Capitolo 40

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Aprii gli occhi e me li stropicciai. Mi guardai assonnata intorno: Adam stava ancora dormendo dietro di me, con un braccio poggiato sul mio fianco.
Cercai di scostare le coperte senza fare rumore per evitare di svegliarlo; gli presi delicatamente il polso con due dita e lo sollevai assieme al braccio. Piano piano riuscii ad alzarmi e, dopo aver appoggiato il suo braccio sul letto, camminai in punta di piedi verso la porta.
In bagno mi risciacquai il viso.
Era anche oggi un nuovo giorno. Sarei dovuta andare anche oggi all'università. Tutto si sarebbe svolto regolarmente, come nei giorni normali, anche se quel giorno tanto normale non lo era.
Ripensai alla chiamata della sera precedente e tutto mi sembrò così surreale: mi sembrava che il sonno ne avesse cancellata ogni traccia, a parte  gli occhi gonfi e rossi per il pianto.
O era forse stato un sogno? Un brutto, bruttissimo, orribile sogno? Un incubo?
Tornai in punta di piedi in camera per controllare le chiamate effettuate con il cellulare e avere una risposta alla mia domanda: appena sbloccai lo schermo vi trovai un messaggio da "Mamma", arrivato alle 4.03 di mattina. In Italia erano quindi le 10 di mattina circa, ragionai.
"Ciao Alice, anche se stai dormendo voglio tenerti aggiornata per quanto riguarda tuo fratello".
Mi passai la fronte con una mano. No, non era affatto un sogno. Proseguii poi con la lettura:
"Secondo i medici è fuori pericolo ma dovrà subire un'operazione alla gamba sinistra per una frattura scomposta.
Oltre a quello ha il braccio sinistro rotto, quattro costole rotte e ha rischiato che gli si bucasse un polmone. Ha anche un'escoriazione lungo tutto il fianco sinistro. Ora io e tuo padre stiamo aspettando che si svegli. Dicono che ha perso molto sangue e che è debole, ma non abbastanza da lasciarci.
Speriamo bene. Chiamami dopo scuola. >>
Avevano distrutto mio fratello e non avrei potuto nemmeno stargli vicino. Sospirai fissando il soffitto e cercando di trattenere le lacrime, dopodiché presi un respiro.
Voltai lo sguardo verso Adam che dormiva ancora come un angioletto sul mio letto. Aveva la bocca semiaperta e i capelli arruffati sulla fronte. Lo osservai per qualche secondo e sorrisi malinconicamente: chissà cosa stava sognando, chissà cosa lo aveva portato ad entrare in camera mia ieri sera per consolarmi.
Decisi comunque di non svegliarlo e sgattaiolai fuori dalla camera, velocemente e silenziosamente, per andare a fare colazione.

<< Hello Mum. >>
Mum aveva disposto sul tavolo dei pancake fumanti, dello sciroppo d'acero e della marmellata. Stava preparando nel frattempo il cappuccino, rigirando il cucchiaio nella tazza e versando il latte, che sgorgava candido andando a mischiarsi con il caffè bruno.
<< Good morning Alice. Come stai? >>
Si soffermò a fissarmi per un istante, rischiando di lasciar traboccare il latte dalla tazza e rovesciare tutto.
<< Tutto bene? Hai una faccia... >>
Mi appoggiai con le mani sulla sedia.
<< Mio fratello è stato investito. >>, sputai la frase come tutta d'un fiato, come se avessi voluto liberarmene il prima possibile, come se non avessi più voluto pronunciarla e sentirla dire da me stessa.
Sentii Mum spaventarsi e la vidi spingere giù inavvertitamente dal mobile della cucina la tazza, che si ruppe in mille pezzi a contatto con il pavimento. Continuando noncurante a versare il latte sul marmo del mobile si rivolse verso di me.
<< Cosa? >>
<< Sì... È stato investito da un'auto, che poi è fuggita via. Sparita. Scappata, sparita nel nulla. >>
Mi lasciai cadere di peso sulla sedia.
<< Ora lui è un ospedale con un braccio e le costole rotte, una frattura scomposta sulla gamba e un'escoriazione. >>
<< Ma è... Terribile... >>
<< Lo so... >>
Lasciò la bottiglia del latte e si sedette di fianco a me passandomi un dito sotto gli occhi per asciugarmi le lacrime.
<< Mi dispiace un sacco ma non credo di avere nemmeno fame... >>
<< Stai tranquilla. Ti posso capire... >>
Mi accarezzò i capelli e mi abbracciò stringendomi forte. Sentii in quell'abbraccio il calore di casa, e mi sembrò di essere lì, in Italia, con la mia famiglia. Mi sembrò di stare abbracciando mia madre e mio padre in ospedale e di stare stringendola mano a mio fratello, disteso inerme sul lettino dell'ospedale, immobilizzato dalla cassa toracica fino ai piedi, bucato come un colabrodo per farvi passare tutti i cateteri necessari per i drenaggi e le flebo.
Quando Mum mi lasciò notai che aveva lo sguardo perso nel nulla. Non ritenni necessario chiederle il perché: anche se non ne capivo il motivo, ritenevo che i suoi occhi parlassero già da soli.
<< Sai... Oggi forse è meglio che tu stia a casa. Avviso io l'università che non ci sarai, e proverò a spiegare loro il perché. Va a riposarti, su... È già che ci sei, vai anche a svegliare Adam, che è in ritardo. >>
<< Sicura? >>
<< Sicurissima... Ti lascio un po' di pancakes sul tavolo se vuoi, se... Se ti dovesse venire fame più tardi... >>
<< Ti ringrazio... Ti voglio bene. >>
La abbracciai e salii nuovamente le scale; ogni scalino mi sembrava più difficile, più duro, più alto del precedente ma cercai, anche se svogliatamente, di salire.
Dopo essere entrata in camera, notai che Adam non si era mosso dalla sua posizione originaria: gli sfiorai una spalla e poi lo scossi dolcemente. Finalmente aprì gli occhi e mi fissò con uno sguardo ancora rimbecillito dal primo risveglio.
<< Buongiorno Alice. >> bofonchiò stiracchiandosi in lungo e in largo.
<< Non tanto buono... Ma grazie lo stesso. >>
<< È per ieri sera? Cos'è successo? >>
<< Possiamo parlarne dopo che sarai tornato a casa dall'università per favore? >>
<< Sarò tornato? E non "saremo"? Non vieni oggi? >>
<< No... Sto a casa... >>
<< Perché stai a casa? >>
<< Adam... Ti prego... Parliamone dopo... >>
<< D'accordo, scusa. >>
Si mise seduto scompigliandosi i capelli con una mano.
<< Vai a fare colazione, c'è tua mamma che dice che sei in ritardo. >>
Le parole mi uscirono più fredde del previsto, quasi come fossero un rimprovero, ma me ne accorsi solamente dopo.
<< Non le hai detto che ho dormito con te, vero? >>
<< No... Non sono così stupida. >>
<< Non essere scontrosa però... >>
<< Ti prego Adam, l'ultima cosa che voglio ora è avere compagnia. Ora vai da tua madre. >>
<< Hey, calmati. Come vuoi, me ne vado, ciao. >>
Non gli risposi, e mentre egli correva verso il salotto io mi ero già infilata sotto le coperte e avevo già chiuso gli occhi per impedire alle lacrime di uscire e per cercare di tornare a dormire.

Teal and Orange (sospeso) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora