Capitolo 44

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Nota dell'autrice: vi consiglio solamente alla fine del capitolo di ascoltare la canzone che vi ho linkato sopra. Trovo che per l'occasione sia davvero azzeccatissima, poi capirete il perché.
Buona lettura e buon ascolto!

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Trovai davvero difficile addormentarmi quella notte. Al solo pensiero che sarebbe potuto tornare a cercarmi in futuro, trasalivo.
Non riuscivo a capire cosa lo avesse spinto a tornare da me. Quando lo avevo lasciato, seppur non ne fossi convinta, speravo vivamente di non vederlo più. Avevo già sofferto abbastanza, quel ragazzo stava trasformando il mio viaggio studio in un incubo.
Non avendo modo di riuscire a dormire, Adam mi accompagnò nella mia camera, dove gli agenti, due uomini alti e possenti di cui uno con la carnagione scura e un paio di baffi e uno con la pelle bianca e completamente pelato, stavano raccogliendo prove e scattando foto ai vetri per terra e alla finestra rotta. Forse avremmo potuto seguire la loro procedura.
Raccolsero poi la pietra incriminata per infilarla in un sacchettino a chiusura ermetica. Era molto più grande di quanto immaginassi; come poteva un ragazzo così secco riuscire a scagliare in alto un sasso del genere?
Sarà stato il potere della follia o della droga ad aiutarlo. Forse fu proprio merito di quest'ultima.

<< Alice, dormi in camera mia se vuoi. Camera tua non credo sia... Agibile per il momento. >>
<< E tu? >>
<< Io dormirò sul divano, stai tranquilla. >>
<< No... Mi sento in colpa... >>
<< Non devi. Te lo ordino. >>
<< Posso dormire io sul divano se vuoi... >>
<< Alice, no! Ci dormo io sul divano. Tu non pensare a me ora. Pensa a dormire bene, che ne hai davvero bisogno. >>
Abbassai la testa e mi scappò un sorriso nervoso.
<< Scusami. Sto impazzendo. >>
Lo abbracciai forte prima di salutarlo e di filare nella sua camera.

Passai ore a fissare il soffitto ad occhi spalancati. La luce dei lampioni e delle auto che sfrecciavano attraversava il vetro delle finestre, riflettendosi sui muri.
Mi rigirai su un fianco con lo sguardo rivolto verso il vetro. Un battito di palpebre e mi parve di notare una sagoma nera d'uomo immobile aldilà della finestra.
Uno spasmo assalì il mio corpo disteso, preso di sopravvento dallo spavento.
Sentii i battiti del mio cuore accelerare e picchiarmi sulle costole, come se questo avesse voluto lacerare la carne della mia cassa toracica e spezzarne le ossa.

"Ti rompo le ossa, te le frantumo.
Te le frantumo.
FRANTUMO."

Mi rannicchiai in posizione fetale sotto le coperte, coprendomi il viso con le mani.
Mai più avrei dimenticato quelle parole, mi avrebbero accompagnata a lungo.
Tristan voleva strapparmi il cuore, vedermi soffrire, sanguinare, tenerselo tutto per se stesso per poi lasciarmi distesa esanime ed andarsene, lasciarmi morire. Ecco cosa voleva fare.
Finalmente avevo realizzato quanto fossi stata stupida a non lasciarlo subito, quanto fossi stata stupida a voler tenere duro con la speranza che prima o poi si sarebbe sistemato tutto e che saremmo stati felici.
L'illusione dell'amore e della felicità mi venivano ora sbattuti in faccia brutalmente dal mio destino giocherellone e sadico. Un destino giocherellone e sadico almeno quanto Tristan, un destino che non mi aveva mai lasciato la possibilità di comprendere a pieno cosa davvero significasse "amare" ed "essere felici".
Forse il mio destino era proprio lui. Forse sarebbe tornato indietro per riavermi con sé. In fondo ero solo il suo giocattolo, no?
Sentii una morsa maciullarmi il cervello. Non riuscivo più a pensare altro che parole sconnesse tra loro, non mi sentivo affatto lucida.
Il mio udito si era reso più fine tutto d'un tratto, e quel silenzio assoluto mi stava letteralmente opprimendo. Lasciava trasparire le mie paure, che mi venivano urlate nelle orecchie da esso.

"Stupida.
Troia.
Ti strappo tutti i tuoi capelli rossi.
Ti spezzo le ossa.
Se non esci tu, vengo a prenderti io.
Zitta.
Ti vengo a prendere.
Devi mantenere la promessa.
Devi amarmi. Amarmi. AMARMI.
Mi ami? Mi ami vero?"

Decisi di porre fine a quella calma insopportabile che regnava al di fuori di me e al chaos dei miei pensieri con un urlo, che levai nell'aria con un'intensità e con una acutezza che non avevo mai sentito raggiungere da nessun altro.
Finalmente calò il silenzio. Presi un respiro profondo e mi accasciai stremata e sudata con la schiena appoggiata alla testiera del letto.
Calma, calma totale, rotta tuttavia subito dopo dal rumore di una porta che si apriva.
<< Alice, stai bene? >>
Mum era piombata in camera e aveva acceso la luce. Mi stava osservando con un'espressione stampata in volto corrucciata e preoccupata.
<< No. Non sto affatto bene. >>
Mi asciugai il sudore freddo di cui la mia fronte era imperlata con la manica del pigiama e chiusi gli occhi.
Belle si era svegliata e si era avvicinata assonnata alla camera di Adam.
<< Che cos'è successo mamma? >>
Non capivo come potesse essersi svegliata solo ora, dato che prima Tristan aveva provocato una grande confusione. Per non parlare delle sirene della polizia. Ma forse quei rumori erano stati mascherati dalla televisione che stava tenendo accesa.
<< Nulla amore, torna a nanna. Alice ha fatto un incubo. >>
Magari fosse solo stato un incubo.
<< Pensavo che avesse visto un mostro. >>
Ecco. Questa era la parola giusta. Mostro. Un lurido mostro si era infiltrato nella mia vita.

Scesi in salotto per prepararmi qualcosa di caldo. Ormai ero sicura che avrei passato il resto della notte in bianco, ma volevo provare lo stesso a prepararmi una camomilla.
Trovai Adam seduto e irrigidito. Sembrava in pensiero. Appena mi vide si levò in piedi e con passo svelto si avvicinò a me.
<< Ti ho sentita urlare poco fa. Volevo salire per vedere come stavi ma mia mamma mi ha detto di lasciarti in pace perché dovevi dormire. >>
<< Sono scesa di nascosto infatti. Pensavo che qualcosa di caldo come una camomilla mi avrebbe aiutata...>>
<< Siediti sul divano, te la preparo io. >>
Mi buttai a peso morto sul divano, che era ancora tiepido poiché Adam ci aveva precedentemente dormito sopra.
Poco dopo tornò da me con una tazza ricolma di liquido dorato fumante e profumato.
<< Grazie... >>
<< Attenta che scotta. >>
Iniziai a rigirare il cucchiaino, osservando il vapore che saliva e prendeva il volo, scomparendo nel nulla.
Adam intanto si sedette al mio fianco.
<< ... Come stai? >>
<< Vuoi la verità o la bugia? >>
<< Mi sembra ovvia la risposta. >>
<< Benissimo, come una rosa appena sbocciata. No, scusami. Recitare non è il mio forte. >>
<< Si era visto. >>
Accennai un sorriso e mi misi a fissare i vortici che si creavano nella mia camomilla dal movimento del cucchiaino.
<< Sto male, in realtà. Ma è un male strano. Accompagnato dalla consapevolezza che parte della colpa di tutto ciò è proprio mia. >>
<< No. Tu non potevi saperlo. >>
<< Adam, davvero. Scusami se in passato ti ho detto cose... Brutte. Scusami se ti ho impedito di lasciare che mi aiutassi. Scusami di averti accusato a vuoto. Se solo non fossi stata così sciocca... Ora non sarei in questa situazione. Mi sento oppressa. E sola. >>
<< No. Non sarai mai sola. Ci sarò io per te e ti vorrò bene come te ne voglio ora, nonostante tutto. >>
<< Grazie, grazie davvero. >>
<< Comunque, siccome abbiamo capito che ormai faremo una notte in bianco... Ti va di guardare un film? >>
<< Quasi quasi. Che film? >>
<< Mi piacerebbe guardare "Il miglio verde". >>
Non riuscii a trattenermi dal ridere.
<< Allegria! >>

Credevo di amare la sua estrema semplicità. Una semplicità che sapeva sollevarmi il morale, che sapeva farmi sentire, anche se per pochi istanti, viva, piena di vita.
Amavo il modo in cui, con così poco, riusciva a strapparmi un sorriso.
Forse Adam era davvero riuscito a farmi capire e provare sulla mia pelle quale fosse la vera essenza della felicità.

Teal and Orange (sospeso) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora