Lisztomaniac

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Erano oramai tre anni che i genitori di Clohè cercavano una cura.
La loro giovane figlia di 11 anni, aveva iniziato a soffrire di una qualche strana malattia.
Non controllava più le sue emozioni, non si sentiva più a suo agio con se stessa, i suoi occhi giravano andiosamente per la stanza facendosi mille problemi, a volte le capitavano delle crisi.
Il problema era già grave di per sè, e con l'avvento dell'adolescenza i poveri genitori erano convinti che sarebbe stato un completo disastro.
Avevano consultato ogni dottore della regione, ma mai nessuno era riuscito a dare una diagnosi o una cura.

-Clohè? tesoro?
La bambina alzó la testa, in direzione della mamma.
I suoi occhi color cioccolato fondente guardarono timidamente quelli della madre.
- S-sì mamma?
-Vieni, dobbiamo metterci il cappotto.

Quando Clohè sentiva la frase: "dobbiamo metterci il cappotto" capiva che sarebbero andate dall'ennesimo dottore.
Clohè si alzó lasciando a terra la bella bambola dai capelli setosi che amava spazzolare.

Si infiló il cappotto e salutó Kora, la cameriera robot e uscì.
I tre raggiunsero la fermata del Mangetic e rimasero ad aspettare il treno, questo arrivó circa dieci minuti dopo.
Clohé salì sul treno, stringendo le mani alla mamma e al papá.

Questo suo problema, le era costato gli amici che aveva.
Non aveva nessuno con cui stare e non parlava quasi mai.
La sua vita era una linea grigia e monotona.
Una routine.
Lo sguardó le sfuggì fuori dal finestrini.

Tokyo, una bellissima e fantastica cittá che aveva di tutto e che dal 2021 aveva anche ideato il primo teletrasporto a scomposizione molecolare, non sapeva porre fine al suo problema.
Lei era lì a scaricare quelli che lei chiamava emozioni, sui fogli, consumando i suoi pastelli a cera.

Il Magnetic si fermó.
Un cuscino di resistenza magnetica con le rotaie di acciaio tenne sospeso per aria il treno, permettendo ai passeggeri di scendere.
Clohè si tenne stretta al braccio del papá e  della mamma.

Camminarono per qualche isolato per poi arrivare ad una casetta come quelle newyorkesi degli anni '80, con la differenza che era bianca immacolata e aveva un videocitofono.
Il padre posó i piedi sullo zerbino, convinto che fossero con i sensori e facessero scattare il campanello, ma nulla. La madre credette invece che ci fosse il vidro spioncino, così ci si posizionó davanti per far scattare il campanello non si udì un solo trillo.
Clohé alzó lo sguardo e notó che sotto il piccolo videocitofono c'era un pulsante così salì sulle punte e premette il pulsante, l'occhio del videocitofono si aprì e si udì uno scampanellio acuto.

-Brava Clo!
Disse la mamma accarezzandole i capelli.
Subito la porta si aprì e i tre si ritrovarono davanti ad un uomo dai capelli scuri, lunghi fino al mento, con degli occhiali dalla montatura rettangolare sul naso, gli occhi color nocciola e il classico camice bisnco con la tasca traboccante di penne.

Clohè, non era agitata, affatto.
Era abituata a tutto.
La situazione peró cambió radicalmente quando il dottore chiese ai suoi genitori di uscire. Li accompagnó alla porta e si fermó sull'uscio per dire qualcosa che non capì, poi chiuse la porta dietro di sé e con molta tranquillità si sedette dietro la scrivania.

-Bene Clohè de Merlêns... Puoi dirmi quanti anni hai?
Clohé stringeva le manine alla sedia e si guardava intorno.
Sapeva benissimo quanti aveva, ma l'agitazione era troppa.
Stava lentamente perdendo il controllo.

Il dottore nel frattempo la guardó, impassibile. Si alzó e prese un vecchio televisore datato anni '70 a cui erano collegati cavi ad alta frequenza cerebrale, ideati appositamente per degli scanner cerebrali.
Li collocó esattamente sui polsi della bambina e si accinse a girare la manopola.

Clohè, allarmata da quei cavi prese a gridare con le lacrime agli occhi. Ma non era coscente, piú o meno.

Il dottore non si preoccupava minimamente del fatto che la bimna piangeva e si dimenava, piuttosto si preoccupo di ció che vide alla televisione.
Lo schermo era completsmente viola, e questo non gli piaque per nulla.
Decise allora di somministrare un calmante alla bambina e di uscire a parlare ai genitori.

La madre appena sentì la porta scatto in piedi.
-Dottor Schübersaki, cosa succede?
Il dottore si sistemó gli occhiali.
-Purtroppo la bambina ha degli squilibrii nel contenere le proprie emozioni. Il troppo essere introversa l'ha ridotta ad una bomba ad orologeria pronta a scoppiare.... I suoi stati d'animo se minimente scossi da stimoli esterni diventano incontenibili e la fanno entrare in crisi...
Il padre annuì
-Ed esiste una cura?
-Esistono cure istantanee per il cancro ma per questo... Mi dispiace, ma cercare di trovarvi una cura sarebbe cercare un' ago in un pagliaio.
La donna sgranó gli occhi che divennero lucidi e subito il marito la strinse a sè
-Ma... Esiste tuttavia un modo per contenere tutto ció.
Disse;
- Gli studi che ho condotto su mio figlio mi hanno dato un valido motivo per credere che il mio metodo possa ottenere non poco successo...
La donna lo guardó
-Quale metodo?
-Seguitemi.
affermó il dottore.
Schübersaki entró nel suo studio e prese la bambina e si diresse al piano di sopra.

Erano entrati in una stanza dove c'erano delle casse e altre apparecchiature come mixer da musica leggere e simili.
Per il resto, era una stanza pavimentata col parchè con una sedia al centro rivolta verso un vetro che separava il tutto da uno stanzino contenente degli strumenti musicali.

Il padre assunse uno sguardo scettico e guardó la madre che gli diede una leggera gomitata.
Schübersaki si affacció all'uscio della porta e chiamó suo figlio, Toshyo.
Questo é entró facendo un cenno di saluto e dopo aver scambiato quattro parole in giapponese, lingua che i de Merlêns comprendevano a stento, entró nello stanzino.

Il dottore mise delle cuffie stereo alls bambina, che si sentiva stranamente a suo agio, poi di avvió verso i genitori.
-Mi serve che voi le diciate delle frasi che le facciano perdere le staffe.

I due genitori si guardarono ed annuirono, anche se non capivano per bene ció che stava succedendo.

-Clohè.
Disse la madre, attirando l'attenzione della bambina che si giró verso di lei.
-A casa farai il doppio dei compiti. Perchè lo dico io.
Disse la donna con tono autoritario.
La bambina diventó rossa di rabbia in volto e gli occhi le si fecero lucidi.
Subito le cuffie che indossava, trasmisero dei segnali cerebrali al computer che accese un led rosso.

Toshyo, da dietro la vetrata, vide il led accesso e fece un segno al padre, indicandogli un lucidissimo violino irlandese. L'uomo, lo imbracció immediatamente e inizió a suonare Benny Hill.

La bambina sembró calmarsi di colpo. E annuì accennando un sorriso.
Il led divenne d'improvviso verde.
Schübersaki indicó la chitarra e subito Toshyo la prese iniziando a suonare perfettamente le note di Monster di Skillet, cantando con voce cristallina.

La bimba divenne nuovamente rossa e come posseduta inizió a sputate frasi di rabbia.
Toshyo allora, posó la chitarra e inizió a cantare Somebody That I Used To Know, con Schübersaki che suonava le note del piano in sottofondo.
Clohè smise di parlare ed inizió a piangere.

Il dottore la guardó e poi si rivolse a Toshyo, dicendo che sarebbe potuto bastare.

Schübersaki rassicuró la bambina e la riconsegnó ai genitori sotto i loro occhi stupiti.
-Ho trovato la terapia perfetta signori, la Listomaniac Therapy. Il disturbo di vostra figlia verrà contenuto da questo...
Disse estraendo dalla tasca un piccolo MP10 e un paio di auricolari con gommini
-Mi feci preparare da Toshyo una terapia completa. Basterà che la bambina ascolti una canzone totalmente contraria all'emozione che sta avendo il sopravvento e gli attacchi nel giro di poco verranno estinti.
Sentenzió Schübersaki dando il piccolo lettore e gli auticolari in mano a Clohè, che sorrideva raggiante.

I genitori ringraziarono e fecero per uscire.

Prima che Clohé potesse varcare la soglia peró, Toshyo la fermó.
- Sei pronta a diventare Lisztomaniaca?
Chiese lui, scostando i capelli e mostrando l'auricolare Bluethoot Pro che indossava.
-Puoi giurarci.
Disse la bambina indossando le cuffiette e schiacciando Play.

ONESHOTSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora