Chapter sixteen

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«Passami il corn!» la voce squillante di Emily, seduta esattamente al mio fianco al tavolo in legno della cucina, riesce a risvegliare senza troppa difficoltà le cellule ancora addormentate del mio corpo.

Sono soltanto le otto del mattino, eppure la piccola ha già iniziato a urlare e a sfoggiare la sua allegria. La sua espressione entusiasta ed euforica è infatti totalmente in contrasto con la mia, assonnata e distrutta. Alla fine ieri sera, dopo che Matt è tornato nella sua stanza, ci ho messo diverso tempo ad addormentarmi. Ho infatti passato circa un'ora a pensare, ricordare e arrovellarmi la mente con una serie di frammenti di passato che questo posto mi ha inevitabilmente provocato.

Per questo in questo momento i miei occhi sono ancora assonnati e i miei muscoli intorpiditi.

Cerco comunque di svegliarmi, sorseggiando il caffè lungo preparato da zia Isobel, la quale è seduta accanto a Matt, proprio davanti me ed Emily.

«Il che?» domanda proprio lui, con le sopracciglia aggrottate.

«Il corn! Lo voglio al cioccolato!»

L'espressione di Matt diventa ancora più confusa, stranita, mentre la mia sempre più... divertita.

«Tieni.» rilascio un sospiro rassegnato e mi sporgo per porgerlo a Emily. Quest'ultima non si pronuncia in ringraziamenti, poiché inizia a mangiare in modo affamato e rapido.

Sorrido, per poi versarmi dell'altro caffè, nella speranza che possa aiutarmi a svegliarmi.

«Quello si chiama cornetto, comunque.» borbotta Matt di conseguenza. «Io l'ho sempre detto che i bambini non sanno parlare...»

Roteo gli occhi al cielo, mentre rido sotto ai baffi per il modo in cui solleva le sopracciglia e sospira.

«Sicuramente sa farlo meglio di te.» lo provoco con un ghigno strafottente.

Lui calamita immediatamente lo sguardo su di me e assottiglia le palpebre. Mi squadra con attenzione, mentre sorseggia il suo caffè e si inumidisce il labbro inferiore.

«Tu invece sei abbastanza silenziosa questa mattina, tigre. Che c'è? Non hai dormito stanotte?»

Sorrido.

Che grandissimo-

«Sono semplicemente andata a letto tardi.» poso i gomiti sul tavolo e porto una ciocca di capelli mori dietro la spalla.

Il suo sguardo viene attraversato da un malsano desiderio di giocare e provocare, per dilettarsi nelle sue solite frasi stuzzicanti e irritanti.

«Oh, e come mai?»

Forse perché ero troppo impegnata a farmi toccare da te.

A ospitarti tra le mie gambe.

A farmi penetrare in modo violento e intenso.

A godere dei nostri corpi fusi l'uno nell'altro come un'impudica e perversa cera.

Mi schiarisco la voce e cerco di tornare alla realtà.

«Stavo cercando di togliere un insetto fastidioso dalla stanza.» rispondo in modo piccato, continuando a guardarlo fisso negli occhi.

«Oh, ecco perché urlavi come una-»

Non gli permetto di concludere la frase, poiché gli colpisco la gamba con un calcio al di sotto del tavolo, e lo guardo in maniera truce.

Gli intimo con un'occhiata di smetterla, riuscendo però soltanto ad accrescere il suo divertimento e il suo compiacimento.

Riesce comunque a recepire il messaggio e, rivolgendomi un semplice occhiolino, fa finta di nulla e interrompe la conversazione.

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