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Era il primo venerdì mattina di novembre, dal cielo cadevano vorticosi piccoli batuffoli di neve. Dalla finestra entrava nella stanza una luce biancastra che illuminava tutto, dalla piccola figura rannicchiata sotto le coperte, al mucchio di vestiti nell'angolo della camera.

La sveglia sul comodino cominciò a gracchiare insistente, erano ormai le sette: addio Morfeo!

Bonnie cominciò a dar manate di qua e di là per zittire la Macchina Infernale, facendo cadere il diario a terra. La notte precedente era rimasta sveglia fino a tardi a scrivere, non riusciva a farne a meno. In quei due mesi, si sentiva diversa e stava cominciando a capire determinati aspetti di se stessa, sfumature, che prima non aveva mai colto. O forse non vi si era mai davvero soffermata. Cose le piaceva? Perché non se l'era mai chiesto prima? Cosa doveva fare una volta trovata la risposta? Nel suo diario, girovagavano domande come queste continuamente; l'aveva comprato il mese scorso e l'aveva già finito. Intere pagine bianche straripanti pensieri d'ogni tipo, costretti ad esser sigillati dall'inchiostro tra le fibre più profonde del suo essere. Bonnie si sentiva fuori luogo, completamente, innegabilmente, irreparabilmente.

Si alzò dal letto, poggiando i piedi e piegando la testa sulle ginocchia. La tenne stretta tra le mani per un tempo lunghissimo, sperando che almeno per quel mattino il capogiro non le facesse visita. Mentre alzava la testa e realizzava di potersi alzare in piedi, si accorse del diario sul pavimento e subito lo raccolse. Nello stringerlo al petto, si sentì abbracciata da braccia forti e calde. Non si era mai voluta bene, ma in quel diario, in quei fogli di carta, aveva trovato chi riusciva ad amarla come lei non avrebbe mai fatto. Era più di pagine rilegate, pronte per esser impiastricciate da una penna; era tutto un mondo che le si manifestava davanti. Ogni bellezza insita in lei, si mostrava fiera in quel luogo. Forse era proprio questo il potere degli scrittori, si disse, raggiungendo il bagno con passo strascicato. Scrivere è arte di pochi, bisogna ricordarlo sempre, perché tutti sanno mettere assieme una frase piena di aggettivi, ma pochi riescono a far viaggiare insieme tutte le parole.

"Bonnie!" - urlò Beatrice, sul pianerottolo.

La voce di sua madre, riportò la ragazza con i piedi per terra, facendole notare solo in quel momento che era riuscita ad arrivare sana e salva in bagno e si stava lavando i denti. Da un po' di tempo, le sue azioni andavano in automatico, ogni tanto si svegliava per qualche minuto e si rendeva conto di quello che stava facendo, ma tornava subito a quel senso impermeabile di torpore. Non le dispiaceva, in questo modo poteva proteggersi da sentimenti indesiderati o da pensieri indesiderati. Ana. Quella ragazza dagli occhi scuri popolava i suoi sogni da quando l'aveva incontrata. Non riusciva a liberarsi del pensiero di lei nemmeno per un momento, era il suo chiodo fisso. Forse perché aveva provato una sensazione che nessun'altra persona le aveva fatto provare. Nemmeno Link con il suo bacio aveva scatenato in lei quello che aveva scatenato Ana con una sola parola. E se questo all'inizio aveva suscitato in B una certa preoccupazione, adesso si sentiva solo inquieta nel continuare a pensare a quel modo ad Ana.

Voleva rivederla e finalmente il momento era giunto. Dopo due mesi, quel venerdì sera avrebbe potuto vederla.

Link le aveva parlato di una festa in un hotel abbandonato fuori città ed aveva aggiunto che Ana sarebbe tornata da un viaggio con suo fratello il mercoledì di quella settimana. Erano stati in un paesino vicino Parigi, dove Josh lavorava. Aveva voluto portare la sorella con sé per farle cambiare aria, per mostrarle un altro pezzettino di mondo.

Be', questo aveva spiegato perché non l'aveva vista nemmeno ad una festa, nonostante il suo gruppo – di cui aveva conosciuto tre o quattro persone, escludendo di Link – vi prendesse parte.

Bonnie sputò nel lavandino, sciacquandosi poi il viso un paio di volte. Ma nemmeno l'acqua l'avrebbe aiutata a svegliarsi un po', era troppo presa dal pensiero di poter vedere Ana. Quando Link, qualche giorno prima, le aveva detto che la ragazza avrebbe partecipato alla festa, per poco B non si era messa a saltare esultante per tutto il parcheggio della scuola. Tra l'altro, aveva scoperto che Ana avrebbe cominciato a frequentare la loro stessa scuola, dato che si era appena trasferita da un altro istituto perché non stava attraversando una bella situazione. Che fosse perché l'avevano presa di mira? Per il fatto che fosse gay? B aveva sempre odiato il bullismo e le discriminazioni, ma da quando aveva conosciuto Ana, il suo senso della giustizia si era quadruplicato. Come si poteva prendere in giro qualcuno per il suo orientamento sessuale? Come si poteva anche solo pensare di insultarlo o – peggio ancora – picchiarlo? C'è un detto che dice: "Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te". Allora perché non seguirlo davvero? Insomma, alla fine cosa fanno i gay per essere trattati con tanta cattiveria? Sono persone e come ogni persona hanno cuore, polmoni. Cos'hanno di diverso? Non importa che tu sia maschio, femmina, trans sei una persona e come tale devi essere trattata. Non vai contro natura, non hai fatto niente di male. Vai bene nel modo in cui tu senti di andar bene, perché è con te stesso che dovrai camminare tutta la vita, non con gli altri. Quindi, amati e accettati, perché chi ti vuol bene, chi ti ama, ti accetta.

Bonnie corse alla fermata dell'autobus, rimpiangendo di non avere un'auto. Jenna stava correndo dalla direzione opposta verso la stessa meta di B. Chissà perché si ritrovavano sempre a metà strada, che fosse fisicamente che metaforicamente. Era questo il potere di una vera amicizia?

"Ehi musona!"- la salutò l'amica, circondandola in un abbraccio.

Jen aveva intuito ci fosse qualcosa che Bonnie non le diceva, ma non aveva fatto domande. Aveva deciso di rimanere ad osservare e ad aspettare che l'amica decidesse da sola quando parlarle.

"Smettila di chiamarmi così, ossigenata" - si difese B.

"Non torniamo sull'argomento, per favore! Quella incompetente ha sbagliato a farmi le meches. Volevo giusto qualche ciocca più chiara, invece lei ha capito male e adesso mi ritrovo biondissima! Non posso ancora crederci!". Jenna cominciò a gesticolare irritata, scuotendo appena il caschetto biondo.

Per quanto B la prendesse in giro, non poteva negare che l'amica era bellissima anche con i capelli di Barbie. E lei odiava Barbie, ecco perché non avrebbe mai nemmeno indossato una parrucca bionda in vita sua.

"Sei pronta per stasera? Hai chiesto a Will se vuole unirsi?" - chiese B, cercando di mascherare l'ansia che la dominava.

Quel mattino aveva indossata i suoi jeans preferiti, tutti consumati, con un maglioncino blu notte che le aveva regalato sua madre. Le andava largo, ma a lei piaceva così, di modo che non si vedessero le forme tonde del suo corpo.

"Certo! Will ha detto che se vuoi venire con noi, non ci sono problemi, anzi gli farebbe piacere. È un po' che non ti vede. In ogni caso, non so ancora cosa indossare! Credo che per il freddo che fa, sarò costretta a tirar fuori dall'armadio il vestito più pesante che ho!"- esclamò ridendo l'amica.

"Hai ragione, ma cosa ti aspettavi? Nell'ultima settimana ha nevicato tantissimo...speriamo che per stasera la neve ne abbia abbastanza di venir giù. Ad ogni modo, verrò con Link alla festa, perciò potresti chiedere scusa a Will da parte mia?".

"Certo, anche se non appena gli sarai a tiro, ti farà un discorso con i fiocchi!" - rispose l'amica ridendo.

"Povera me.." - disse B, portandosi una mano sulla fronte.

"Ecco l'autobus, finalmente!".

Ed è ecco l'inizio di un altro eccitante giorno di scuola!, pensò B, salendo sul mezzo. Passa in fretta mattina, passa in fretta! Non vedo l'ora di rivedere Ana! Il cuore a momenti mi scappa via dal petto per poterla raggiungere, per poterla stringere tra le braccia.

Se non mi tocchi tu, io non so toccare te [In Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora