Capitolo 20.

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JAMIE.
Sospiro e stringo il pugno, quindi busso alla porta di Ethan. Un colpo, due colpi, tre col- «Jamie, cazzo, vuoi andartene a fanculo!?».
Beh, almeno ha aperto la porta questa volta.  Sollevo il sacchetto che ho in mano e cerco di mostrargli uno dei miei sorrisi migliori, «Ti ho portato il pranzo, ti va un enorme hamburger?». Inarca un sopracciglio e scuote la testa, lui non sorride: «Forse non sono stato abbastanza chiaro ieri sera», sospira, «Non voglio più vederti, nè parlarti, nè mangiare i tuoi cazzo di hamburger», detto questo, mi sbatte la porta in faccia. Crudele.

Ruoto gli occhi al cielo e torno a bussare, questa volta non sembra avere intenzione di rispondere. Per rabbia do un calcio alla porta e strillo come un'adolescente frustrata: «Non puoi per una volta evitare di essere così orgoglioso!?». Nessuna risposta.
«Ho detto a Chris che tra noi non ci sarà più nulla». Ancora niente.
«Ero arrabbiata, pensavo mi avessi presa in giro per tutto il tempo quando ti ho visto con lei!», spiego ancora, ma niente. «Oh, andiamo! Non sei il mio ragazzo, non capisco perché te la stia prendendo così tanto!». La porta si apre e i miei occhi si illuminano, Ethan esce e chiude a chiave, dunque fa una smorfia e mi sorpassa senza dire una parola.
Lo seguo per le scale, «Dove stai andando adesso?»
«Non sono affari tuoi»
«Posso venire?»
«No»
«Ethan, ricomincia-»
«Non provare nemmeno a dire quella parola. Non ricomincio proprio niente con te, adesso levati di mezzo e non mi cercare più. Ne ho abbastanza di te». Questa volta mi ha fatto male. Mi fermo e lo osservo mentre sale in macchina e sfreccia via, ho le lacrime agli occhi e per qualche minuto rimango lì, immobile, a fissare il vuoto. Sta esagerando, ma rivoglio con me il mio migliore amico. Decido di tornare davanti alla porta del suo appartamento e di aspettarlo. Passano delle ore e la mia schiena è a pezzi, ma di lui non c'è traccia. Mi sdraio sul tappeto e chiudo gli occhi, poco dopo mi addormento e mi sveglio solo quando sento il rumore di una porta che si apre.
«Vattene», mi dice, poi entra in casa. Senza pietà. Dolorante mi alzo in piedi e sospiro, «So che sei qui dietro ad ascoltare», mi schiarisco la voce, «Sono mesi che tra noi le cose non vanno più bene e questo mi fa davvero male. Ho baciato Chris, ho baciato te e questo è scorretto, lo so. Ma tu sei diverso, Et. Sei tutta un'altra storia. Sei il mio migliore amico da sempre, sei fondamentale per me e non voglio che tutto questo finisca nel cesso per qualche stupido bacio. La nostra amicizia è più forte di questo. Torniamo come prima, ti prego». Ho gli occhi pieni di lacrime e non riesco a mantenerle quando vedo che non mi risponde. Mi passo una mano tra i capelli e indietreggio, poi la porta si apre ed un Ethan fin troppo serio mi si para davanti. Rimane in silenzio a fissarmi con i suoi profondi occhi neri, ma non dice una parola. Mi asciugo una lacrima e tiro su col naso, quindi lo guardo anch'io: è arrabbiato, ma forse vuole perdonarmi.
«Non può tornare tutto come prima», sussurra, «Perché io mi sono innamorato di te», gli trema la voce, «E tu, Jamie Collins, mi hai ferito fin troppe volte. E ne ho abbastanza», sta per rientrare, quindi prima di chiudere la porta mi guarda ancora, «Ma stai tranquilla, mi passerà in fretta. Me la farò passare».

ETHAN.
«Dove sono le tazze?»
«Non ne ho idea!»
«Andiamo, Bob, è casa tua. Come fai a non sapere dove sono?», apro sportelli a caso e sbuffo. Sto preparando un tè caldo al mio capo che sembra un ospite nella sua stessa casa. Finalmente le trovo e ne poggio due sul tavolo. Bob mi raggiunge in cucina e si sforza di farmi un sorriso. Sta male, gli si legge in faccia. Lo raggiungo in fretta e lo aiuto a sedersi, «Ti avrei portato il tè direttamente sul divano», borbotto.
«Volevo sgranchirmi le gambe. Sono ancora in grado di camminare».
Ruoto gli occhi al cielo e spengo i fornelli, quindi verso il tè nelle tazze.
«Ethan, volevo parlarti di una cosa».
Mi siedo su uno sgabello e corrugo la fronte, «Dimmi pure».
Si passa una mano tra i capelli, «Nel mio testamento compare il tuo nome»
«Eh?»
«Stammi a sentire», sospira, «Sto morendo, non so se ti sei reso conto», ridacchia, ma la mia espressione non cambia. Odio questo suo umorismo del cazzo.
Non ottiene una mia risposta, quindi continua: «Probabilmente in questo momento sei l'unica persona a cui davvero importa di me»
«Ti sbagli»
«Ssh», mi zittisce, «Fammi finire. Voglio che tu prenda le redini della mia azienda. Sei sveglio, capace e testardo. Farai un buon lavoro, come stai facendo sostituendomi in questi ultimi periodi ».
Eh?
«Bob, io non-»
«Sei l'unica persona che mi resta», ha le lacrime agli occhi e non riesco a dire una parola, «Voglio che sia tu, Ethan. Nessun altro», mi stringe la mano e sorride. Guardo la sua mano sulla mia e deglutisco, «Non sono in grado», dico semplicemente.
«Oh, sì invece».
L'argomento si chiude lì e beviamo il nostro tè in silenzio, sono ancora scosso da quella conversazione quando lo aiuto a mettersi sul divano.
«Hai litigato con Jamie, vero?»
«No», taglio corto.
«Perché non la finite e vi mettete insieme una volta per tutte?».
Ruoto gli occhi al cielo e fingo di non sentirlo, quindi accendo la tv.
«Cosa è successo questa volta?», insiste.
«Ha baciato un altro»
«Ah».
Silenzio. Nella stanza si sente solo la stupida musichetta di una stupida campagna pubblicitaria.
«Beh, non sei il suo ragazzo», Bob torna a rompere le palle.
«Ha baciato me la sera prima»
«Ah».
E rieccoci. Silenzio.
«Ma-»
«Sta zitto, Bob», lo interrompo, «Mi sono rotto di fare un passo avanti e poi farne cento nella direzione opposta. Mi bacia e poi mi chiede di ricominciare e questo non fa bene alla mia sanità mentale. Quindi non nominarla più, per favore».
Quando torno a casa questa volta Jamie non è lì ad aspettarmi davanti alla porta. Non c'è nemmeno il giorno dopo, né quello dopo ancora. I giorni passano e quella rabbia che provavo va via, lasciando spazio dentro di me per un enorme vuoto, un perenne nodo alla gola che non riesco a mandare giù. E' un normale venerdì sera adesso, non ricordo nemmeno più da quanto tempo è che non la vedo. Mi trovo in un locale seduto ad un tavolo pieno di gente che non sopporto. Sono tutti miei colleghi che cercano di leccarmi il culo, qualcuno ha sparso in giro la voce che sarò io il loro futuro capo. Che idioti. Fa davvero caldo qui dentro, quindi allento un po' la mia cravatta e deglutisco. Con la coda dell'occhio noto che una ragazza seduta nel tavolo accanto mi fissa insistentemente. Le sorrido e torno a guardare i miei colleghi. Kate, seduta vicino a me, ha bevuto fin troppo vino e adesso ride come una matta. Sembra che tutti si stiano divertendo, io per niente. Decido di rilassarmi un po', ne ho bisogno. Ordino altro vino e bevo anch'io. Spero di sbronzarmi e dopo qualche bicchiere di troppo riesco a ridere anch'io. 

«Signor Hamilton», Kate ridacchia, «Sei molto sexy». Non le rispondo, sorrido solamente quando la sua amica Gwen mi accarezza la coscia. Bevo ancora, poi mi ritrovo a ridere con queste due ragazze che continuano a provarci con me spudoratamente. Qualcuno dice che  dovremmo andare a prendere un po' d'aria, forse Kate, forse è Gwen. Mi ritrovo ad acconsentire, «Prendiamo un po' d'aria», e mi tiro su dalla sedia, «O possiamo stare in macchina», sussurro. Gwen mi segue subito, Kate non credo mi abbia sentito e rimane lì a guardarci confusa. E' proprio andata. Appena entriamo in macchina si fionda sulle mie labbra, ci baciamo a lungo e le mie mani attraversano tutto il suo corpo. Si mette a cavalcioni su di me e si tira su la gonna, «Non aspettavo altro», ansima e sfrega il suo bacino contro il mio. Tira giù la zip dei miei pantaloni e le sue mani vanno senza nessuna esitazione dentro i miei boxer. Afferro il suo seno, accarezzo le sue cosce e lascio salire la mia mano fino alla sua parte più intima. I vetri si appannano, mi pulsa la testa e lei ansima sempre più rumorosamente. Il mio cellulare suona e lo lascio squillare. Per qualche istante smette, poi la suoneria accompagna i respiri affannati e mi distrae.

«Non... Non rispondere», riesce a dire e decido di darle ascolto, ma qualcuno sembra avere proprio voglia di rompere le palle. 

«Un attimo», bisbiglio, quindi afferro il cellulare e mi schiarisco la voce. Cosa vuole Sammie da me?

«Che vuoi?»

«Hanno arrestato mio fratello Brandon», annuncia.

«Sai il cazzo che me ne frega», ribatto.

Lei ride, «Ha fatto il nome della tua amica»

«Cosa!?»

«Hanno arrestato anche lei».

Cazzo. 

L'amore ci farà a pezzi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora