All'orizzonte

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KALY

Mi addentrai nel bosco, la fresca aria del mattino che soffiava tra le foglie.
Il ritrovamento della sera precedente mi aveva molto preoccupata, perchè sapevo che i banditi potevano essere pericolosi e conoscevano bene il loro territorio. Sapevano muoversi silenziosamente, arrampicarsi con destrezza, confondersi con l'ambiente che li circondava e soprattutto non avevano di certo scupoli...
Ma quelle cose le sapevo fare bene anch'io.
Ormai da due anni, dopo la Guerra di Serid, era stato quello il luogo nel quale ero vissuta.
Le piante, gli animali, i suoni... Avevo imparato a riconoscerli, imitarli e distinguerli. Sapevo muovermi con la grazia e il controllo dei predatori, nascondermi e scattare con la velocità delle prede. Sapevo mimetizzarmi, arrampicarmi, procurarmi del cibo e dell'acqua.
Per due anni avevo vagato senza meta attraverso intricati grovigli e pericolose distese di alberi, ma solo successivamente mi sarei accorta che avevo imparato a riconoscevi una casa, in quei luoghi.
La foresta mi aveva cambiata, rafforzata.
Io ero una delle sue creature. Sarebbe stato sciocco negarlo.
Anche se era difficile, riuscivo a captare e riconoscerne tutti i suoni, le voci, i silenzi... Perchè io ero una di quelli. E quel mattino non percepivo nulla di anomalo. Il canto degli uccelli, il fruscio degli alberi: era tutto così tranquillo. Maledettamente tranquillo...
E io avevo imparato ad aspettarmi il peggio dalla tranquillità: era solo una pausa prima della tempesta.
Arrivai davanti ad una grande quercia, i piccoli rametti caduti che scricchiolavano debolmente sotto i miei piedi.
Presi la rincorsa e mi aggrappai ad uno dei rami più in basso. Usai lo spesso tronco dell'albero per darmi una spinta e mi riuscii a mettere in piedi. Iniziai ad arrampicarmi velocemente, verso l'alto, facendo attenzione a non danneggiare la pianta. Man mano che salivo i rami si facevano sempre più sottili, mentre le foglie mi accarezzavano delicatamente il viso. Poi la chioma dell'immenso albero si aprì davanti a me, schiudendosi alta sopra la foresta. I colori delle foglie si rincorrevano in quella distesa di verde, mentre il vento le muoveva e faceva apparire il tutto come un grande mare. All'orizzonte, riuscivo a distinguere il profilo frastagliato delle Grandi Montagne, che si estendevano imponenti da Ovest ad Est. La neve che di solito ne ricopriva le cime si era sciolta sotto i caldi raggi del sole estivo. Presto le avremmo raggiunte e percorse. Speravo solo che andasse tutto bene...
In quel momento (visto che è risaputo che l'universo è clemente con me e mi lascia sempre in pace), sentii gridare: - Leli!-. Era Admond.
Senza pensarci due volte iniziai a ridiscendere il più velocemente possibile, saltando da una parte all'altra. Mi lasciai cadere, arrivando al suolo, facendo una capriola e rimettendomi in piedi.
Giurai che se fosse stato solo un falso allarme, avrei provveduto io a metterli in serio pericolo, e solo con la mia presenza...
Eppure qualcosa mi diceva che dovevo correre, correre più forte che potevo, senza fermarmi.
Finchè non sentii il rumore di un duello.
Gli alberi si aprirono finalmente davanti a me, regalandomi la visuale dello stesso luogo in cui avevo lasciato i miei compagni... Solo che adesso c'erano due persone in più.
Ad stava duellando contro un bandito, Crasis che fendeva abilmente l'aria. Mi lasciai brevemente al pensiero che fossi veramente un ottima insegnante, ma poi vidi un'altro uomo abbassare un pugnale sopra una figura stesa a terra: Leila...
D'istinto scattai verso di loro, afferrai il polso del bandito e usai la sua stessa spinta per rovesciarlo. L'uomo cadde rumorosamente sulla schiena, il coltello che gli scivolava di mano. Mi voltai. Admond aveva momentaneamente disarmato il suo avversario ed era corso a vedere se la ragazza stava bene, ma il bandito aveva tirato fuori un'altra arma e si stava dirigendo verso i due. Leila lo vide da dietro le spalle dell'amico e gridò. Io sfilai velocemente la mia Spada e la feci ruotare in aria. Come sempre sentii come se il Fuoco ardesse dentro di me, come se scorresse nelle vene al posto del sangue. La misera arma dell'altro si frantumò quando incontrò la mia. Sul viso dell'uomo si dipinse la sorpresa e la rabbia (il che mi diede una buona dose di soddisfazione).
Rimase lì a fissarmi, come anche l'altro bandito, che nel frattempo si era rimesso in piedi e respirava in malo modo a causa della botta che aveva dato.
- Andatevene- gli suggerii sicura.
- Oppure...?- chiese spavaldo il primo.
- Oppure...- io sostenni i loro sguardi, un lieve sorriso che si inarcava sulle labbra - ... farete una brutta, brutta fine- conclusi.
- Non abbiamo paura di te, Strega- disse il bandito che aveva cercato di uccidere Leila, pronunciando l'ultima parola con disprezzo.
Detesto quando mi chiamano così...
Sentii il calore del Fuoco percorrermi tutto il braccio, dalla spalla fino alla mano. Poi la Spada si accese, le fiamme che ardevano vive, luminose. Anche la mia pelle prese fuoco, ma io non sentivo alcun dolore, la mia carne non bruciava: - Dovreste.
I due cercavano di nascondere la paura, ma la paura è un dipinto indelebile sui nostri volti, e io la loro riuscivo a vederla tutta...
Parlai di nuovo, scandendo ogni parola: - Ripeto: andatevene. Oppure la pagherete molto cara. Quindi: siate furbi. Andatevene immediatamente, e fate in modo di non trovarvi più sulla nostra strada. Mi sono spiegata o volete una dimostrazione pratica?-.
I due si guardarono l'un l'altro, i volti rossi dalla rabbia. Ci fu un minuto di silenzio, poi finalmente i banditi parlarono di nuovo: - Ce la pagherai, Strega...-.
Si voltarono e iniziarono a correre, scomparendo di nuovo nel bosco.
Aspettai che il rumore dei loro passi si fosse disperso in lontananza, quindi rimisi a posto la Spada e mi voltai.
Sia Leila che Admond mi guardavano, la prima con una mano sul fianco, il secondo chinato su lei come per aiutarla.
- Di preciso, quale parte di 'Fate attenzione' non avete afferrato?- chiesi io.
Loro si guardarono, gli sguardi colpevoli: - Ci dispiace, Kaly- disse Leli.
- Ci hanno colto di sorpresa...- si giustificò il ragazzo.
- Vorrei solo farvi notare, che se non ci fossi stata io, oggi, sareste morti entrambi!- continuai.
I due non riuscirono a reggere il mio sguardo e lo abbassarono: - Grazie. E scusa. Come possiamo farci perdonare?- mi chiesero.
Alle loro parole, così dispiaciute, sentii una strana sensazione, nel petto, che non riesco a descrivere: - La prossima volta, fate più attenzione. Io non parlo soltanto per dare aria alla lingua- dissi. - E ora in piedi: il viaggio è ancora lungo, e non abbiamo tutto il tempo del mondo. In marcia.- li incitai.
Era vero, purtroppo. C'era ancora tanta strada da fare e non potevamo permetterci di adagiarsi sugli allori.
Inoltre, avevo anche la netta sensazione che quella non sarebbe stata la tranquilla passeggiata che avevo sperato...

LA CORTE DI SERID  La stregaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora