Capitolo 11: Iceberg

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"Lieve è il dolore che parla. Il grande dolore è muto."
(Seneca)

Kathlyn

Russia ➳ Mosca, Nord-orientale.

Peter non è per niente tornato. Per accendere il fuoco ho dovuto fare a pezzi una sedia di legno. Col cazzo che andavo fuori. Sono sempre stata dell'idea che il freddo non facesse per me.

Mi piace la primavera, quando i fiori e le piante sono la mia unica fonte di vita.

Mi sono anche dovuta preparare il pranzo da sola.

Insomma, chi fa da sé, fa da sé, no?

Non è proprio così il detto. Mi dice la mia coscienza.

Questo è il mio detto! La zittisco e torno a mangiare i miei biscottini preferiti.

Per fortuna c'erano gli Oreo nella credenza.

Questo per te sarebbe il pranzo? Oreo e latte?

Sono golosa. Ammetto e immergo un biscotto nel latte per poi riempirmi la bocca. La porta si apre. È Peter con in mano una volpe scuoiata e senza testa. Chiude il battente con un calcio e lascia quel povero animale sul tavolo.

Col tagliare e l'ascia affilata inizia a fare a pezzi la carne. Le parti che gli interessano.

Il tempo passa. Io ho consumato il latte e i biscotti, mentre Peter ha messo a cuocere la carne nella griglia che ha preparato nel camino, quando la legna si è consumata un po'.

Non mi ha rivolto la parola nemmeno una volta e adesso si sta togliendo il proiettile dalla spalla.

Con l'arnese sterilizzato lo affonda in quel piccolo buco, senza nemmeno fare una smorfia di dolore.

Masochista perfino con se stesso.

Il sangue gli cola sul braccio e mi avvicino, appoggiandogli una pezza sopra.

Solo allora le nostre iridi si incrociano, ma non osa parlarmi. Continua nel suo lavoro e quando riesce a togliere la pallottola la lascia sulla ciotola.

Si scansa da me e va a mettere tutto nel lavandino.

«Peter, per quanto durerà questo gioco del silenzio?» gli domando, lasciando la pezza sul banco, visto che non vuole il mio aiuto.

«Non infastidirmi. Piuttosto, riposati. Stanotte partiamo. Prima ti porto da tuo padre e prima finirà questa storia. Penserà lui a te. Non hai bisogno di un Sicario che ti protegga. Te la sai cavare benissimo anche da sola.» risponde, girandosi dalla mia parte quando ha preso ago e filo.

Con l'acqua ossigenata si lava la spalla, non gliene frega un cazzo se sporca a terra e lasciando la bottiglia inizia la sutura. Passa l'ago da pelle a pelle, senza nemmeno fare pause.

Non so come faccia ad essere così, impassibile perfino al dolore.

«Che cosa ti è successo, Etienne?» gli domando, pronunciando il suo vero nome.

«Non mi chiamare così. Etienne è morto. Adesso c'è solo Peter Rivera.»

«Rispondi alla mia domanda.»

«Non penso che ti importi.»

Il discorso si conclude così perché se ne va al bagno.

Il discorso si conclude così perché se ne va al bagno

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𝐇𝐢𝐭𝐦𝐚𝐧 ➳ ᴄᴏᴍᴇ ᴠᴇʟᴇɴᴏDove le storie prendono vita. Scoprilo ora