JAMIE.
Sono passati ben venti minuti da quando Ethan é andato a prendere il premio, non è ancora tornato. Mi muovo nervosamente sulla sedia e mi guardo intorno. Lo cerco tra le persone che ballano e tra gli uomini che discutono in un angolo della sala. Niente, di Ethan non c'è nemmeno l'ombra. Lascio passare altri dieci minuti, poi decido di andare a cercarlo. Quando mi alzo Francisco mi segue, «Mi concedi un ballo?»
«Magari dopo», bisbiglio, ma lui insiste e mi afferra il polso. Inarco un sopracciglio e gli rivolgo un'occhiataccia.
«Dai», mi dice, «Uno solo».
Ruoto gli occhi al cielo e mi lascio trascinare verso il centro della sala. Attorno a noi stanno già ballando altre persone. Mette una mano sul mio fianco e mi attira a sè, «Grazie», sussurra poi al mio orecchio.
Fingo un sorriso e cerco Ethan con lo sguardo mentre balliamo. Francisco dice qualcosa, però mi limito a fingere di ascoltarlo e ad annuire. Sono preoccupata per Ethan, non ho tempo da perdere con un ragazzino viziato.
«Il tuo ragazzo sembra volerti rinchiudere in un baule», sussurra al mio orecchio, la sua mano mi accarezza la schiena.
«Non è il mio ragazzo»
«No?», i suoi occhi s'illuminano di una strana luce. Scuote un po' la testa e i suoi capelli biondi sembrano brillare sotto la luce del lampadario.
«Non ci credo», aggiunge, «Anche se ammetto che ne sarei felice».
Dovrei essere lusingata, ma credo di non sopportare questo ragazzo. O magari sono troppo preoccupata per Ethan. Dove diavolo è finito?
«Felice?», rispondo distrattamente.
«Mi piaci». Diretto, sincero. Wow. Non so che dire, dunque continua, «Io non ti avrei mai lasciata da sola a quel tavolo»
«Sì, certo», ridacchio. Sembra il tipico don Giovanni che tiene da parte le frasi ad effetto.
«Ha ragione ad essere geloso. Sei così bella...»
«Grazie», bisbiglio. Mi sento tremendamente in imbarazzo.
«C'è il tuo ragazzo», sussurra poi al mio orecchio. Mi irrigidisco all'istante e lo guardo dritto negli occhi. Ridacchia e fa un cenno col capo. Seguo la direzione del suo sguardo, dunque mi concentro su Ethan che lentamente si avvicina a noi. Non riesco a vedere la sua espressione fino a quando non é ad un metro da me. È un taglio quello che ha sul sopracciglio? Cerco di studiare meglio il suo volto, però non ci riesco. Infatti due istanti dopo mi trascina via da Francisco senza dire una parola. É arrabbiato? Cosa gli è successo al viso? E perché zoppica? La sua mascella è tesa e lo osservo deglutire in continuazione. É successo qualcosa.
«Ethan, cos-», non finisco la frase perché m'interrompe, stringendo la presa sul mio braccio.
«Ti avevo detto di rimanere seduta», ringhia, non mi guarda nemmeno, «E sono incazzato», aggiunge.
«Perché?».
Si ferma di scatto e mi uccide con lo sguardo, i suoi occhi mettono i brividi, «Non parlarmi», dice solo, poi torna a camminare.
«Perché zoppichi?».
Non risponde.
«Sto parlando con te», continuo. Lui mi ignora.
«Vuoi rispondere?»
«Sta zitta», dice, «A casa facciamo i conti».ETHAN.
Stringo il braccio di Jamie e con fatica la trascino fuori da quella dannata villa. Socchiudo gli occhi ad ogni passo a causa del dolore alla gamba. Non credo di riuscire a guidare. Jamie cerca di dire qualcosa, ma la interrompo. Non voglio sentirla fiatare. L'ho trovata lì, tranquilla, a ballare con quel deficiente, mentre io rischiavo di morire ammazzato. Apro la macchina e finalmente mi siedo. Non metto in moto, mi limito a respirare affannosamente. La gamba mi fa un male cane. Sento lo sguardo di Jamie addosso. So che sta per dire qualcosa.
«Sì può sapere che diavolo sta succedendo?», urla infatti.
Non le rispondo. Sbuffa e mi colpisce il braccio.
«Non toccarmi», sibilo. Schiude le labbra e sbatte le palpebre.
«Ethan», sussurra, «Hai un taglio sul sopracciglio, uno zigomo gonfio e zoppichi. Ho il diritto di sapere cosa ti è successo o no?»
«No»
«Va al diavolo»
«Ti avevo detto di non parlarmi», ribatto, «E adesso cambiamo posto, devi guidare tu». Fa come gli ho detto e finalmente capisce di rimanere in silenzio. Non dice una parola per il resto del viaggio ed io parlo solo per dirle di andare a casa mia. Fa come le ho detto e sospira quando posteggia. Apro lo sportello e urlo di dolore quando cerco di alzarmi.
In un istante fa il giro della macchina e mi porge una mano.
«Faccio da solo», sibilo.
Ruota gli occhi al cielo e mi lascia fare. Sembra un'eternità il tempo impiegato per arrivare al mio appartamento. Accendo la luce e mi lascio cadere sul divano. Jamie chiude la porta e rimane in piedi a guardarmi. La guardo anch'io. Dio, com'è bella. L'abito che indossa le sta a meraviglia e i capelli raccolti lasciano libero il suo viso così dolce.
«Allora? Si può sapere cos'hai?», sbotta.
Lascio scorrere i miei occhi su tutto il suo corpo ancora una volta, quindi sbuffo e parlo: «Ti avevo detto di rimanere seduta»
«E allora? Non arrivavi più e...»
«E quindi hai deciso di andare a ballare con quel coglione», la interrompo, «Complimenti».
Si muove nervosamente e punta i suoi occhi verdi nei miei, «Stavo per venire a cercare te, ma-»
«Ma il tizio con i soldi era molto più interessante»
«Continuava ad insistere e-»
«Certo che insisteva», la interrompo ancora, «Gli davi corda»
«Cosa?», scuote la testa, «Stai scherzando, spero»
«Sono serio. Poi dovevi mettere pure quel cazzo di vestito»
«Cos'ha il mio vestito?»
«Attira deficienti. E lo sai, lo hai messo apposta»
«Ah! Questa è buona!», ride nervosamente e si abbassa per togliersi le scarpe. Lancio un'occhiata alla scollatura e ruoto gli occhi al cielo. Dovevo lasciarla a casa.
«Ci provava con te e tu lo lasciavi fare»
«Sono single, posso permettermelo»
«Ah! Bene!», mi alzo, ormai posseduto dalla rabbia, poi il dolore alla gamba mi costringe a tornare seduto.
«Chris, Ferdinando, qualcun altro?»
«Francisco», mi corregge.
«Non importa come cazzo si chiama».
Cala il silenzio. La guardo con la coda dell'occhio e mi accorgo che sta guardando un punto a caso del pavimento. Non ho intenzione di dire altro. Passa qualche istante, poi si avvicina a me, si siede sul divano e mi afferra il viso.
Ho la schiena tesa come una corda di violino. Che sta facendo?
Avvicina il suo viso al mio e deglutisco. Cosa sto aspettando che faccia?
«Cerca di raggiungere la cucina, vado a prendere del disinfettante». Si alza e si dirige verso il bagno, lasciandomi lì con il fiato corto. Cristo, non sarò davvero innamorato?JAMIE.
Raggiungo Ethan in cucina con in mano delle garze e del disinfettante. È seduto su uno sgabello, ha la camicia aperta e la gamba appoggiata su una sedia. Non mi ha ancora detto cosa gli è successo. Mi avvicino a lui silenziosamente e comincio a tamponargli la ferita che ha sul sopracciglio. Sento il suo respiro sul collo e i suoi occhi che mi studiano a fondo.
«Ai», si lamenta, «Fa piano»
«Sto già facendo piano», gli faccio notare.
Sbuffa e vedo che cerca di nascondere un sorriso. Mi sfiora il fianco e mi avvicina un po' a sé.
«Scusa per prima», sussurra, «Non volevo dire quelle cose»
«Ma le hai dette»
«Scusa», ripete.
«Tranquillo». Finisco di disinfettare la ferita e guardo la sua gamba.
«Diamo un'occhiata alla gamba adesso».
Annuisce e si sfila lentamente i pantaloni. Rimane in boxer e con la camicia aperta.
«Non saltarmi addosso», dice ridendo. «Idiota», ridacchio e corrugo immediatamente la fronte quando mi accorgo che la sua gamba è piena di schegge di vetro, un taglio più lungo degli altri sembra profondo.
«È stato un colpo di lampada», spiega. È snervante vederlo sorridere in questo momento.
«Ethan, cos... Si può sapere che ti è successo?»
«Prendi una pinzetta», dice, «Cerca di togliere i pezzetti di vetro e poi ti spiego».
Faccio come mi dice e riesco a togliere tutti i pezzi solo dopo mezz'ora. Per tutto il tempo Ethan si è lamentato come un bambino.
«Adesso vuoi spiegare?».
Si alza lentamente e mi mette un braccio attorno alle spalle, «Possiamo metterci a letto? Mi sento uno straccio».
Lo aiuto a raggiungere la sua camera e scoppiamo a ridere quando inciampo e cado sul letto, seguita a ruota da lui che precipita addosso a me.
Soffia per togliere una ciocca di capelli che mi è finita davanti agli occhi, «Ti sei fatta male?»
«Sono atterrata sul morbido, tu ti sei fatto male?».
Non risponde. Mi guarda e basta, senza dire una parola. Sento le guance andare a fuoco, fa troppo caldo in questa stanza.
«Jamie», dice piano, mi accarezza una guancia con una mano e con l'altra mi sfiora il fianco. Deglutisco.
«Sei nervosa?»
«P - perché dovrei?». Oh, dai! Mi sono davvero messa a balbettare?
Ride, «Balbetti e respiri a fatica»
«Forse perché il peso del tuo corpo mi blocca le vie respiratorie?»
«Forse perché hai paura?», sorride malizioso.
«Paura di cosa?», rido nervosamente. Questa è bella. Paura?
«Lascia stare», rotola su un fianco e si posiziona meglio sul letto.
«Vuoi sapere cosa mi è successo?».
Annuisco e mi corico accanto a lui. Non so perché, ma mi tengo un po' distante. Ho paura?
«Vogliono uccidere Bob», dice, «Gli hanno teso una trappola e mi hanno attaccato pensando fossi lui, poi volevano togliermi di mezzo perché ormai sapevo troppo».
Boccheggio, «Come sei scappato?»
«Facile», ride, «Ne ho messi due fuori uso e ho detto al loro capo che sono vicino a Bob perché anch'io voglio ucciderlo»
«Bugiardo».
Schiocca la lingua sotto il palato e mi bacia la testa, «Beh, mi hanno creduto, anche se penso che devo guardarmi le spalle comunque. Quei pazzi non si sono fatti problemi a mettersi in tre contro uno solo. Dovevi vedere le lampade che volavano. Avvertirò Bob e cercherò di tenerlo d'occhio», ride, poi fa una smorfia di dolore.
Io lo guardo, sembra preoccupato. Si è già affezionato a quell'uomo.
«Perché vogliono ucciderlo?»
«Non lo so. Per soldi? Bob ne ha parecchi»
«Sta attento», sospiro.
Mi fa l'occhiolino e rimane a guardarmi, allunga la mano e sfiora la mia.
«Avvicinati», ordina. Faccio come dice, vederlo così mi fa agire come una bambina obbediente. Appoggio la mia testa sulla sua spalla e mi stringe a sé.
«Perché finisci sempre nei guai?».
«Talento naturale», risponde.
«E se cercano di ucciderti?»
«Non mi ammazza nessuno», taglia corto.
Annuisco in silenzio, ma muoio di paura.
«E comunque sono ancora arrabbiato»
«Piantala», ridacchio.
«Mi farai impazzire»
«E come?».
Inarca un sopracciglio e mi lancia un'occhiataccia, «Attiri troppi ragazzi»
«Non è vero»
«Dovrei ucciderli tutti», guarda un punto davanti a sè, «Così la mia vita sarebbe più tranquilla»
«Ah, sì?»
«Sì»
«Esagerato»
«Non puoi capire», borbotta, «La gelosia è una tortura».
Sorrido involontariamente.
«Allora sei geloso? Lo hai ammesso».
Mi aspetto un "no, attendo con ansia il giorno in cui qualcuno ti porterà via", ma si toglie in silenzio la camicia e poi risponde.
«Dire geloso è poco», sussurra, punta i suoi occhi nei miei e avvicina il suo viso al mio, «Non sto scherzando, pulce. Sono geloso da morire».Saaaalve.
Eccomi qui, ancora con il wifi a scrocco. Spero vi piaccia il capitolo. Fatemi sapere, un bacio.
Ps. Farei un asvngolo autrice più lungo, ma vado di fretta. ♡
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L'amore ci farà a pezzi.
RomanceCOMPLETA. «Aspettavi qualcuno?» «No, tu?» «É casa tua, idiota», si avvicina alla porta e guarda attraverso l'occhiello. Quando torna a guardare nella mia direzione ha un'espressione di terrore dipinta sul volto. «Chi c'è?», domando. «La polizia»...