Capitolo 34

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All'incirca alle 8.30 pm mi trovai con Tristan in un locale per cenare e per festeggiare il Natale insieme.
Il locale era lo stesso di quando mi propose di diventare la sua ragazza; anche la postazione era la stessa, il tavolo era sempre quello posto sotto la finestra dalla quale si intravedevano le luci notturne di New York, che questa volta erano ancora più spettacolari ai miei occhi per via dell'atmosfera natalizia, dei decori, dell'aria di festa e della neve.
L'atmosfera del ristorante era ancora una volta surreale: una luce calda e accogliente color giallo aranciato avvolgeva tutto l'ambiente, i tavoli, sempre disposti ordinatamente in file diagonali erano questa volta ricoperti da tovaglie color rosso scuro e sopra ciascuno di essi troneggiava al posto del vaso di fiori bianchi una candela dorata, decorata con dei rami di pungitopo attorcigliati ad essa.
Non avevo indossato nulla di particolare per la serata. Portavo un maglioncino aderente nero e un paio di skinny jeans, il tutto abbinato con i miei anfibi lucidi neri; i tacchi sarebbero stati impensabili con un tempo del genere, avrei rischiato di scivolare in mezzo alla strada e di rompermi qualche osso. Non avevo avuto voglia di vestirmi bene quella sera nonostante fosse Natale, per cui avevo preso le prime cose che mi erano capitate sottomano, facendo comunque attenzione a selezionare qualcosa che nascondesse bene la collanina regalatami da Adam. Ovvio che se avessi optato per qualcosa di scollato Tristan l'avrebbe notata sicuramente e non ne sarei uscita viva; anche se avrei potuto togliermela non avevo intenzione di farlo: avevo promesso ad Adam di tenerla sempre con me ed era ciò che avrei fatto.
Al termine della cena Tristan mi guardò negli occhi e sorrise.
<< Come sta andando la serata? >> mi chiese con quell'aria divertita.
<< Bene, il cibo era ottimo, il locale è stupendo... Direi che nemmeno c'era bisogno di chiederlo. >>
<< Sai che ci tengo alla buona riuscita di tutto. Ma manca qualcosa, come ciliegina sulla torta. >>
<< Cosa? >>
Si chinò, frugando nella sua tasca.
<< Il regalo di Natale da parte mia. >>
Le guance mi entrarono in combustione tutto ad un tratto, tramite un brivido bollente che risaliva lungo la mia spina dorsale.
Nemmeno per lui, che era il mio ragazzo da circa due mesi, avevo acquistato nulla. Non avevo idea se se la sarebbe presa o meno, ma dopotutto era stato lui a non lasciarmi andare a fare compere con la mia famiglia.
<<Tristan, io non ti ho ancora preso nulla... >> abbassai lo sguardo verso il piatto pieno di briciole marroni e zucchero a velo, dove fino a poco prima giaceva una fetta di gustosa torta al cioccolato; fissai per un attimo il riflesso deformato della mia faccia sulla forchetta capovolta sul piatto.
Mi sfiorò la mano con le sue lunghe dita.
<< Non preoccuparti, ci sarà un'altra occasione. Non fa nulla, anche perché la parte del gentiluomo che compra i regali per la sua ragazza la devo fare io. >>
Sorrise per tranquillizzarmi, ma mi fece precipitare in uno stato di ansia pazzesco. Mi sentivo in colpa.
Mi porse una scatolina rigida e nera di velluto, con un fiocco rosso di raso annodato.
Ne presi un estremo, lo sfilai delicatamente e aprii la scatolina: dentro di essa vi era una collanina simile a quella che già portavo, ma con un ciondolo a forma di cuore, dall'aspetto nettamente più costoso.
<< Oro bianco e zirconi. Spero che ti piaccia. >>
<< È bellissima, ma... Non posso accettare. Chissà quanto hai speso per comprarla... >>
<< L'ho fatto per te. >> mi strinse la mano; << Puoi indossarla ora? >>
<< Ehm... Certo. >>
Presi un estremo della catenina e lo sollevai dalla gommapiuma all'interno della scatolina. Poi feci per indossarla portandomi le mani dietro al collo.
<< Aspetta, ti aiuto io. >>
<< No, non serve. >>
Prima che potessi finire la frase lui era già lì, dietro di me, che cercava di unirne i gancetti.
Sentii le sue mani fredde sfiorarmi il collo, poi immobilizzarsi.
Tristan non parlava, non si muoveva, e ciò mi allarmò; non era affatto un buon segno.
<< Hai un'altra collana addosso? >>
La vocina nella mia testa mi rimproverò e mi sferrò uno schiaffo mentale.
" Cazzo, la collana di Adam! Sei proprio un'idiota! "
Percepii le mie guance inondarsi di calore. Cercai di respirare a fondo e di nascondere, per quanto potessi, l'evidenza.
<< Si, è vecchia. >>
<< Posso vederla? >>
Le mie mani iniziarono a tremare; << Non è che vederla ti cambi la vita, è solo una vecchia collana. >>
<< Perché non me la vuoi mostrare? >>
Il suo sguardo aveva perso ogni traccia di benevolenza. Avevo paura di guardarlo negli occhi, avrebbe potuto capire che c'era qualcosa che non andava.
<< Mi stai nascondendo qualcosa? >>
<< No! >>
<< Sicura? E allora... Perché non mi guardi negli occhi quando parli? >>
<< Cosa? >>
Si pose dritto in piedi davanti a me.
<< Stai dicendo una bugia. >>
Tristan si zittì tutto d'un tratto. Iniziò poi a girarmi attorno, fissandomi in modo ossessivo con quegli occhi glaciali che mi pugnalavano l'anima; studiava ogni particolare della mia espressione, senza lasciarsi sfuggire nulla.
Si fermò successivamente, porgendomi un inquietante mezzo sorriso.
<< No! Non è una... >>
<< Allora fammela vedere se non stai nascondendo nulla. Perché ti stai facendo tutti questi problemi? >>
Con un gesto fulmineo, senza nemmeno aver terminato la frase e avermi dato il tempo di capire cosa stesse dicendo, infilò la mano nel colletto del mio maglione, portando alla luce la collana incriminata.
<< TRISTAN! Cosa stai facendo?! >>
Cercai di respingerlo con un braccio, ma era troppo tardi; la collana ora era lì, appesa al mio collo in bella vista, non più sotto la lana protettiva del maglione.
Tristan si era allontanato da me; si stava ora fissando le punte dei piedi, mentre i capelli gli avevano creato una sorte di lugubre drappo nero che copriva la sua fronte.
Stringeva i pugni, e nonostante il chiacchiericcio di sottofondo delle persone che come noi si erano fermate a cena nello stesso ristorante, riuscivo a percepire nitidamente lo scricchiolio iroso della pelle dei palmi delle sue mani.
<< Te l'ha data lui... Non è vero? >>
<< Tristan, posso spiegare... >>
<< ZITTA TROIA! Non è forse vero? Rispondimi! Sì... O no? >>
La gente attorno a noi si era zittita al suono orripilante che aveva assunto la sua voce. Eravamo diventati il centro focale di uno spettacolo alla quale non avrei di certo voluto fare la parte della protagonista.
<< Non rispondi, eh? Beh, chi tace acconsente! >>
Fece due passi, trovandosi nuovamente di fronte a me. Poi si inchinò e con nonchalance allungò nuovamente la mano verso la collana, strappandola dal mio collo e gettandola via.
Il metallo della catenina che dietro al mio collo si piegava fino a spezzarsi mi diede la stessa sensazione di una frustata. Ma il dolore ora non contava.
I miei occhi si velarono di lacrime.
<< Perché lo hai fatto? >>
<< Perché non valeva niente. Hai visto come si è rotta? Era una collana da quattro soldi. >>
Mi alzai di scatto in piedi dalla mia sedia, ormai piangendo a dirotto.
<< Ma aveva un gran valore sentimentale! >>
Tristan iniziò a ridere fragorosamente, iniziò a ridere di una risata che mai avevo sentito prima d'ora. Una risata a dir poco agghiacciante.
<< Sai cosa ti dico? Che sei una gran puttana. >>
<< Cosa hai appena detto?! >>
Ciò che avvenne successivamente, accadde al rallentatore. La sua mano aperta stava percorrendo una traiettoria circolare, avvicinandosi alla mia faccia.
L'istante dell'impatto fu un istante di fuoco; dopodiché mi sentii la guancia pervasa da formicolii, che aumentarono di intensità mano a mano che i millisecondi passavano. Avevo la guancia sinistra letteralmente in fiamme, e per rendermene conto mi passai la mano su di essa.
Rimasi zitta. Poi non riuscii più a trattenere l'ira e la disperazione.
<< VATTENE... SPARISCI DALLA MIA VISTA, LURIDO CANE CHE NON SEI ALTRO! >>
Tristan si avviò verso l'uscita senza rivolgermi uno sguardo.
<< Impara ad accettare i regali dalle persone giuste! Goodnight, Alice in Whore-land! >>

La mia testa girava tutta su se stessa dal dolore acuto che mi trapanava le tempie. Tutto ciò che riuscii a fare di accasciarmi in ginocchio per terra e piangere.
Riuscivo a vedere la gente di tutto il ristorante accorrere verso di me per prestare aiuto e consolazione. Ma nulla serviva a nulla.
Mi aiutarono ad alzarmi, mi fecero domande su come mi sentivo. Tutto ciò che sapevo era che avevo una cinquina gigantesca stampata sul mio volto, che mi tremavano le gambe e che avevo perso la collana datami da Adam lo stesso giorno in cui l'avevo ricevuta.
Si avvicinò poi a me un signore di mezza età con qualcosa di luccicante in mano. Me la porse, dicendomi che aveva trovato ciò che ciò che quel terribile son of a bitch aveva osato distruggere e gettare via.
Una coppia sulla trentina di offrì di riaccompagnarti a casa. Sul fare del tragitto non avevo più voglia di ammirare le meravigliose luci natalizie di New York. Nulla più mi importava in quel momento, volevo solo arrivare a casa e chiudermi per sempre in camera mia.
Salutai e ringraziai di cuore i miei accompagnatori; dopodiché entrai in casa, dove, in salotto, era radunata tutta la famigliola felice.
Mi diedero il benvenuto salutandomi, ma io non avevo voglia di sentirli.
Non rivolsi loro una parola, uno sguardo, e tenendo la testa bassa per cercare di nascondere le lacrime che mi scorrevano sul viso con i miei capelli salii in camera più veloce di come avessi mai fatto prima d'ora, chiudendomi a chiave e infilandomi nel mio caldo letto senza nemmeno cambiarmi i vestiti per indossare il pigiama.

Teal and Orange (sospeso) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora