L'attacco

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ADMOND

Le settimane passarono veloci e... stupende.
Vivere di nuovo in quelle stanze mi ricordava i "vecchi tempi", prima della Guerra di Serid.
Tutto mi sembrava nuovo ma già visto, come in un sogno o in un ricordo.
I mio passatempo preferito in quei giorni fu cercare di ritrovarmi sempre accanto ad Helen.
Quella sera, quando l'avevo rivista, non l'avrei riconusciuta se non fosse stato per i suoi occhi color mare: erano quelli di sempre. Ma il resto era cambiato.
Quattro anni avevano trasformato quella ragazza: era diventata elegante, composta, bellissima...
La cosa che più adoravo di lei era la sua risata. Era gioiosa, cristallina, ma sembrava quasi che la volesse tenere solo per sé... mentre io facevo di tutto per ascoltarla. Non mi sarei mai stancato.
Era divertente ricordare le pazzie che avevamo fatto insieme, quando eravamo solo dei ragazzini.
Ma non in tutto il resto delle Isole di Berrel le persone stavano bene come me.
- Purtroppo, ci è giunta notizia di un altro attacco da parte della Regina: il Regno di Tholthrot è caduto, come gli altri...- ci informò il Re di Hellader, durante un pranzo. Sembrava triste...
- Un altro! Ma non è possibile!- disse Helen, preoccupata.
- È già il terzo...
- Il quarto- la corresse mio padre.
- Siamo sicuri che sia stata lei?- chiesi al Re. Era una domanda stupida, ma io ho sempre creduto che la speranza fosse l'ultima a morire.
- Più che sicuri, purtroppo. Ho saputo che un paio di contadini sono riusciti a fuggire ed hanno raccontato la stessa storia di tutti gli altri. Un fulmine, l'attacco di un esercito apparso dal nulla, la Strega di Fulmine che porta il Re fuori dalla Corte, una donna mascherata che lo uccide e si proclama Regina di quel regno...
- Aspetta, io credevo che le streghe non fossero... cattive...- disse Helen.
- Le streghe sono molto più simili alle persone comuni di quanto certuni non vogliano ammettere- le spieghò il padre.
- E come per le persone cumuni, anche per loro esistono il bianco, il nero, e soprattutto il grigio- concluse la madre - Le streghe combattono per i loro motivi. Ora, chi siamo noi per decidere se questi motivi siano "buoni" o "cattivi"?-.
In effetti non le si poteva dare torto... ma il desiderio di potere, come può essere considerato un buon motivo per sopprimere e distruggere?
- Tutto ciò quando è successo?- chiesi, dopo qualche minuto di silenzio.
- Qualche giorno dopo la Cerimonia a Serid. Quattro, da quello che so- rispose il padre di Helen.
- Ma sono quasi passate tre settimane! Come mai lo sappiamo solo ora?!- replicò la ragazza.
- Tholthrot, come sai, è uno dei regni più lontani da Hellader, e anche le notizie di questo genere non viaggiano ad una grande velocità. C'è voluto tempo- spiegò.
Il silenzio calò ancora. Non avevo più appetito. A volte mi capitava di paragonare la mia vita con quella degli altri. Anche se non sono un principe, ho sempre potuto avere tutto ciò di cui avevo bisogno, e anche di più. Ho avuto una casa, una famiglia, un'istruzione, sicurezza... Stavo male se pensavo a quelle povere persone, che cercavano di salvarsi dopo aver magari visto le persone amate morire o essere sottomesse, senza poter lottare. Probabilmente avevano viaggiato solo di notte, con la paura di essere scoperti e la speranza di raggiungere la salvezza... Quanto era giusto che io stesso lì a mangiare tranquillo, quando altri morivano per lo stipido divertimento di una pazza?
***
- Helen?- chiesi bussando alla porta della sua stanza.
Dopo pranzo, ero andato a riposarmi in camera mia, ma poi mi era venuta un'improvvisa voglia di vederla e stare con lei. Perciò ero andato a cercarla lì, ma non c'era.
E l'unico altro posto in cui poteva essere era la biblioteca. Qualche giorno prima mi aveva racconto che quando era turbata per qualsiasi cosa adorava rifugiarsi lì, circondata dai molti volumi sistemati sugli scafali.
Così mi avviai. La calma di quel posto era nota anche a me ed era un bel posto dove parlare.
Quando arrivai, il silenzio era disturbato da uno strano rumore. Mi addentrai lentamente fra gli scaffali; finché
non la vidi. Aveva già diversi libri fra le braccia, e cercava di prenderne un altro (troppo in alto per lei) senza farli cadere.
Mi avvicinai silenzioso alla ragazza, che non mi notò. Poi, le posai una mano sulla schiena e con l'altra presi il libro, sfiorando le sue dita. Provai un brivido, ma cercai di non darlo a vedere. Mi voltai e glielo porsi. Lei non aveva sobbalzato, quando ero arrivato. Non era facile da spaventarla, questo lo avevo imparato molti anni prima.
Mi guardò con i suoi occhi intensi. E sentii. Sentii l'improvvisa voglia di chinarmi su di lei, un po' di più, un po' di più... fino a posare finalmente le mie labbra sulle sue...
No. Non sarebbe stato giusto. Lei non aveva mai dimostrato niente. Certo, era stata gentile, come si potrebbe essere con un ospite...
- Grazie...- mi disse sorridendo e prendendo il libro - Come mai sei qui?-.
- Emm...- No. Non le avrei detto la verità: - Volevo prendere... questo libro!- ne afferrai uno a caso, lì vicino.
- Ti piacciono... le storie di guerre e massacri?- chiese scettica.
Lessi il titolo: "Teschi sulla mia città"... proprio quello dovevo
andare ad a prendere?
- Emm... certo... direi...- provai a mentire...
- Ok... allora ti lascio alla tua lettura... gotica- disse voltandosi e scomparendo di nuovo tra gli scaffali.
Guardai il libro che tenevo in mano, con la lugubre copertina rovinata e le pagine ingiallite.
- Stupido libro...- gli dissi, prima di sentire una lieve risata e aver intravisto dei boccoli dorati scomparire dietro un angolo...
***
Passarono alcuni giorni, e non
arrivò nessuna nova notizia riguardo la misteriosa "Regina" e i suoi attacchi. Forse aveva ottenuto ciò che voleva o, meglio, era stato trovato il modo di fermarla... Sta di fatto che fu difficile per me preoccuparsene, sprattutto quando ero con Helen...
- Scommetto che sono ancora più veloce di te...- le dissi.
- Cosa?
Stavamo passeggiando insieme nel giardino, quando mi erano tornate in mente le gare che facevamo da piccoli.
- Le gare, quelle in cui...
- Sì, sì, mi ricordo ma tu non eri più veloce di me!- mi interruppe la ragazza.
- Come no!- protestai.
- Ricordo bene che a volte vincevo anch'io...
- Ma di poco- precisai.
- Anche tu vincevi di poco, sai?
- Sì, ma non conta...
- Ah, bene. Quindi conta per me ma non per te?- chiese.
- Emm, sì?- risposi per farla arrabbiare.
- Uomini...- disse alzando gli occhi al cielo.
Il suo abito azzurro frusciò mentre scattava in avanti.
- A chi arriva prima alla siepe, lumaca!- gridò.
- Ehi! Cosa... non vale!- protestai mentre iniziavo a correre.
Helen rideva, rideva come non faceva da tanto tempo, da quattro anni. Ogni tanto si voltava per vedere dove mi trovavo. Anch'io non riuscivo a fare a meno di ridere.
La raggiunsi e le presi il braccio, per fermare la sua corsa. Entrambi perdemmo l'equilibrio e rotolammo a terra. Finemmo distesi a pancia in su, uno accanto all'altra, mentre ci faceva male la pancia da quanto ridevamo.
Mi concessi di osservarla, mentre lei guardava pensierosa il cielo.
I capelli biondi erano sparsi sull'erba fresca e morbida. Gli occhi luminosi scrutavano i ciuffi di nuvole. La pelle liscia e morbida. Il petto si alzava e abbassava velocemente, dopo la corsa. Era diventata bellissima.
Sapevo che avrei potuto fissarla all'infinito, scrutando i delicati contorni del suo viso e chiedendomi: "Avrò mai il coraggio di confessarle quello che provo?".
- Segreti e nuvole- disse all'improvviso.
- Come?- chiesi confuso.
- Ti ricordi quando stavamo distesi, come adesso, proprio in questo giardino, e quando uno dei due riconosceva un oggetto nella forma di una nuvola, l'altro doveva svelare un segreto?
- Possibilmente imbarazzante... Sì, ora ricordo. Quante risate...
Helen si voltò verso di me: - Ti va di giocare?- mi chiese, con un vispo sorriso sulle labbra.
- Perchè no?
Entrambi iniziammo a guardare il cielo. C'erano abbastanza nubi, e forse, con un po' di fantasia...
- Uh, guarda quello è un gigante- dissi indicando una nuvola - Il primo segreto tocca a te.
- Non è vero! Quello non è un gigante: gli manca una gamba!- protestò lei.
- Ferita di guerra?- proposi. Helen mi guardò male.
- Ok, ok. Questa non conta. In effetti, gli manca proprio una gamba...- mi arresi.
Lei rise e continuò a guardare in alto. Dopo un po', puntò il dito verso una nuvola: - Quella è una fenice...- disse.
La nuvola che aveva indicato aveva la forma di un grande volatile e i raggi del sole spuntavano dalle sue ali..
- Oddio, è veramente una fenice-
confessai.
- Bene- disse lei - Ora tocca a te.
Mi guardò negli occhi. "Ti amo", fu il primo segreto a cui pensai. Ma che cosa sarebbe successo?
- Vediamo... quando avevo quindici anni, dalla finestra della mia cameretta spiavo una ragazza, di cui pensavo di essere innamorato. Un giorno lei se ne accorse, e mi chiese di smetterla. Ma io non lo feci. Così, una bella mattina, mentre sapeva che la stavo guardando, ha preso il fidanzato e lo ha sbaciucchoato per bene. Così, oltre al cuoricono spezzato, mi sono anche ritrovato gli occhi rovinati per sempre...- raccontai invece.
- Oh, poverino! È stata davvero stupida quella là...- commentò.
- Perchè?- chiesi.
- Beh, se un ragazzo come te... insomma, era una cosa dolce... io sarei stata... lusingata, direi...- lei arrossì leggermente, e io non sapevo che dire. Che cosa intendeva con quelle parole?
- Che cosa ci fate lì per terra?
- Mamma!- protestò Helen mettendosi a sedere - Che cosa ci fai qui?
- Ho pensato che voleste sapere che la cena è pronta. Non volevo interrompere niente...- rispose.
La ragazza avvampò ancora di più: - No... adesso arriviamo- disse alzandosi.
Mi alzai anch'io e le seguii all'interno del castello.
- Oh, finalmente, dove eravate voi due?- chiese mio padre quando entrambi entrammo nella sala da pranzo. Aveva uno strano sorriso, che a dire il vero mi dava alquanto fastidio...
- Nei giardini- risposi.
- Beh, ora siamo tutti qui. Possiamo mangiare- disse Helen.
Fu una cena piuttosto tranquilla, anche se ogni tanto mio padre mi lanciave degli strani sguardi. E se credeva che io riuscissi a capire cosa voleva dirmi... beh, si sbagliava di grosso.
- Bene, perchè noi non andiamo nel mio studio a parlare... di quella cosa?- chiese il Re di Hellader a mio padre.
- Oh, volentieri- rispose lui.
- Vengo anch'io. Vorrei avere più esperienza con gli... affari del Regno- disse la Regina.
- Anche a me piacerebbe assistere alla conversazione- concluse mia madre.
- Bene, allora noi andiamo, ragazzi divertitevi!
E così dicendo, uscirono tutti e quattro.
- È una mia impressione o stanno tramando qualcosa?- chiesi ad Helen quando fummo soli.
- Non saprei...- rispose.
Rimanemmo qualche minuto in silenzio, guardando ognuno il proprio piatto.
- Ti va di vedere una cosa?- mi chiese lei ad un tratto.
- Oh, certo...- risposi.
Si alzò e la seguii lungo i corridoi e le sale della Corte.
- Non so perchè non te l'abbia ancora mostrata- disse mentre iniziava a salire le scale a chiocciola di una torretta - Questo è il mio terzo posto preferito...
- Hai fatto la classifica?- domandai, ma lei continuò come se non avessi proferito parola...
- La prima è la biblioteca...
- Abbastanza ovvio visto che ci passi metà del tuo tempo...
- La seconda è la sala principale...
- Perchè?
- Shhh, fammi parlare!
Finalmente arrivammo davanti ad una porta di legno.
- La terza...- disse aprendola ed entrando nella stanza- La mia serra...
La seguii, e mi ritrovai in mezzo a rigogliosi cespugli, profumati fiori, piccoli alberi e colorati frutti. Le mille tonalità di verde creavano un'atmosfera magica e paradisiaca. Tutto intorno, le enormi vetrate lasciavano passare la luce del tramonto e, permettevano di vedere quasi tutta la città di Hellader...
Helen si avvicinò ad uno stupendo vaso di fiori rosa.
- Sai, quando avevo 10 anni, avrei tanto voluto curare io il giardino, ma i miei genitori sapevano che probabilmente avrei combinato solo guai. Così mi regalarono questa torre e mi affidarono il compito di costruire la serra più bella del regno...
- Beh, direi che ci sei riuscita: è stupenda!- le dissi.
Le smise di giocare con quei fiori e si voltò verso di me. Mi sorrise, e io sentii il cuore sciogliersi.
Le parole mi uscirono senza che io potessi trattenerle: - Quando oggi abbiamo giocato a... segreti e nuvole, il segreto che ti ho raccontato non era quello a cui avevo pensato inizialmente...
- E qual era allora?- mi chiese. Non sembrava stupita da quella rivelazione. Fece qualche passo avanti, verso di me. Così facendo, lo scialle che indossava sopra al corpetto bianco lasciò intravedere un ciondolo d'argento, diverso da qualsiasi ciondolo io avessi mai visto. Quello sembrava raccontare una storia: mi parlava di imponenti montagne, cieli immensi, fiumi impetuosi, di fuoco che brucia e distrugge... Ma non era quello che importava, in quel momento.
O almeno così credevo...
- Io volevo dirti... che sono innamorato di te. Che in queste ultime settimane ho provato qualcosa di nuovo e... stupendo. Ma se tu non provi niente... non importa: io posso capirti...
- Idiota...- disse.
Io la guardai, pronto a vedere uno sguardo disgustato... invece sorrideva.
- Perchè mai non dovrei provare le stesse cose?
Un sorriso mi increspò il viso. Le posai delicatamente le mani sui fianchi e la avvicicai a me. Il cuore mi batteva a mille e facevo fatica a respirare. Socciuse gli occhi e io mi chinai su di lei.
Le nostre labba stavano per toccarsi, quando con la coda dell'occhio vidi un fulmine attraversare il cielo cosparso di nubi. Ma questo fulmine non era partito da una di queste... era partito da terra.
- Che cos'era?- Anche Helen se ne era accorta.
Ci avvicinammo alla vetrata. Anche se era molto lontana, riuscivo a distinguere una figura, proprio da dove era partito il fulmine.
Improvvisamente, le campagne intorno alla città si riempirono... di soldati.
- La Regina...- sussurrò Helen.
Improvvisamente, mi tornò in mente un particolare che avevo imparato sugli attacchi organizzati da lei: nessuno dei regali soprevvive.
Un urlo di guerra si levò dall'esercito che si riversò sulla città. Un altro fulmine viaggiò fino ad una delle piazze principali, non lontano dal castello... la Strega di Fulmine.
- Devo avvertire i miei genitori...- disse la ragazza, andando verso la porta. Sembrava terrorizzata...
- No!- dissi afferrandole un braccio - Ormai se ne saranno accorti e tu devi stare al sicuro. Vado io. Tu... tu chiuditi a chiave e non uscire per nessuna ragione!
- Ma...
- Niente "ma", capito? Ti prego, resta qui...- la supplicai.
Helen rimase un attimo immobile... poi annuì.
Io le sorrisi e mi diressi alla porta: - Torno a prenderti...- le dissi prima di chiuderla. Sperai che facesse come le avevo detto.
Scesi le scale di corsa e mi diressi verso la mia camera. Frugai nell'armadio e presi la mia spada. Era stato un regalo di papà e la portavo sempre con me. Mi ero sempre allenato con quella ed era una delle migliori spade di tutte le Isole di Berrel... le avrei portato onore.
Corsi di nuovo, più veloce che potevo, verso la porta di entrata.
- Ad!- mi chiamò mio padre
- Dove vai!
- A combattere! Non mi arrenderò facilmente!- risposi.
Lui mi guardò un attimo, poi disse: - Le guardie si stanno già radunando dal portone: raggiungiamoli.
Gli sorrisi e ripresi a correre.
Quando arrivammo, i soldati di Hellader si stavano preparando davanti alla Corte. Erano pronti a combattere, ma potevo leggere la paura nei loro occhi. Anche il Re era lì, pronto a morire per la patria.
Dalla città arrivavano le grida della morte e della guerra.
I prestel volavano sulle case, lasciando cadere massi e tegole. Avevo sempre odiato quelle creature. Assomigliavano a pipistrelli, ma a volte erano il doppio di un uomo. Il viso e le immense ali erano quelle dell'animale, ma il corpo, anche se ricoperto di pelo, era umano. Mani e piedi erano dotati di grossi artigli. Anche se sono praticamente ciechi, il loro udito non è paragonabile a nessun altro essere conosciuto.
Aspettammo.
Ma non molto. Cavalieri vestiti di nero ed enormi orchi emersero da dietro le ultime costruzioni prima del castello.
Quello che successe fu veloce ed indistinto.
Il rumore di metallo contro metallo e le urla. L'odore di sangue e fumo. Il grigio delle corazze e il nero dei mantelli. Il feddo dell'elsa sotto le mie dita e lo sforzo di ogni muscolo del mio corpo di colpire e sopravvivere.
Le persone cadevano a decine.
La disperazione cresceva nei guerrieri costretti ad arretrare.
Molti nemici morivano sotto i nostri colpi, ma non abbastanza, non in numero sufficente...
Io non capivo più niente.
Roteavo la mia spada cercando disperatamente di colpire chiunque non fosse dei nostri. In testa avevo solo il pensiero che avrei dato la mia vita per proteggerla... per proteggere Helen.
I prestel si unirono alla battaglia, lanciando oggetti e attaccando in picchiata, affondando i denti dove l'armatura non copriva la carne viva. Da vicino, sembravano ancora più grandi.
Affondai la spada in uno di loro. Il suo sangue, quasi nero tanto era scuro, mi schizzò tutto.
Ma non avevo tempo di esserne disgustato.
All'improvviso, la battaglia si fermò, per qualche secondo. Un'intensa luce color zaffiro si accese da una delle torri del castello, talmente abbagliante da essere quasi accecante.
Brillò ininterrotta per diversi secondi e probabilmente era ben visibile da tutta la città.
Giuro che il mio cuore saltò un battito quando questa si spense e vidi che veniva dalla torre della serra...

LA CORTE DI SERID  La stregaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora