ETHAN.
Ho rotto un piatto a casa di Jamie e cerco di concentrarmi solo su questo: ho rotto un piatto. Penso al piatto. Penso solo a quello e non a Jamie che se ne sta fuori con un ragazzo non ancora identificato. Ma chi cazzo è? Scosto la tenda e chiudo la mano a pugno mentre li guardo. Perché non mi ha detto che si vede con qualcuno? Sento salire la rabbia, quindi soffio l'aria fuori dalle labbra. Non serve a niente. Si salutano e sospiro di sollievo quando lo vedo andare via. Bene. Vattene via, lurido essere. Adesso posso davvero concentrarmi sul piatto rotto. Mi abbasso e comincio a cogliere i cocci ad uno ad uno. Jamie entra in casa e sbatte la porta. Mi raggiunge ed incrocia le braccia sotto al petto, sento il suo sguardo trapassarmi il cranio. Inarco un sopracciglio e la fisso anch'io mentre butto i pezzi di vetro nella spazzatura. «Ti sei divertita al tuo impegno?», le dico, credo di averlo solo sussurrato.
«Sí», risponde. Perfetto!
«Bene», rimango in silenzio per un po', passando il peso del mio corpo da una gamba all'altra. Mi sento un idiota e forse lo sono. Poi non ce la faccio piú e parlo: «Ma chi è? Dove l'hai trovato quell'imbecille?».
Si toglie la giacca e la mia rabbia cresce ancora di piú. Si è messa pure la gonna per quello lì!
«Non è un imbecille».
Le punto un dito contro e mi mordo il labbro: «Non lo difendere!».
«Ethan», apre il frigo e si prende dell'acqua, «Non sto difendendo nessuno. Chris è davvero simpatico».
«Chris? Che nome del cazzo è Chris?».
«Meglio di Ethan».
Spalanco la bocca senza nemmeno accorgermene: «Stai scherzando, spero».
«No».
«Va bene, lasciamo perdere il suo nome», mi siedo sul tavolo e mi arrotolo le maniche della camicia. Muoio di caldo e siamo a novembre. «Come e quando lo hai conosciuto?»
«Non devo darti nessuna spiegazione», mi dice, quindi si toglie le scarpe dai piedi e attraversa il corridoio fino ad arrivare in camera sua.
Io la seguo.
«Certo che devi darmi delle spiegazioni! Sono tuo amico! Devo saperle certe cose!».
Mi guarda e sorride: «Allora dimmi, dove e quando hai conosciuto le due ragazze di oggi?».
In uno squallidissimo locale.
«Ad una festa. E adesso dimmi tu».
«Cosa devo dirti?», si sfila il vestitino e mi giro a guardare la scrivania. Solitamente ne approfitto per guardarla mezza nuda, ma questa volta devo rimanere concentrato.
«Devi dirmi...», deglutisco e lascio che i miei occhi vaghino dalla scrivania ai libri sugli scaffali «Quando lo hai conosciuto». Mi giro verso di lei e mi pento subito di averlo fatto.
É ancora in mutandine e reggiseno ed io non posso parlarle se non è completamente vestita.
Afferra la maglietta del pigiama e se la mette: «Oggi. L'ho conosciuto oggi. Ho passato tutto il pomeriggio con lui e ho giá cenato», mi spinge verso la porta ed io deglutisco, «E adesso, se non ti dispiace, vorrei dormire».
«Hai ancora tante cose da dirmi!».
«No»
«Allora dormo con te». Mi lancio sul letto e mi tolgo le scarpe.
«Vattene a casa», protesta, ma il sorriso che ha sulle labbra la frega.
«Devo assicurarmi che quel Chris non s'infili nel tuo letto», scherzo. Do una pacca al cuscino e le sorrido «Vieni qua, prometto che non ti faccio domande per tutta la notte».
Sembra pensarci un po' su, ma alla fine mi raggiunge. Si sdraia accanto a me e le metto il braccio attorno alle spalle, poi le bacio la testa.
Rimaniamo in silenzio per qualche minuto, ma ho troppe cose da chiederle per rimanere zitto.
«Lo rivedrai?»
«Chi?»
«Quel... Chris»
«Forse»
«Ah»
«Ethan...», mi accarezza il petto e la sento sorridere, «Non essere geloso».
«Io non sono geloso». Ci mancherebbe.
Ridacchia.
«Dormi, scema», le dico, «E dammi il bacino della buonanotte».JAMIE.
Mi addormento abbracciata a Ethan e mi sveglio allo stesso modo. Ho la testa sul suo petto e le nostre gambe sono intrecciate. Alzo lo sguardo in direzione del suo viso e sorrido. Ha le labbra schiuse e i capelli neri tutti scompigliati. Lancio un'occhiata alla sveglia e la disattivo prima che cominci a suonare. Ethan mi uccide se lo sveglio alle sette di mattina.
Mi allontano delicatamente dalla sua stretta e lo sento lamentarsi mentre vado in bagno. Impiego poco tempo per prepararmi e alle sette e mezza sono giá pronta.
Prima di uscire, passo a dare un'occhiata a Ethan che dorme. A vederlo così, addormentato e indifeso, sembra un bambino dolcissimo. Ma quello lì di dolce non ha proprio niente.
«Ciao Ethan» lo saluto anche se non può sentirmi e poi vado a lavoro.
Corro da un tavolo all'altro con un'insolita allegria. Forse è perché ho rivisto mio fratello, oppure perché vedere Ethan che dorme mi calma un sacco.
Fila tutto liscio fino a quando nel locale non entra Sammie, la sorella di Brandon. È completamente folle e senza limiti. L'ho vista picchiare due ragazzi senza pietá e gira voce che vada in giro con una pistola in tasca.
Deglutisco e mi avvicino, fingo di non conoscerla.
«Buongiorno, come posso esserle utile?».
Si guarda le unghie smaltate di nero e poi mi sorride «Jamie Collins» dice «Cercavo proprio te».
Cerco di mantenere la calma. Ho una tempesta di domande dentro la testa ma non lo do a vedere. Cosa puó volere lei da me?
«Vuoi ordinare?» il mio tono non è piú gentile e il suo sorriso mi innervosisce parecchio.
«No, voglio solo dirti che abbiamo una nuova regola per la gara».
Mi guardo intorno e stringo le mani a pugno. Non puó venire a parlarmi di questo... Qui!
«Che regola?».
Estrae un foglietto dalla tasca dei jeans e me lo porge, quindi si alza e va via ridendo.
Leggo velocemente quello che c'è scritto su quel pezzo di carta e deglutisco.
É pazza.
Quando torno a casa, Ethan sta ancora dormendo.
Devo raccontargli della visita di Sammie e fargli leggere il biglietto. Mi avvicino a lui e gli muovo un po' il braccio. Quello che ricevo è un mugolio e uno schiaffo sulla mano. Ruoto gli occhi al cielo e riprovo, quindi aspetto una sua reazione.
Apre un'occhio e mormora un «Lasciami in pace» prima di coprirsi le orecchie con il mio cuscino.
«Ethan, non fare l'idiota e ascoltami. Devo dirti una cosa».
«Che vuoi?» sbuffa e si gira verso di me.
«Al locale è venuta Sammie questa mattina».
A sentire quel nome, sgrana gli occhi e mi guarda preoccupato.
«Che ti ha detto?». Urla ma non se ne accorge nemmeno.
«C'è una nuova regola per quanto riguarda la gara».
Allora scoppia a ridere e si abbandona sul cuscino. Vedo i lineamenti del suo volto rilassarsi e prendo in considerazione l'idea di portarlo da uno psicologo.
«Che hai da ridere?».
«Niente, continua pure. Qual'è la regola?».
Prendo il bigliettino e glielo passo. Mentre legge si morde le labbra in continuazione e decido di distogliere lo sguardo. Quando smette di leggere, piega il foglio e si alza.
«Dobbiamo far esplodere l'ospedale abbandonato?» mi chiede, come per assicurarsi di aver capito bene.
Annuisco e si stiracchia, poi si abbassa per cercare le sue scarpe.
«E quanti punti otteniamo?».
«Dieci»
«Quanti ne abbiamo?» si siede sul letto e si mette una scarpa.
«Uno. Abbiamo distrutto solo un palazzo».
«Allora faremo saltare in aria quell'ospedale prima di loro» è sicuro di quello che dice. Punta i suoi occhi neri nei miei e sorride «Sei preoccupata, pulce?».
«No, per niente». Sa che sto mentendo. Allunga una mano verso il mio viso, mi accarezza la guancia e sospira.
«Vinceremo questa gara».
«Non voglio finire in prigione per questa cazzata». Non volevo dirlo ma è stato piú forte di me.
Scrolla le spalle e arriccia il naso. Fa sempre così quando vuole farmi ridere e anche questa volta ci riesce.
«Sta tranquilla. Se ci arrestano, faró in modo che ci mettano nella stessa cella» mi strizza l'occhio e si dirige verso la porta, quindi si gira verso di me «Vieni a pranzare o rimani lí impalata?».ETHAN.
Porto Jamie a pranzare in un ristorante in cui non siamo mai stati. Ci piace provare nuovi posti e penso che questo sia perfetto.
Le cameriere sono fighe e non ci sono coppiette che si sbaciucchiano tra un pasto e l'altro.
Dopo aver ordinato, cala uno strano silenzio. Lei sembra in pensiero ed io non so cosa dire. So che è preoccupata per la gara, ma ho bisogno di lei per vincere e non posso dirle di ritirarsi. Se si ritira lei, devo farlo anch'io. Ed io non mi ritiro. Mai.
«Jamie» mi schiarisco la voce «Dai, fammelo un sorriso».
Finge un sorriso e guarda la strada, al di lá della vetrina.
«Lo volevo vero, il sorriso».
«Era vero» ribatte.
«So riconoscere un sorriso vero da uno falso. E il tuo di vero non aveva niente».
«Non posso essere sempre felice» adesso si arrabbia. Gioca nervosamente con un tovagliolo e non mi guarda in faccia.
«Perché no?»
«Perché no»
«Io sono sempre felice quando sto con te» mi rendo conto solo adesso di averlo detto e non ho il coraggio di guardarla. Ma che mi è preso?
Rimane in silenzio, quindi alzo lo sguardo. Scuote la testa e sorride «Tu sei tutto scemo».
Decido di non aggiungere altro. Non vorrei dire qualche altra strana frase di cui potrei pentirmi.
Mi guardo intorno, tanto per dare un'occhiata al posto. Faccio qualche commento di apprezzamento su alcune cameriere e poi sorrido quando ne noto una in particolare: Mary.
Siamo stati a letto qualche volta, niente di speciale. Peró era una ragazza che non faceva domande e non pretendeva una relazione. Mi chiedo perché non l'ho piú chiamata.
Jamie da un calcio alla mia sedia e sobbalzo.
«Stai sbavando» mi dice.
«Non sto sbavando».
Ride e annuisce «E invece sì! Chi è che stavi guardando?»
«Nessuno».
«Dai, fammela vedere! Ti piace?».
«Ci scopavo e basta» faccio un cenno col capo verso Mary e poi torno a guardare lei.
Il suo sorriso è scomparso, rimpiazzato da un'espressione seria.
«Questo ristorante non mi piace» conclude «La prossima volta decido io dove andare».
Quando le nostre ordinazioni arrivano, mangiamo rubandoci qualcosa dal piatto. Io le prendo un pezzo di carne, lei mi ruba le patatine.
Le sto dicendo che ho avvistato un'altra casa disabitata da far saltare in aria quando le suona il cellulare. Mi passo un tovagliolo sulle labbra e aspetto che risponda.
«Chris, ciao! Come stai?».
La forchetta mi cade a terra e ne approfitto per non farle notare la mia espressione. Mi abbasso e la raccolgo, sospiro e torno a sedermi composto.
Lo conosce da un giorno e gli ha giá dato il numero. Questa deve spiegarmela.
Non riesco a seguire il resto della conversazione, perso come sono tra i miei pensieri.
Non so ancora come lo ha conosciuto e non sono nemmeno sicuro di volerlo sapere.
Quando smette di parlare, posa il cellulare e mi sorride «Era Chris» spiega.
«Lo so».
«Mi ha invitata ad una festa».
Fingo un sorriso, poggio i gomiti sul tavolo e succhio il pearcing verso l'interno delle mie labbra.
«Ci andrai?».
Gesticola e sorride «Beh, non lo so. Non saprei cosa mettermi e...»
«Frena» la interrompo. So di essere sgarbato ma non m'importa. É piú forte di me e non riesco a controllarlo «Da quanto lo conosci? Due? Tre ore?».
«Un giorno»
«Oh» fingo una risata «Puoi fidarti di lui, allora! Siete praticamente fratelli!».
«Smettila» mi fulmina con lo sguardo, tanto per farmi notare la sua irritazione.
«No. Non la smetto»
«Non sei mio padre»
«Ti servirebbe, un padre».
Sgrana gli occhi e si alza, facendo rumore con la sedia.
Non volevo dirlo davvero.
Voglio alzarmi e chiederle scusa. Dirle che sono un emerito coglione e che non sono degno neanche di essere suo amico. Peró non lo faccio. Rimango in silenzio mentre va via. Le persone hanno smesso di mangiare e mi guardano come se sapessero che il mostro, qui, sono solo io.
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L'amore ci farà a pezzi.
RomanceCOMPLETA. «Aspettavi qualcuno?» «No, tu?» «É casa tua, idiota», si avvicina alla porta e guarda attraverso l'occhiello. Quando torna a guardare nella mia direzione ha un'espressione di terrore dipinta sul volto. «Chi c'è?», domando. «La polizia»...