Capelli bianchi

21 2 2
                                    

HELEN

- Oh, sul serio? I tuoi genitori, dici? Credo che tu debba sapere che ormai, Hellader, non esiste piú: adesso é solo un altro dei tasselli che formeranno il Nuovo Regno. Inoltre, dopo che sei svenuta, io mi sono personalmente occupata di mammina e paparino. Non puoi immaginare quanto bel sangue, e le grida, poi. Divine... É stato particolarmente divertente, soprattutto perché continuavano a chiedere della loro povera figlioletta. Dovevi sentire quanto erano disperati... Ma non ti preoccupare, tesoro: ci ho pensato io a porre fine alle loro sofferenze... Dovresti addirittura ringraziarmi, invece di gridare come una bambinetta. Sbagli a credere nelle altre persone. Ti senti piú forte, vero, pensando che il tuo principe azzurro arriverá sul suo magnifico destriero a liberarti dalla Strega cattiva? Beh, invece sei solo patetica...-. Rise...

- No... no... NO!
Mi buttai di nuovo con tutto il mio peso sulla porta, ma anche questa volta questa si incurvò appena e mi ributtò all'indietro.
Io rimasi a terra, la ferita sulla spalla dolorante e le guance rigate dalle lacrime.
- Mamma... papà...- sussurrai.
Io volevo solo che mi sentissero, che fossero lì con me. Volevo che mi stringessero come quando ero piccola ed ero triste, che mi ripetessero ancora una volta che sarebbero sempre rimasti al mio fianco.
E invece non c'erano, e non ci sarebbero mai più stati...
Sembra una cosa così infantile, vero? Invece non lo era.
Non credevo che potessero mancarmi così tanto, che potessi sentirmi così sola, abbandonata.
Perchè capiamo quali sono le cose importanti solo quando le perdiamo?!
Un poco alla volta riuscii a rimettermi in piedi, la vista sfuocata a causa delle lacrime.
E forse fu proprio a causa delle lacrime che il tramonto di quella sera mi sembrò così accecante.
Mi avvicinai di più alla finestra sbarrata che illuminava di arancione quella scura stanza, cercando di asciugarmi un po' le lacrime.
La città ormai rasa al suolo dalle truppe della Regina sembrava quasi prendere per un attimo fuoco, ancora una volta, quando gli ultimi raggi del sole dipingevano la cenere di rosso.
Il tramonto...
Ricordavo bene come, pochi giorni prima, avevo visto l'alba nascere e come mi ero sentita bene, salva, come ciò mi avesse dato la possibilità di sperare.
E ancora meglio ricordavo un tramonto di ormai otto giorni prima, ad Hellader...

- Quando oggi abbiamo giocato a... segreti e nuvole, il segreto che ti ho raccontato non era quello a cui avevo pensato inizialmente...
- E qual era, allora?
- Io volevo dirti... che sono innamorato di te. Che in queste ultime settimane ho provato qualcosa di nuovo e... stupendo. Ma se tu non provi niente... non importa: io posso capirti...
- Idiota... Perchè mai non dovrei provare le stesse cose?

Sentii un'altra lacrima scivolare lungo lo zigomo.
Ma allora perchè non sei qui, Admond?
Mi sentivo abbandonata, come se tutti si fossero dimenticati di me.
E mi sembrava come se quegli ultimi sette tramonti avessero portato via con sè, insieme alla luce, anche un po' di speranza. Ogni giorno, pensavo che fosse la volta buona, che di lì a poco sarebbe arrivato qualcuno a salvarmi, e che io sarei potuta essere di nuovo libera e sarei tornata finalmebte a casa.
Casa... Ormai non esisteva più un posto che avrei potuto chiamare così...
Avevo perso tutto quello che amavo, quello che mi stava più a cuore... Era rimasto tutto solo un ricordo. Il mio.
Sentii dei rumori ed infine quello della serratura della porta che scattava. Con la coda dell'occhio vidi la porta aprirsi, lasciando entrare nella stanza la Strega di Fulmine, e per poi richiudersi.
Io non mi voltai, neanche quando lei iniziò a parlare: - Allora, le guardie mi hanno detto che stai provando a sfondare la porta...- iniziò. - Sinceramente non la trovo un'idea così originale ed intelligente, visto che fai solo del male a te stessa...
- Perchè? Ti importa se stò bene o no?- sussurrai.
- Hai ragione: non me ne potrebbe fregare di meno- ammise molto tranquillamente - Ma che mi piaccia o no, io sono personalmente responsabile di te, e non mi va di sentirti ancora frignare. Non mi sembra che tu sia stata trattata così male in questi giorni, o mi sbaglio?-.
In effetti era vero, ma quella era anche una delle cose che più odiavo di quel posto. Ogni giorno delle domestiche mi portavano dei pasti caldi, dei vestiti puliti e delle candele per illuminare la stanza. Quando volevo mi preparavano un bagno caldo, oppure venivano a medicarmi le ferite sulla spalla o sul fianco, che ormai avevamo iniziato a guarire. Mi chiedevano sempre se avessi bisogno di qualcosa, e la loro disponibilità mi sembrava così innaturale...
- Se non te ne importa nulla di me, allora perchè non mi lasci andare?!- le chiesi supplicante.
- Ehi, non sono io qui che dò gli ordini...- disse per tutta risposta - E poi, se il tuo amichetto medico non avesse cercato di fregarmi, tu saresti già libera come un fringuello. Ma grazie al suo giochetto, tu rimarrai qui almeno altre tre settimane-.
- Dimmi almeno perchè sono qui- le domandai in un sussurro.
- Non ci sei ancora arrivata?- replicò la Strega avvicinandosi - Beh, prova un attimo a pensare: qual è l'unica cosa che ti è stata lasciata da quando sei arrivata qui?
Io portai senza pensaci le dita al mio petto, e sentii il freddo metallo del mio ciondolo sotto di esse. Le mie gambe cedettero e mi lasciai cadere sul letto.
Che la Regina fosse veramente Lei? Ma in tal caso, come aveva fatto a scoprire che il ciondolo ce l'avevo io?
- Devo ricordarmi di farmi dare questa stanza, quando tu te ne sarai andata-. La Strega si era avvicinata alla finestra e stava rimirando la Città Morta sotto di noi: - Ha una vista assolutamente fantastica...-. Io non potei fare a meno di notare come la luce rossa del tramonto giocasse sui suoi capelli bianco-argento.
- Posso farti una domanda?- le chiesi allora, renza riuscire a trattenere la curiosità.
Lei mi guardò per un po', forse sorpresa, ma poi fece spallucce ed accettò: - Falla.
- Hai sempre avuto i capelli bianchi e gli occhi grigi?- le chiesi, allora.
Lei fece una mezza risata, divertita dalla domanda, ma poi mi rispose: - No, non da sempre. Un tempo avevo i capelli castani, ma ogni volta che usavo i miei poteri- aggiunse sfiorando la sua Spada -... una ciocca diventava bianca. E così eccomi qua. Invece, gli occhi, sono sempre stati del colore delle tempeste. Anche per questo, mi chiamano Extelle...
- Quindi non è il tuo vero nome?- le domandai ancora.
Lei mi guardò in modo strano, come se si fosse appena accorta di avermi rivelato troppo.
- No- disse solo, voltandosi ed avviandosi di nuovo verso la porta. Poi bussò alla porta e aggiunse, mentre sentivo di nuovo le guardie aprirla: - Beh, direi che adesso posso andare. A presto!-.
Sparì di nuovo, mentre la serratura scattava, rinchiudendomi di nuovo in quella stanza.
Sentii il metallo freddo sotto i miei polpastrelli e guardai in basso: avevo portato inconsciamente le dita al mio ciondolo. Sembrava ieri che mio padre me lo aveva messo al collo, quattro anni prima, facendomi promettere che l'avrei sempre portato con me, nascondendolo e proteggendolo...
Ma avevo fallito.
Se veramente la Regina era la persona che pensavo, allora non c'era più niente da fare.
E Lei sarebbe tornata forte come un tempo...

LA CORTE DI SERID  La stregaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora