L'attrazione degli Inferi Winner#Wattys2016

_Chapter thirteen_Paradiso.

Liniæiah era distesa in un caldo letto di lino, avvolta da un lenzuolo in seta bianco. Le palpebre erano bagnate dal pianto salato che aveva lasciato la traiettoria del suo passaggio.
I sottili capelli neri erano spettinati e disposti nella più totale libertà. Le mani erano riscaldate dal petto, a cui erano appoggiate. Il corpo -retto in un fianco- aveva le gambe piegate e la destra supportava sopra la sinistra. Le labbra erano schiuse alla ricerca di parole mentre il naso fiatava battiti regolari.

Il letto aveva assopito il suo peso e si era divaricato nei lati. In un tavolo, creato da legname morto e secco, era stato gentilmente posata una ciotola contenente delle foglie di menta che galleggiavano nell'acqua pura, distillata.

Il resto della stanza, docilmente bianca, era completamente vuota se non fosse per una tunica bianca e candida, come la parete della stanza, posta ad un lato del letto.

Non ricordava niente. Non ricordavano il suo nome. Non ricordava la sua vita nella morte.
Sentiva la paura avvolgerla, sentiva il bisogno di sapere chi era, cosa era.

Chi sono?

Appena i suoi occhi incontrarono la luce perenne del paradiso, si porse delle domande.

Dove sono?

Sentiva un peso superiore e complesso da supportare nella schiena. Appena ebbe voltato il collo verso la schiena, notò due piccole ali allungate con un piumaggio composto dall'unione di tutti i colori presenti: il bianco. Esse erano piccole e all' apparenza fragili. Guardò il resto del corpo che le sembrava così strano ma normale. La memoria di quella povera anima in pena era stata completamente cancellata. Non sapeva neanche camminare o parlare. Si portò istintivamente una mano sotto il naso poiché venne attratta dal proprio respiro e dal piccolo tornado d'ossigeno che usciva dalle cavità nasali. Era completamente nuda, con le gambe coperte da un lenzuolo che si era ripiegato su sé stesso e in parte era caduto nel pavimento di cristallo puro.

Udì dei leggeri passi che si muovevano lentamente.
Essi si fermarono per una manciata di secondi, Liniæiah iniziò a tendere l'orecchio cercando di rilevare il rumore di fondo.

"Vi siete svegliata." Una creatura, dal corpo sinuoso e femminile, varco la soglia della abitazione:

Portava le braccia ai lati dei fianchi e pizzicava con le dita mulate il bordo del vestito che raggiungeva le coscie.

Le labbra.. di quella creatura di razza femminile.. erano portate in un sorriso casto ma furbo mentre degli occhi neri dalle sopracciglia folte venivano coperti dai capelli del medesimo colore, i cui ciuffi si muovevano indistinti grazie alla brezza mattiniera. I lineamenti pronunciati del viso si distesero in un sorriso sposato con due guance dipinde dal colore opaco.

Sotto il seno vi era una corda color rosso-rame intrecciata e stretta, l'assenza di lacci faceva svolazzare l'abito sobrio ai suoi movimenti.

Le gambe nude, che terminavano con dei piedi scalzi, camminavano a ritmo di danza.

"Tranquilla sorella mia. Il mio nome è Chairiah e sono la vostra guida nel regno di Colui che tutto ha creato." Le porse la mano al di sotto del mento e Liniæiah ci posò sopra la propria con rigidità, provocando un sordo suono.

" Chi è Colui che tutto ha creato? " Si portò un dito fra le labbra e ne disegnò la traccia, ne era uscito un soffio mosso dalle corde vocali. Non sapeva come era riuscita a emettere fuori i pensieri e ad udirli.

"Egli è l'Altissimo. Egli è l'Onnipotenza. Egli è il Creatore. Il suo nome da tanto si tramanda ma inutilmente non va detto." Iniziò a giocare con una ciocca di capelli.

Liniæiah alzò gli occhi in cielo e poi abbassò le sopracciglia per osservare con difficoltà il naso; poi allungò una gamba facendola fuoriuscire dal letto e mosse le dita dei piedi. Accarezzò i metatarsi piegando la schiena e provò un fastidioso solletico nel porgervi le dita delle mani, iniziò anche a studiare le unghie delle dita mentre l'altra mano era ancora in quella di Chairiah.