Chapter forty-three

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Matt

Bevo l'ultimo sorso di Jack Daniels e riguardo, per forse l'ennesima volta, la nostra foto.

Risale a circa una settimana fa. Era una giornata più calda e io e Ally avevamo deciso di andare in spiaggia. Avevamo passato tutto il pomeriggio lì, a fare il bagno, ascoltare musica, scopare.

Ore e ore passate solo a immergermi dentro di lei e nell'azzurro di quei suoi fottutissimi occhi.

È stato pochi giorni prima di partire per Orlando. Mi aveva detto che una volta tornati saremmo venuti di nuovo su questa spiaggia per riprodurre la giornata appena vissuta, eppure seduto sulla sabbia adesso ci sono soltanto io, a ubriacarmi come un dannato alcolizzato da circa un'ora.

Questa è la seconda bottiglia che scolo, ma non riesco a sentirmi meglio.

Dopo ogni sorso mi soffermo infatti a guardare questa dannatissima foto e il bruciore che mi pervade l'esofago viene schiacciato completamente da quello che arde al centro del petto.

È come se avessi un fottutissimo buco, che non riesce in alcun modo a riempirsi o almeno ad attenuarsi.

È da giorni che non faccio altro che pensare a lei.

Ho provato a scriverle, a chiamarla, ad andare in camera sua, ma non ho ricevuto altro che una porta chiusa in faccia. Non mi ha aperto neanche una volta, nonostante non sia uscita un solo minuto dalla stanza in questi giorni.

Ho chiesto a Charlotte di aiutarmi e di convincerla, ma non è riuscita a fare niente neanche lei.

Non vuole vedermi.

Non vuole sentirmi.

E io mi sento impazzire.

Speravo che ubriacarmi mi avrebbe aiutato a togliermi la sua immagine dalla testa, ma mi sbagliavo. Perché non sembra esserci rimedio al dannatissimo dolore che sto provando, e questo mi uccide.

Voglio parlarle, toccarla, sentirla. Mi manca talmente tanto la sua voce che non sto facendo altro che ascoltare gli audio che mi mandava a ripetizione. A ogni messaggio letto o ascoltato e foto vista, qualcosa mi si rompe sempre di più all'altezza del petto e mi induce a provare una rabbia disumana verso me stesso.

L'ho fatta soffrire, Cristo. Le ho mentito per mesi senza la minima esitazione e non ho avuto neanche la possibilità di chiarire.

Apro un'altra bottiglia di Jack Daniel's e ne ingerisco una grande quantità.

Mi servirebbe un consiglio di TJ in questo momento. Saprebbe come tirarmi su e come farmi perdonare da lei. Avrebbe risolto la situazione come sempre, ma dopo ciò che ha fatto non ho la minima intenzione di vedere la sua faccia neppure in una cazzo di foto.

Perciò continuo a consolarmi con l'alcool e con la foto di me e la tigre, fino a quando la suoneria del mio telefono non mi riscuote.

Lo tiro fuori con uno sbuffo e aggrotto le sopracciglia non appena leggo il nome sullo schermo.

Jason.

Rifiuto la chiamata e passo una mano tra i capelli, bevendo un'altro sorso.

I miei occhi si puntano sulla distesa oceanica davanti a me, ma questa vista non fa che tormentarmi ancora di più. È la spiaggia in cui venivamo sempre, quella del nostro primo bacio, quella in cui mi ha raccontato di sua madre, e in cui mi ha detto "Ti amo".

(Un)expectedDove le storie prendono vita. Scoprilo ora