Capitolo 27.

14.6K 899 60
                                    

ETHAN.
«Scacco matto».
Bob sorride malefico mentre vince per l'ennesima volta la partita a scacchi. Ma come diavolo fa?
Arriccio le labbra e corrugo la fronte, «Stai barando. Non so come fai, ma stai barando».
Lui tossisce e ride al tempo stesso, poi spinge la sua sedia a rotelle verso la finestra.
«Perchè non la lasci entrare? Fa paura messa lì a guardare la casa. Davvero, è inquietante», il vecchio indica Jamie che è proprio davanti al cancello.
È appoggiata alla sua macchina, le braccia incrociate al petto e lo sguardo puntato verso la porta.
Passo le mie giornate a fingere di odiarla. Capirà che deve lasciarmi stare. È stata lei a costringermi a venire qui ed io ho accettato ad una sola condizione: lei deve stare fuori, lontana da me.
«No, si stancherà di seguirmi», borbotto.
Spingo la mia sedia a rotelle fino alla cucina e Bob mi segue.
La sua governante ci ha preparato due panini prima di andare via.
«Perchè tratti così quella ragazza? Ti ama, non lo vedi?».
Ruoto gli occhi al cielo e non rispondo, ma lui continua, «Un amore così non devi fartelo sfuggire, hai capito? Fattelo dire da un vecchio in fin di vita».
Adesso la rabbia prende il sopravvento e non riesco a controllare le mie parole né il mio tono di voce, «Sarai pure vecchio e in fin di vita, ma non capisci un cazzo».
Schiude le labbra, per la prima volta sembra che Bob si sia offeso.
«Hai detto bene, Bob, un amore così non devo farmelo sfuggire. Guardala, è perfetta», indico la finestra, «È spiritosa, sensuale e cocciuta come pochi al mondo. Merita il meglio dalla vita e non dovrei farmi scappare una persona così. Ma lei?», rido amaramente, «Deve farsela scappare una persona come me. Hai capito, Bob? Non ho niente da offrirle. Solo guai»
«Hai tutto il tuo amore da offire», sorride, «E sei una bellissima persona, Et. Sono fiero di te, ricordalo».
Lascio il mio panino sul piatto e decido di cambiare stanza. Non fanno altro che parlarmi di Jamie e di come io sia una persona meravigliosa.
Mia madre mi parla di lei.
Bob mi parla di lei.
L'aria mi parla di lei.
Anche il mio cervello parla solo di Jamie. Sempre.
È sempre nella mia testa e non so come farla uscire.

Accendo la tv e rimango a guardarla per circa cinque minuti, mi accorgo che Bob non mi ha ancora raggiunto e corrugo la fronte, «Bob?», lo chiamo, «Stai mangiando anche il mio panino, vecchio mangione?».
Non ottengo nessuna risposta e deglutisco.
Un brutto presentimento mi fa appannare gli occhi, dunque chiamo ancora il suo nome mentre cerco di arrivare il prima possibile alla cucina.
Il mio cuore sta per esplodere e la situazione non migliora quando vedo Bob riverso a terra, gli occhi vuoti e spalancati.
«No, no, Bob», afferro il suo polso per sentire il battito, ma non sento niente.
Devo rianimarlo. Devo fare qualcosa.
«Bob, porca miseria, non morire».
Prendo fiato e cerco di alzarmi da questa maledetta sedia con scarsi risultati, infatti crollo subito sul pavimento.
«Bob, ti prego», con una forza che non ho mai sentito prima d'ora, cerco di gattonare fino al suo corpo.
Non so come, non so perché, ma le mie gambe si stanno muovendo.
Gli pratico il massaggio cardiaco con la speranza di vederlo tornare in sé, ma ho già visto un morto e quegli occhi parlano chiaro.
Cerco di rianimarlo per non so quanto tempo, i miei muscoli adesso chiedono pietà e il viso di Bob è bagnato dalle mie lacrime.
«Bob», tiro su col naso, «Ti prego, non morire, ti prego», sussurro.
Mi sento come se mi avessero strappato un pezzo di cuore, come se mio padre fosse morto di nuovo. Mi sento orfano ancora una volta anche se lui non aveva niente a che fare con il mio sangue.
Mi accascio sul suo corpo, le gambe e le braccia indolenzite. Poi piango come un bambino. Piango per Bob, per me, per Jamie, per tutta questa mia maledetta vita che sembra non volermi dare pace.
Mi sento solo e piccolo in un modo che non è il mio.
Perché la vita si accanisce contro le persone, a volte? Perché ti accanisci contro di me?
Sento solo i miei singhiozzi per diversi minuti, forse anche un'ora, poi il campanello suona insistentemente.
Sbatto le palpebre e mi aggrappo al tavolo per tirarmi su. Sono in piedi.
Muovo un passo verso la sedia a rotelle e mi lascio cadere su di essa.
Mi spingo fino alla porta, passo una mano sui miei occhi e apro.
«Era ora, ma cosa diavolo stava-», Jamie mi fissa e spalanca la bocca. Si abbassa immediatamente e afferra il mio viso tra le mani, «Che-che cosa è successo?», la sua voce trema, ha già capito tutto.
Io annuisco e lei si fionda ad abbracciarmi, «Mi dispiace», sussurra, «Mi dispiace davvero tanto».
E fragile come non vorrei mai farmi vedere, torno a piangere tra le sue braccia.

L'amore ci farà a pezzi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora