Capitolo 26.

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ETHAN.
Credo di non essere mai stato così silenzioso in tutta la mia vita. Sento solo i miei pensieri, parlo solo con me stesso già da un po'. In fondo, solo io posso capirmi e solo io posso sopportarmi.
Mia madre sta passando l'aspirapolvere sul pavimento della mia camera da letto ed io la fisso senza dire una parola. Sono sotto le coperte e fuori piove. Non mi dispiace che ci sia brutto tempo, tanto non dovevo andare da nessuna parte.
Dove devo andare se sono costretto ad un letto? Dove devo andare se non riesco a camminare?
«Ethan, tesoro, vuoi che ti prepari qualcosa da mangiare?», si ferma un attimo e mi guarda con quello sguardo compassionevole che mi fa desiderare di distruggere mezzo mondo.
Non le rispondo e annuisce, dunque torna a spolverare.
«Jamie è passata di qui anche oggi», passa lo strofinaccio su una foto, «Dice che in tribunale è andato tutto bene, le accuse sono cadute ed è definitivamente libera».
Non parlarmi di lei, ti prego, non parlarmene.
C'è silenzio, quindi continua, «Sta davvero male, Et, perché non le permetti di passare del tempo insieme a te? Siete stati lontani per così tanto tempo... », sospira e si siede sul letto. Ha gli occhi lucidi e abbassa lo sguardo.
«Ho parlato con il medico, continua a pensare che se hai forza di volontà tornerai a camminare presto. Devi impegnarti, tesoro, puoi farcela».
Posso farcela. È facile dirlo per loro.
Sentono entrambe le gambe e non devono fare nessuno sforzo per stare in piedi. Forza, Ethan, dai, fai il miracolo e torna a camminare come se un figlio di puttana non ti avesse rovinato la vita.
Deve morire in prigione. E se esce da quella merda giuro che lo ammazzo.
«Vado a fare la spesa», sussurra poi mia madre. Parla da sola da settimane ormai, a volte mi fa pena, mentre altre volte mi fa incazzare la sua cocciutagine.
Mi lascia un bacio sulla fronte e va via, poco dopo sento la porta di casa che si chiude. Il silenzio è assordante e chiudo gli occhi. Senza volerlo immagino il viso di Jamie, bellissima e intelligente. Andrà lontano nella vita, senza di me.
Il mio cellulare suona e mi accorgo che Bob mi ha mandato un messaggio, anche lui come me è costretto ad un letto. Sento il mio sangue ribollire nelle vene quando penso che non posso andare a trovarlo mentre lui sta morendo.
"So che stai passando un brutto momento, ma se non vieni a salutarmi brutto figlio di puttana te ne pentirai, lo sai".
Non ce la faccio. Non me la sento. Poggio il cellulare sul comodino e sospiro, rimango immobile fino a quando mia madre non torna con la spesa tra le mani. Dice che vuole prepararmi una cena deliziosa e scappa in cucina. Si ostina a cucinare grandi piatti nonostante io non mangi un granché. Mi sollevo e avvicino più a me la sedia a rotelle che sta accanto al letto. Grazie alla forza delle braccia mi sposto sulla sedia a rotelle, sistemo le mie gambe sugli appositi poggiapiedi e mi spingo verso la cucina. Con lo sguardo basso arrivo a destinazione e il profumo di lasagne arriva alle mie narici.
C'è uno strano silenzio, dunque decido di guardare oltre le mie gambe inutili e mi si mozza il fiato. Jamie è seduta sul bancone della cucina e mi fissa in silenzio, i capelli le ricadono sulle spalle in morbide onde, indossa un paio di jeans neri e una felpa bianca. Non dice una parola, nemmeno io. Avevo detto che non doveva mettere piede in questa casa, avevo detto che non doveva farsi vedere.
È mia madre a parlare per prima, si schiarisce la voce, «Ho invitato Jamie a cena, spero non ti dispiaccia».
Sì, porca puttana, sì. Non deve vedermi così. Senza dire una parola torno nella mia stanza. Cenate voi.

JAMIE.
«Ci abbiamo provato», la madre di Ethan sospira e si passa una mano tra i capelli. Non sa più come comportarsi con lui: non parla, non mangia, non vuole vedere nessuno. Nemmeno me. Soprattutto me.
Mette le lasagne sul tavolo e mi rivolge un sorriso triste, è esausta e si vede. Io non ho più pazienza. Il medico ha detto che fisicamente sta bene e può tornare a camminare, ma lui sembra essersi arreso in partenza. Stringo i pugni e sospiro, «Vado da lui», mormoro.
«Non è una buona idea, lo hai visto. Vuoi le lasagne, cara?», ha gli occhi pieni di lacrime e mi si forma un nodo in gola.
«Prenditi una pausa, chiama tua figlia e andate a mangiare qualcosa fuori», le porgo un fazzolettino, «Questa sera penso io a lui, adesso sono stanca».
Stringo i pugni e mi fiondo nella stanza di Ethan, è sul suo letto, coperto dal piumone. Serra le labbra e irrigidisce la mascella, sento il suo sguardo addosso mentre mi sdraio accanto a lui e mi copro con il piumone. Respira affannosamente e lo guardo con la coda dell'occhio.
Mi avvicino più a lui e lo sento irrigidirsi, passo un braccio sul suo stomaco e gli lascio un bacio sulla guancia.
Rimane immobile e si sente solo il suono del suo respiro affannato. Io lo fisso per non so quanto tempo, non dico niente. Le scorse volte ho urlato, gli ho detto di darmi spiegazioni, di impegnarsi e tornare a camminare. Lui non ha mai risposto. Non ha mai detto niente a parte qualche "non voglio vederti" sussurrato appena.
Questa volta mi limito a guardarlo in silenzio. Vedo che una lacrima scende lungo il suo viso e chiude gli occhi, poi mi lascia un bacio sulla fronte.
Rimaniamo in silenzio, abbracciati, senza dire una parola.
Sento il rumore della porta che si chiude e capisco che la madre di Ethan ha seguito il mio consiglio.
«Tua madre ha preparato la cena, credo sia uscita adesso. Ti va di mangiare qualcosa?», senza il mio controllo una lacrima attraversa la mia guancia e la asciugo in fretta.
Annuisce e tira su col naso, riesce a spostarsi da solo sulla sedia a rotelle e lo spingo in direzione della cucina. Lo sistemo vicino al tavolo e preparo i piatti. Di tanto in tanto gli lancio un'occhiata, ha un'espressione così triste e seria.
Mi siedo davanti a lui e sussulto quando mi porge la mano e fa un cenno con la testa verso la sedia che sta al suo fianco.
Mi siedo dove dice lui e mangiamo in silenzio, la sua mano sulla mia coscia.
Almeno sta mangiando, almeno non mi sta cacciando via.
«Sono tornata a lavorare al bar qui davanti, sai?».
Silenzio.
«E ho intenzione di studiare, voglio cambiare vita», aggiungo.
Ancora nessuna risposta.
«Ho incontrato Chris qualche giorno fa al supermercato», adesso mi lancia un'occhiataccia e mi fissa, aspetta che io continui, «Credo che abbia paura di me perché sono stata in prigione», ridacchio,
«Dovevi vederlo come balbettava quando mi ha salutata. Ci ci ci ci a a ao», lo prendo in giro e mi si riempie il cuore di gioia quando Ethan scoppia a ridere.
I suoi occhi per un istante sembrano illuminarsi, ma torna serio subito dopo.
Mi accarezza una guancia e rabbrividisco quando il suo dito si ferma sulle mie labbra.
«Ascoltami bene, pulce. E ti prego, fa ciò che ti dico», sentire la sua voce mi mette lo stomaco in subbuglio, «Lavora, studia e migliora la tua vita. Andrai lontano, lo sappiamo entrambi. Sei intelligente e bellissima e unica», sospira, «Diventerai un ottimo chirurgo, un ottimo avvocato, una dolce infermiera, diventa ciò che vuoi, pulce, ma fallo senza di me»
«Ma perché dici queste cose?», non riesco a trattenere le lacrime.
«Non voglio passare la mia vita con te, non così. Non voglio vederti e credimi sono serio. Ti cercherò un giorno se mai uscirò da questo stato, se non lo farò trovati un uomo e sforna tante piccole pulci», deglutisce, la voce tremante, «Promettimi che sarai felice»
«Non ti prometto un bel niente», ringhio.
«Promettimelo»
«No»
«Beh allora vattene! Fanculo le promesse. Fa il cazzo che ti pare», detto questo torna nella sua stanza e mi lascia sola con gli occhi pieni di lacrime e un peso sul cuore.
«Che devo fare?», grido per farmi sentire.
Torna in cucina e mi fissa serio, poi apre quella sua bocca velenosa e mi fa gelare sul posto, «Te ne devi andare», sibila, «E non tornare più»
«È questo che vuoi, Et? Vuoi che vada via?»
«Non vedo l'ora»
«Col cazzo che me ne vado», ribatto, «Io ti amo, hai capito?».
Sgrana gli occhi e schiude le labbra, piomba il silenzio e mi avvicino a lui.
«Ti amo e non posso andare via. Non voglio»
«Io non ti amo, non più. Ti avevo detto che mi sarebbe passata. È troppo tardi».
E questa stavolta mi ha fatto male.

HI GUYS!
ECCOMI SUBITO CON UN NUOVO CAPITOLO. COSA NE PENSATE DI QUESTO ETHAN SCONTROSO E TRISTE? E DI QUESTA JAMIE PIÙ AGGUERRITA? BEH, COSA NE PENSATE DEL CAPITOLO IN Generale? SPERO VI SIA PIACIUTO.

VOLEVO COMUNICARVI CHE HO PUBBLICATO IL PROLOGO DELLA NUOVA STORIA E CHE CI TENGO TANTISSIMO AD UN VOSTRO PARERE. FATEMI SAPERE SE LA TRAMA È INTERESSANTE E COSA NE PENSATE. VI ASPETTO. VI LASCIO LA TRAMA E LA COPERTINA. (E VI ASSICURO CHE IL PROTAGONISTA MASCHILE VI CONQUISTERÀ COME HA FATTO ETHAN)

 (E VI ASSICURO CHE IL PROTAGONISTA MASCHILE VI CONQUISTERÀ COME HA FATTO ETHAN)

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TRAMA.
ATTENZIONE: questa storia può provocare attacchi improvvisi di ira, ansia e paranoia. State bene attenti, può indurvi a dubitare anche di vostra madre.

Conoscerete Samantha Jersey, una bellissima e ricca ragazza del North Carolina che vive in una piccola villa con vista sul mare. I suoi voti sono perfetti, il suo ragazzo è perfetto, i suoi amici sono perfetti. Ma avete visto il titolo, no? Un mare di bugie.

Tenetevi forti e mettetevi comodi, niente è come sembra. Cominciate a dubitare.

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«Quello lì è un criminale, Sam. È lui quello pericoloso, è lui il nemico, sono tutti loro i nemici. Sta lontana da loro, Samantha, sta attenta a loro».

SPERO DI VEDERVI ANCHE SU QUESTA STORIA.
LASCIATEMI UNA STELLINA, IO VI MANDO UN BACIO.
Ps. La nuova cover di questa storia e quella per la storia nuova sono state create dalla gentilissima sofidreamer00

L'amore ci farà a pezzi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora