Capitolo 14.

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ETHAN.
Brandon punta alla mia testa e mi lascio sfuggire un sorrisetto. Non avrebbe mai il coraggio di sparare.
«Qualche problema, Brandon?», lancio un'occhiata a Jamie e poi torno a guardare lui.
«Avete fatto esplodere l'ospedale», sibila, gli trema un po' la mano, «Con le mie bombe»
«Possiamo pagarle», si affretta a sussurrare Jamie.
«Ci devi dei soldi», dico invece io, «Abbiamo vinto la gara. Sottrai il costo delle bombe dalla somma della vittoria».
Mi guarda sconvolto.
«Sai eseguire una sottrazione?», lo provoco, sento lo sguardo di Jamie trapassarmi il cranio. So che vorrebbe uccidermi in questo momento.
«Parla di meno», ringhia lui, «Siete stati scorretti»
«Quindi adesso ci uccidi? Piantala con questa sceneggiata»
«Rivoglio i miei soldi».
Ruoto gli occhi al cielo e infilo una mano nella tasca dei jeans. Prendo delle banconote e gliele lancio, «Smetti di piagnucolare adesso?».
Vedo la rabbia attraversargli il viso. Adesso mi salta addosso, ma prima Jamie deve essere a casa.
«Va a dormire, Jamie. È tutto apposto qui»
«No»
«Va a-», uno sparo mi interrompe. Mi giro di scatto verso Brandon e seguo il suo sguardo. La ruota della mia macchina. Ha sparato alla ruota della mia macchina!
«Figlio di-», mi muovo velocemente verso di lui e ignoro le sue minacce. Con facilità gli sfilo la pistola dalle mani e gliela punto contro. «Ethan», Jamie mi chiama. La ignoro.
«Vattene via, Brandon. Io so usarla la pistola»
«Non avrete i soldi della vittoria», fa un passo indietro, «E tu, Ethan, guardati le spalle»
«Tremo», lo prendo in giro mentre va via. Che razza di buffone. Abbasso la pistola e guardo Jamie che mi corre incontro.
«Sei un idiota», urla, «Quello ti fa ammazzare!»
«È un pallone gonfiato»
«Ma ha delle persone che lavorano per lui», mi ricorda.
«Sua sorella non gli permetterebbe di farmi fuori», le faccio l'occhiolino e lei inarca un sopracciglio. Sammie si è affezionata a me tra una notte e l'altra.
«Certo», sibila Jamie, si volta e cammina verso casa sua. Io la seguo. Ho la macchina fuori uso per colpa di quel coglione.
«Mi dai uno strappo a casa?»
«Chiama Sammie», risponde. Mi fermo a guardarla e sorrido.
«Dai, pulce, non essere gelosa», la seguo dentro casa.
«Non sono gelosa»
«Io direi di sì»
«Ti sbagli».
Afferro il suo polso e si gira di scatto, «Posso dormire qui?»
«Da quando chiedi il permesso per rimanere?». Punta i suoi occhi verdi nei miei e trattengo il fiato. Com'è bella. Non rispondo, mi limito ad andare in camera sua in silenzio. Lei mi segue. Mi tolgo la maglietta sotto il suo sguardo attento e poi sfilo anche i miei pantaloni. Sento il suo sguardo addosso e combatto contro me stesso per non fiondarmi sulle sue labbra e trascinarla sul letto.
Lei si infila sotto le coperte, dunque la raggiungo. Non mi avvicino a lei, non le circondo lo stomaco con il braccio come ho sempre fatto. Se lo facessi, forse non saprei trattenermi questa sera. Le do le spalle e mi irrigidisco quando è lei a circondarmi lo stomaco con il braccio. Mi bacia delicatamente la guancia e si avvicina più a me, «Nemmeno io voglio perderti», sussurra.
«Jamie...», la mia voce esce fuori rauca, «Tu non lasciarmi».

JAMIE.
«Mi passi quel sacchetto?».
Ethan afferra il sacchetto che gli ho indicato e me lo passa sbuffando. Sto facendo la valigia per andare a quel matrimonio e non sembra essere molto contento. Abbiamo passato una settimana senza litigare nemmeno per un secondo e quel muro che si era venuto a creare sembra non esistere da un po' di giorni. Niente baci, niente scenate. Tutto come prima.
Chiudo la valigia e mi alzo, passandomi una mano tra i capelli. Lui si siede sulla scrivania e si stiracchia, «Ti accompagno all'aeroporto?»
«No, vado con Chris»
«Chiamalo Idiota quando ci sono io».
Scoppio a ridere e afferro la valigia, pronta per portarla al piano di sotto.
Ethan me la toglie e scende le scale, quindi si ferma davanti alla porta non appena sente il suono del campanello.
«Deve essere Chris», bisbiglio.
«Deve essere Chris», mi prende in giro con una caricatura della mia voce.
Ruoto gli occhi al cielo, «Sii gentile», lo avverto, poi apro la porta. È stato perfetto per una settimana, so che non rovinerà la pace.
Chris mi sorride immediatamente e mi bacia la guancia, «Sempre bellissima», dice, «Sei pronta?».
Ethan si fa spazio e porta la mia valigia fuori, salutando Chris con un borbottio incomprensibile.
«I miei genitori sono già sull'isola, non vedono l'ora di conoscerti».
Ethan è alle sue spalle e incrocia le braccia al petto, lanciandomi una brutta occhiata.
Mi schiarisco la voce, «Sanno che noi non...»
«È così necessario specificarlo?», è la prima volta che Chris sembra infastidito da qualcosa che ho detto.
Ethan stranamente assiste in silenzio.
«Beh, sì», dico.
Scuote la testa e sorride, sembra rilassarsi, «Glielo diremo se necessario. Adesso andiamo?».
Annuisco e gli chiedo di aspettarmi in macchina mentre saluto Ethan che non ha ancora intenzione di parlare.
«Allora ciao».
Irrigidisce la mascella, «Non andare», sussurra.
«Devo»
«No, non devi», il suo pomo d'Adamo fa su e giù, «Non sei la sua ragazza»
«Lo so, ma-»
«Sta attenta», mi interrompe, quindi mi lascia un bacio tra i capelli.
«Sì»
«E sta il più lontana possibile da quel coglione».
Mi allontano da lui e rido, «Ciao, Ethan»
«Ci vediamo dopo, pulce», mi fa l'occhiolino e salgo in macchina con un'espressione confusa.
Ci vediamo dopo?
Chris parte e accende la radio, «Siete mai stati fidanzati?»
«Eh?»
«Tu e il tuo amico», spiega, «Non c'è mai stato niente tra di voi?»
«No», rispondo in fretta. Lui sembra non credermi. Sento la tensione nell'aria e cerco un argomento per rompere il ghiaccio, dunque gli chiedo della sua famiglia.
«Sta lontana da mia madre», ridacchia, «E anche da mio padre. Sono strani»
«Strani?»
Tossisce e ride, «Mia madre sorseggia wiskye alle sette del mattino e credo che mio padre fumi erba».
Scoppio a ridere e guardo fuori dal finestrino, «Anche mia madre beve wiskye di mattina», ammetto. È la prima confessione sulla mia famiglia.
«Davvero? Devo conoscerla allora e presentarla a mia madre».
Mai.

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