18. La mia chance.

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Finalmente arrivó la primavera.
Le cose cambiarono senza neanche accorgermi che anche le persone erano anch'esse cambiate. Tutto si presentò all'esterno una incredibile bellezza mai vista prima, ma scoprì che tutto questo non era vero. Anna iniziò a mandarmi sempre lettere sotto la porta di casa mia, Jessica manteneva lo stesso contatto che avevo da quando eravamo solo amici. Tutto questo era lo stesso ogni giorno, ma arrivò una novitá. Era sabato per l'esattezza, tutti il sabato si trovavano in giro per fare quello che volevano dall'inizio della settimana. Anna voleva me. Mi chiamò con lo sconosciuto per dirmi se ero disposto ad incontrarla, accettai per sapere le mie scelte potevano cambiare da un momento all'altro. Grosso sbaglio. Mi fermai in piazza che erano circa le 3 di pomeriggio, c'era sole ma anche vento che dava un aria gelida. Come lo ero io al mio interno, sicuramente era più solare altra gente. Ma questi pensieri andavano via quando da lontano vedevo lei arrivare camminando in modo veloce. Mi salutò da lontano ed io replicai con la mano, dopo un pò mi abbracciò in modo freddo. Una specie di abbraccio che sembrava vuoto, senza un messaggio e senza un motivo. In quell'istante alzò lo sguardo su di me, dove si vedevano i suoi occhi pieni di tristezza e solitudine messi a repentaglio con farmaci anti depressivi e autolesionismo. Era qui per questo. Aveva scelto me, ne era sicura anche se non lo diceva. Si sentiva nei suoi occhi, ma nessuno li capiva dove ogni atrocitá veniva nascosta da enormi felponi e trucco nella sua faccia. Mi teneva la mano come se voleva solo che qualcuno era accanto a lei per sapere quale via era più sicura. Lo dicevano tutti che era matta e senza cervello, era una tipa paranoica che si faceva mille pensieri per la testa e che rischiava di suicidarsi appena aveva la possibilitá. Il problema per me non era questo sinceramente. Nelle mie mani avevo una rosa piena di spine affilate, dove bisogna stare attenti a come tenerla per mano. Perchè le spine che aveva facevano un male allucinante. Lei era così.
Alla fine eravamo andati al Bar 88 del padre di un mio compagno di classe. Lì decisi di prendermi un caffè, mi girai per vedere se voleva qualcosa e la vedevo impacciata sotto la sua sciarpa che disse se poteva bere insieme a me il mio caffè. Risposi di si ridendo un pò per la sua faccia, ci eravamo seduti nel tavolo dove lei odiava stare seduta di fronte a me. Lei cercava di stare affianco a me, perchè gli piaceva molto il mio calore. Uscimmo dal bar che erano all'incirca le 5 di pomeriggio e il cielo si stava oscurando in fretta. Decisi di portarla all'ex rifugio del gruppo di Simon, dove adesso è stato tutto abbandonato per i continui litigi fra di loro. Lei si sedette nella sedia è si guardò intorno tutto il tempo, mentre io cercavo una candela per avere un pò di luce. Dopo accesa una candela, lei mi fissò con il riflesso della luce nei suoi occhi. Mi tremavano le mani. Si alzò in piedi dove si tolse la sciarpa, mi avvicinai a lei è ci baciammo in un modo timido ma che la sua timidezza scomparse in quel bacio nel quale si sfogó per tutto quello che aveva vissuto. Le sue lacrime arrivarono nelle sue labbra, mi toccavano anche le mie come per farmi sentire le sue debolezze e le sue paure. La abbracciai. Lei iniziò a piangere sempre di più, mi stringeva come nessuno aveva fatto con me. I suoi capelli neri nascosero la sua faccia rossa per le lacrime. Cercai di stringerla e starle accanto il più possibile. Mi disse che adesso aveva capito il perchè dei suoi sbagli, i suoi desideri che si erano distrutti ma almeno sapeva che adesso poteva avere accanto una persona che di desideri ne aveva tanti e li voleva far avverare insieme a lei. Era strano, ma era una cosa che nessuno si penserebbe mai di fare, non sapevo cosa rispondere perchè non avevo dei desideri importanti da far avverare. Però dissi soltanto che volevo aiutarla. Lei mi sorrise tra le sue lunghe lacrime e rispose che avrebbe accettato solo i miei di aiuti.
La portai a casa. Ci salutammo con un abbraccio e tornai a casa. All'interno di casa mia trovai un bigliettino vicino al tavolo, era scritto solo una parola al suo interno "Grazie".

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