ETHAN.
«Okay, niente panico», cerco di respirare e allungo il collo per riuscire a vedere Jamie distesa a terra.
Non riesco a muovermi e non posso correre a tirarla su, questo mi fa incazzare parecchio.
«Jamie? Tutto okay?».
Non ottengo una risposta e deglutisco. È svenuta? Cristo, è svenuta.
Per un istante il mio cervello smette di funzionare, poi ricordo di essere in un ospedale. Cerco il pulsante che serve per le emergenze e lo premo più volte, un'infermiera arriva poco dopo e capisce subito che non sono io quello che ha bisogno di aiuto.
Tira su Jamie e la sistema sul lettino accanto al mio. La osservo con il fiato corto mentre le sente il polso, poi la schiaffeggia.
«Signorina, signorina», la chiama, «Che cosa è successo?», adesso infonda i suoi occhi marroni nei miei.
«È svenuta», riesco a dire. Sono un totale idiota.
Lei ruota gli occhi al cielo e continua a schiaffeggiare Jamie fino a quando non riprende conoscenza.
Apre gli occhi, si guarda intorno e poi si gira di scatto verso di me. Posso vedere nei suoi meravigliosi occhi verdi il caos della sua mente.
Dio, come è bella.
«Pulce», sorrido, «Non rubarmi la scena».
Deglutisce senza dire una parola, l'infermiera intanto va a chiamare un medico e ci lascia da soli: cala il silenzio.
Jamie mi fissa, silenziosa come non lo è mai stata. Schiude le labbra, poi le richiude. Perché non mi parla? Perché non viene qui ad abbracciarmi?
Corrugo la fronte e la osservo, ha delle profonde occhiaie, il viso pallido ed è magrissima. Indossa un abito nero ed i suoi capelli sono legati in una coda alta. È così bella e al tempo stesso così stravolta che il ricordo di Jamie sorridente e con le guancie rosse sembra ormai lontano.
«Piccola», sussurro e allungo una mano verso di lei, «Sto bene. Stiamo bene».
«Credevo fossi morto», bisbiglia.
«Come?»
«Credevo fossi morto», ripete a voce più alta, «La-la guardia mi ha detto che ti hanno ammazzato», le sfugge una lacrima e l'asciuga subito, dunque tira su col naso, «So-sono arrivata qui per il tuo funerale».
Sono confuso e ho lo stomaco in subbuglio, mi viene voglia di piangere solo a immaginare il dolore che ha provato.
«Il mio funerale? No», mormoro, «Tu hai ottenuto il permesso perché Bob lo ha richiesto. Sei qui perché il tuo caso è quasi chiuso e le accuse sono cadute», allungo ancora il braccio verso di lei che scruta la mia mano, ma non la stringe.
«Ti prego, prendi la mia mano», dico. Scende dal letto e fa come le dico, le sue sottili dita fredde mi fanno rabbrividire.
Le asciugo una lacrima, «Quella guardia si sarà confusa con qualcun altro», annuisco, «O ti stava solo prendendo in giro».
Sbatte le palpebre e annuisce, sembra confusa e spaventata, «Come si fa a mentire su una cosa del genere?», comincia a singhiozzare e mi si stringe il cuore. Si abbassa ad abbracciarmi e le passo una mano tra i capelli, «Ssh, sono qui, pulce. Sono qui».
Appoggia la sua fronte sulla mia e ci guardiamo negli occhi, il suo respiro caldo mi solletica il naso e mi inumidisco le labbra. Porto le mie mani sulle sue guancie e deglutisco prima di schioccarle un bacio sulle labbra. Subito dopo anche lei mi regala un veloce e tenero bacio. Sorrido, «Mi sei mancata, pulce»
«Sei vivo», risponde lei, «Sei qui»
«Sono qui».
Sento il rumore della porta che si apre ed un dottore avanza verso di noi. Chiede a Jamie di accomodarsi e la visita velocemente. Dice che a causare lo svenimento può essere stato lo stress e la debolezza. Le prescrive una bella fetta di torta al cioccolato e si fa una risata.
«Grazie a Dio sta bene», sorrido, «Ma adesso posso fare una domanda?».
Il dottore annuisce e mi fissa fino a quando non parlo, «Quando tornerò a sentire le gambe?»
«Cosa?»
«Le gambe, dico», ruoto gli occhi al cielo, «Non sento niente dalla vita in giù»
«Mio Dio», ribatte, la sua espressione così confusa adesso mi fa solo preoccupare e morire di paura.JAMIE.
«Allora? Ci sono notizie?», Kate, una collega di Ethan, fa avanti e indietro per il corridoio dell'ospedale. È la stessa ragazza che era con lui
alla festa in cui ho baciato Chris. Quella festa mi ha causato mesi di dolore, da quella festa Ethan non ha più voluto sapere niente di me.
«No», borbotto, «Ancora nessuna notizia».
Annuisce e si dilegua. Sono sicura del fatto che tornerà tra dieci minuti. Dice che è nervosa e che ha bisogno di camminare, io invece sono immobile. Non mi chiedo nemmeno perché lei si trova qui. Ho il sangue gelato nelle vene.
Ethan è in sala operatoria con il cranio aperto ed io non posso fare altro che pregare. Lo hanno portato via in fretta, i medici erano preoccupati. Credono che la parte del suo cervello che si occupa delle attività motorie si sia danneggiata quando il suo cuore si è fermato per qualche istante. Prima di rianimarlo, insomma, potrebbe aver perso la capacità di camminare sulle sue gambe.
Mi sento male solo al pensiero e mi scivola una lacrima sulla guancia, non mi sforzo nemmeno di asciugarla.
Accanto a me c'è la madre di Ethan che si è addormentata sulla sedia piangendo. Mi tolgo la giacca e gliela sistemo addosso, non la vedo da un sacco di tempo e la trovo sempre una bellissima signora dai capelli scuri, un po' piú vecchia però. L'autista che mi ha portato qui non si è mosso di un millimetro, è appoggiato al muro da ore.
Sembra una statua con un abito nero. Deglutisco e sospiro. Ti prego, fa in modo che vada tutto bene. Fallo uscire vivo da lì. Fallo uscire in grado di camminare.
Una dottoressa si avvicina a me e irrigidisco subito le mie spalle.
«L'operazione sta andando bene», dice, «Ma abbiamo ancora molto da fare, volevamo solo tranquillizzarvi un po'»
«Grazie».
Mi sorride e se ne va, al suo posto torna Kate. Sembra così preoccupata e mi da ai nervi. Non lo conosce nemmeno, che esagerata.
«Allora? È andata bene? Sta bene? Che ha detto?»
«Ha detto che hai rotto il cazzo», mi stupisco anch'io nel sentire le mie parole dure, ma provo così tanta rabbia dentro che riesco a prendermela anche con questa ragazza che non c'entra niente, «Vattene, non servi a niente qui. Porti solo ansia».
Strabuzza gli occhi e le scappa una lacrima, «Scusa», mormora, «Scusa se disturbo la tua tranquillità, ma sai, lavoro con questo ragazzo ogni giorno e l'ho trovato mezzo morto sul tappeto, circondato dal suo stesso sangue», adesso anche lei sputa veleno.
Non le rispondo e rimango in silenzio mentre continua a parlare, «Perdonami se scateno la tua ansia, ma non tutti siamo impassibili come te davanti a queste cose».
Io impassibile.
«Va al diavolo», ringhio, sono le ultime parole che le rivolgo.
Due ore dopo sono seduta sul pavimento dell'ospedale, adesso anche l'autista è finito a terra accanto a me. La madre di Ethan è andata a prendere del caffè e Kate è coricata su tre sedie.
Balzo in piedi quando dei dottori si avvicinano a noi e trasportano Ethan su un lettino. È addormentato e dicono che ci metterà un po' prima di svegliarsi e riprendere conoscenza.
«Tornerà a camminare?», chiedo.
Il medico scrolla le spalle, «Per il momento dobbiamo pensare al suo risveglio», non dice nient'altro e va via.
Che significa? Entro nella stanza di Ethan e mi siedo accanto a lui, rimango lì fino a quando non entra anche sua madre e le cedo il posto.
Fissa suo figlio con lo sguardo perso, «Me lo sentivo, sai?», adesso infonda i suoi occhi neri nei miei, «Che mi sarei ritrovata così, un giorno».
Deglutisco e stringo i pugni, sto cercando di trattenere le lacrime.
«Si è sempre fatto dei nemici», tira su col naso, «Si è sempre ritrovato in situazioni pericolose. Te le sei sempre cercate, Et», adesso si rivolge a suo figlio e la osservo mentre si asciuga una lacrima. Mi si stringe il cuore.
«Ti sei sempre messo nei guai. Sempre».
Presa da un moto di compassione mi avvicino a lei e le metto la mia mano sulla spalla, «Starà bene», dico questo più per convincere me stessa che lei.
«Nel caso in cui... Dio, non riesco a dirlo», scoppia a piangere e mi precipito ad abbracciarla, piango anch'io al solo pensiero di vedere Ethan costretto su una sedia a rotelle.
«Prenditi cura di lui», singhiozza, «Non allontanarti dal suo fianco, Ethan ne morirebbe. Tiene a te così tanto»
«Sarò sempre accanto a lui. In ogni caso io sarò sempre al suo fianco», confermo.
«Vi sbagliate».
Sentendo la voce di Ethan ci giriamo di scatto. Ha gli occhi aperti e mi sta guardando, serio.
«Ethan», sorrido e gli sfioro la mano.
Lui la ritrae lentamente e lo guardo confusa.
«Ethan?»
«Vi sbagliate», ripete, sembra arrabbiato.
«Su cosa, tesoro?», sua madre si asciuga una lacrima.
«Non voglio nessuno di voi a pulirmi il culo», ringhia, «Non voglio nessuno di voi a guardarmi con compassione. Quel povero ragazzo finito sulla sedia a rotelle».
Cerco di prendergli la mano, ma mi uccide con lo sguardo, «Non toccarmi», sibila, «Non toccarmi»
«Ethan, va tutto bene. Stai bene»
«Non sto bene!», grida e mi sento morire, il suo viso è rosso ed il suo pomo d'Adamo fa su e giù velocemente.
«Chiamate il medico», adesso abbassa il tono della voce, «E uscite da qui, non voglio nessuno»
«Ethan», mormoro.
«Vattene!». Lo urla così forte che l'unica cosa che riesco a fare è guardalo con gli occhi pieni di lacrime e uscire dalla sua stanza con quella parola che risuona nella mia testa. Vattene.HI GUYSSSS!
Come state? Spero tutto bene. Perdonate il mio piccolo ritardo, ma ho avuto qualche impegno.
Questi ultimi capitoli come vedete sono un po' tristi, boh è che sta finendo l'estate ed il mio cervello è triste 😅.
Spero vi sia piaciuto comunque, fatemi sapere e lasciatemi una stellina.
Inoltre, QUALCUNO DI VOI SAREBBE INTERESSATO A LEGGERE UNA MIA NUOVA STORIA DOPO DI QUESTA? Se sì fatemi sapere, mi metto subito a lavoro perché ho già qualche bella idea. Se già mi odiate abbastanza per avere ucciso le gambe di Ethan, invece, fatemi sapere lo stesso.
Mi dileguo, un bacio e buona giornata.
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L'amore ci farà a pezzi.
RomanceCOMPLETA. «Aspettavi qualcuno?» «No, tu?» «É casa tua, idiota», si avvicina alla porta e guarda attraverso l'occhiello. Quando torna a guardare nella mia direzione ha un'espressione di terrore dipinta sul volto. «Chi c'è?», domando. «La polizia»...