull'immagine di una rosa rossa. Sentii l'energia attraversarmi, le parole dell'incantesimo sulle labbra. Quando riaprii gli occhi, la pietra non era più lì.

Al suo posto c'era... un ciuffo d'erba che puzzava terribilmente. Gli altri studenti risero, e io abbassai lo sguardo, cercando di ignorare il calore che mi saliva alle guance.

Ma c'era di più. Quel giorno, mentre osservavo il ciuffo d'erba che marciva rapidamente, la Maestra Arion mi fissò con uno sguardo che non riuscii a comprendere del tutto.

Era paura? Oppure una sorta di curiosità? Qualunque cosa fosse, non la menzionò mai. E io non osai chiedere.

I miei giorni continuarono così, con una lenta routine di piccoli fallimenti e sporadiche scintille di un potere che non sapevo controllare.

Ma mentre cercavo disperatamente di adattarmi, il mondo attorno a me stava cambiando.

Gli animali della foresta divennero più inquieti, e le voci nel villaggio iniziarono a parlare di strane ombre che si muovevano al crepuscolo.

Nessuno sapeva cosa fosse, ma un senso di paura iniziava a serpeggiare.

Una notte, mentre tornavo a casa dopo una giornata particolarmente umiliante, qualcosa cambiò. Stavo camminando lungo il sentiero che attraversava il bosco vicino al villaggio, quando all'improvviso mi sentii osservata.

Il vento, che fino a un attimo prima era calmo, cominciò a soffiare con una forza improvvisa. Gli alberi sembravano sussurrare parole che non riuscivo a comprendere, e un brivido mi percorse la schiena.

Mi fermai, cercando di capire se fosse solo la mia immaginazione o se davvero ci fosse qualcosa lì, nascosto tra gli alberi.

"Chi è là?" chiesi, la mia voce che tremava più di quanto volessi ammettere.

Nessuna risposta. Solo il vento.

Feci un passo indietro, pronta a correre, ma qualcosa mi fermò. Un'ombra si mosse velocemente tra gli alberi, e per un attimo, pensai di aver visto occhi brillare nell'oscurità.

Ma non erano occhi umani.

"Non sei come gli altri," sussurrò una voce. Era come un eco nel vento, eppure così vicina da far rizzare i peli sulla nuca.

"Tu sei diversa."

Corsi. Non mi fermai finché non arrivai a casa, il respiro pesante e il cuore che batteva furiosamente nel petto. Quando raccontai l'accaduto a mia madre, lei mi guardò con preoccupazione, ma non disse nulla.

Forse sapeva qualcosa, o forse era solo preoccupata per la mia crescente paranoia. In ogni caso, la sensazione di essere osservata non mi abbandonò per molto tempo.

Nei giorni successivi, iniziarono a verificarsi altri strani eventi. Piccole cose, come oggetti che si spostavano da soli o luci che tremolavano senza motivo.

Alcuni iniziarono a parlare di maledizioni. Altri pensavano fosse un presagio. Ma io? Io cominciavo a pensare che tutto fosse legato a me, in qualche modo. Anche se non capivo come.

Mi chiedevo spesso chi fossi davvero. E perché, tra tutti, sembrava che fossi io quella che non poteva trovare il proprio posto.

Ma qualunque fosse la risposta, stava diventando chiaro che il mondo stava aspettando qualcosa da me. E forse, alla fine, sarei stata costretta a scoprirlo.

 E forse, alla fine, sarei stata costretta a scoprirlo

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Alina: Luce e OmbreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora