Capitolo 22

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<< Ciao, Alice. >>
<< Ciao, Tristan. >>
Dritto in piedi davanti a me, teneva le mani in tasca e mi osservava con un'aria che lasciava trasparire una flebile incertezza.
<< Come stai? >>
<< Bene, credo. >> mentii; dopo tutto ciò che era accaduto non potevo stare bene, non riuscivo a stare in pace con me stessa. << Sono felice di vederti. >> gli dissi sorridendo timidamente, mantenendo lo sguardo fisso a terra, guardando i miei piedi scalciare i sassi.
<< Sono felice pure io. >>; lo guardai: si passò nuovamente la mano tra i capelli corvini e lucenti sotto la schiva luce solare autunnale. I suoi occhi glaciali brillavano di uno splendido colore ceruleo, avevano una certa luce che non mi lasciavano distogliere lo sguardo da essi. Erano bellissimi, meravigliosi. Erano occhi solo per me.
<<Dunque...>> sembrava nervoso; << hai ricevuto il mio messaggio? >>
<< Oh, sì, il messaggio! >> me ne ero completamente dimenticata. << Scusami tanto se non ti ho risposto ieri sera... Ho avuto... Dei problemi, diciamo. Ma nulla di grave. >>
La sua espressione assunse un tono preoccupato e leggermente allarmato. Staccò la mano dai suoi capelli e incrociò le braccia davanti al suo petto.
<< Cos'è successo? Ti vedo... Scossa. >>
<< Nulla di così importante. Sto bene. >>
<< No, tu non stai bene. Non cercare di nascondermelo. Ti ho già detto tante altre volte che per me sei un libro aperto. >>
<< No, Tristan, lascia stare... >>
<< Per favore, raccontami cos'è successo... Posso provare ad aiutarti... >>
Il suo sguardo mi implorava, ma dovevo resistere: sarebbe scoppiato il finimondo altrimenti.
Si accasciò a terra, i suoi occhi all'altezza dei miei: avevano un'espressione sincera, preoccupata, supplichevole, mi dicevano "Avanti Alice, parla per favore".
Alla fine cedetti: << Vedi... >> mi schiarii la gola; << Adam.. Adam mi ha baciata. >>
Tristan rimase fermo, impalato davanti a me, non sapendo cosa rispondere.
Aveva gli occhi sbarrati, trapelavano rabbia da ogni dove. Ora non teneva più le braccia conserte, ma aveva iniziato a giocherellare con le sue dita, facendone schioccare le articolazioni. Il suo respiro era diventato affannoso e pesante; mi incuteva timore.
<< Che cosa.. Che cosa è successo?! >>
Il suo tono era rude, spigoloso. Non mi stava più parlando dolcemente come poco prima.
<< Quel.. Quel figlio di puttana! >>
Sentire parole come quelle mi faceva male al cuore.
<< Se lo trovo gli spacco il muso! >>
Nello sbraitare questa frase alzò il pugno chiuso e lo dimenò in aria.
<< Tristan, fermati! Calmati, respira! >>
Mi alzai in piedi di soprassalto, afferrandogli le braccia con le mani.
<< Ragiona, ti prego.. Non sai cosa stai dicendo... >>
Nell'udire le mie parole sentii la rigidità dei suoi muscoli allentarsi e sparire. Fissò il terreno per un attimo, poi tornò a parlarmi con il suo sguardo posato sul mio.
<< Scusami... Non volevo reagire in questo modo... Non ho saputo contenermi. >>
Sospirai, sollevata. Sembrava essersi calmato.
<< Promettimi che non lo farai più. Mi sono spaventata. E spero che non intendessi davvero di fare ciò che hai detto... >>
<< Lo prometto solo se tu prometti che cercherai di stargli lontana. E comunque non stavo scherzando. >>
Assunse nuovamente un tono duro e scontroso, molto meno di prima ma pur sempre tale.
Non sapevo cosa rispondergli: non sarei riuscita a stare lontana da Adam per il semplice motivo che abitavo nella sua stessa casa. Era impossibile che ciò sarebbe successo, a meno che non fossi stata ospitata da un'altra parte. Ciò era però escluso a priori dai miei pensieri poiché senza contare la famosa diatriba con Adam avevo instaurato dei legami speciali con i suoi genitori e con la sorellina, Belle. Avrei di sicuro spezzato loro il cuore, e non avrei nemmeno avuto una scusa plausibile per andarmene. Anche perché non volevo farlo.
Ripensando a ciò che Tristan aveva detto riguardo Adam mi risalirono i brividi lungo la schiena: era stata una reazione a dir poco esagerata.
D'accordo, Tristan stava uscendo con me... Ma non eravamo ancora una coppia, e non sapevo nemmeno se lo saremmo mai diventati.
Tristan notò il mio sguardo perso e riprese allora in mano le redini del discorso:
<< Alice... Tu devi capire che ora sei MIA, e quell'energumeno non deve nemmeno permettersi di parlarti, specialmente dopo averti fatto una cosa simile. >>
Lo fissai e mormorai incerta: << D'accordo. >>
<< Così va molto meglio, piccola. Ora, non hai nemmeno risposto alla mia domanda di ieri: ti andrebbe di venire a cena con me sabato sera? Offre la casa. >>
Si era calmato tutto d'un tratto, aveva ritrovato il senno all'improvviso. Era passato per la seconda volta nell'arco di pochi minuti dalla collera alla calma, e ciò mi faceva riflettere. Ma nonostante tutto gli risposi: << Certo che si. >>
<< Bene, cominciavo a dubitare che non volessi più venire. >>
Non aveva proprio tutti i torti.
<< Ci vediamo domani allora. Così ci organizziamo per sabato. >>
Aprì le braccia e mi strinse in un abbraccio caldo ma non troppo rassicurante. Poi mi stampò un bacio sulla guancia.
<< Ciao, piccola. >>
<< Ciao, Tristan. >>

Teal and Orange (sospeso) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora