_Chapter sixteen_

4.7K 279 50
                                    

Le sfumature del tramonto
stavano coprendo il cielo di caldi fumi. Il sole, oramai basso, era pronto per salutare e nascondersi dietro le tiepidi maree dell' occidente.

Loaniah aveva deciso di lasciare i capelli ricadere morbidi per coprire meglio il faccino davanti al fascino del Principe. Aveva indossato la migliore tunica che aveva, essa era tendente al rosa carnagione, faceva spiccare la pelle ricca di colore. Il vestiario era composto da una lunga striscia di stoffa abbellita da ghirigori, lungo le lunghe maniche, e dai piccoli cerchi di fiordaliso cuciti delicatamente lungo i bordi. Aspettava pazientemente sulle ambe due gambe spoglie. I piccoli peli cresciuti sulla pelle erano rizzati. Il vento spostava il cuoio capelluto sul viso dandole delle frustrate lungo le guance oppure faveva sbattere i capelli nella schiena che ogni volta sussultava al contatto. Sembrava che quel soffio le impartisse di andarsene. Le foglie avanzavano lungo il sentiero spostate dal venticello e danzavano con la polvere innalzata.

Il taccuino era tenuto stretto fra le dita mentre la piuma era caduta per poi inalzarsi con le foglie. Le ali di Loaniah si lasciavano muovere da quel fruscio e ticchettio dei più silenziosi fra gli animali.

Iniziò a rincorrere la piuma con gli scalzi piedi. Qualche volta avvertiva sotto i piedi dei sassolini vogliosi di viaggiare e scappare dal luogo. Le foglie che non si facevano guidare dal venticello si lasciavano calpestare silenziose e si attaccavano al fango nei piedi dell'angelo.

Allungava le braccia cercando di afferrarla ma essa, come se ballasse il valzer, scendeva giù e risaliva sù a tempi impliciti.

Ogni tanto saltava o si alzava nelle punte per arrivare a quel piumino, finché esso non fermo la corsa davanti una grande quercia secolare. Alzando lo sguardo, oltre la pianta dal busto intrecciato e la chioma verde come le foglie secche, vide il Principe della menzognia osservare il paesaggio. Si sentì avvampare capendo di spiarlo. Non fece in tempo ad allontanarsi che lui virò lo sguardo accusatore con un lieve cenno di capo verso la sua direzione.

Era indecisa se andarsene o andare da lui e nel bordello delle decisioni restò ferma. Vide la sua risata nasale. Lo sentì bofenchiare qualcosa e ammiccare nella propria direzione. Stava parlando con qualcuno, eppure quel luogo era primo di esseri viventi. L'erba non viveva?, forse, comunicava con madre natura?

Indossava un gilè a quadri verde acqua, il quale non toglieva alla grossa corporatura il fascino pericoloso. Dal busto in giù indossava i comuni pantaloni da cerimonia neri. I capelli si facevano battaglia schierandosi a due lati della testa per mischiarsi il momento posteriore.

Le orbite oculari erano poste nelle direzione dell'angelo, indagatori.

Dopo un respiro profondo, avanzò verso il proibito ad un moto rallentato. Ingoio più volte la saliva prima di giungere al lato sinistro del Principe. Era seduto sul prato folto di erba con le gambe distese e divaricate di qualche grado. Spostò la spina dorsale dalla posizione di riposo e ruotò il busto portando nel campo visivo frontale la ragazza.
"Siete venuto," provò a smorzare la tensione sedendosi a sua volta nell'erba bagnata.

"Non fate esclamazioni ovvie. Se mi vedete significa che ci sono. Mantengo sempre la parola data." Puntò gli occhi in quegli di lei per vederne la reazione alla frase pudica che avrebbe detto da lì a poco. " Sono venuto più volte" Loaniah dilatò le pupille dopo aver inarcato le sopracciglia.

"Pervertito," esalò con le labbra tremolanti. Stropiciò gli occhi con la mano destra e, per un istante, le sembrò che lui la guardasse dall'alto verso il basso con una nota di disgusto.

"Se siete arrivata a capirlo significa che anche voi lo siete," affermò svogliato notando il taccuino in cui anche gli occhi di lei, dopo aver seguito la traiettoria di quegli del principe, si puntarono.

"Disegnate," sembrava ragguagliato.

"Posso visionare?," usò un tono pacato e gentile. Lei gli porse il taccuino e lui lo prese con la mano sinistra, la mano del diavolo.

"Mediocri," continuò ad osservare annoiato le pagine. Era talmente disgustato nel vedere l'armonia e la serenità nei ritratti dei paesaggi che avrebbe gettato il taccuino. Non lo fece. Tirò fuori dalla tasca dei pantaloni una pietra vulcanica, la strofinò con un piccolo bastoncino di legno fino a ottenere una fiamma dorata nella quale immerse lo spigolo basso e destro del disegno.

"Lo state bruciando," affermò allarmata e allibita portandosi la mano davanti alle labbra sigillate in una linea rigida.

"La carta non brucia" Aspettò che il taccuino si disolvesse nell'aria.

"Cosa sta facendo allora?!" Le lacrime iniziarono a rigarle il volto.

"Un cambiamento di stato. Voi angeli conoscete gli stati di aggregazione?, Solido, liquido, gassoso? La carta passa dallo stato compatto che era prima a questo composto da cenere di adesso," osservò la cenere coprire qualche filo di erba.

"Resta il fatto che avege distrutto la mia vita," sussurrò a testa china raggruppando la cenere e prendendo qualche pezzettino leggermente leggibile.

"Siete ancora viva. Non fate di un bocciolo, la pianta" Quegli atteggiamenti, le lacrime che le attraversavano il viso e come un fiume straripavano, lo annoiavano.

"Quando hai finito cercami" Si scrollò la cenere dai pantaloni.

"Perché?," singhiozzò.

"Perché erano patetici. L'arte non fa per te," rispose con cattiveria.

"L'amore non fa per te! Tu sia dannato," sussurrò ella con cattiveria.

"Cosa ti aspettavi dal principe degli Inferi?" Iniziò ad alzarsi aliante.

"Rispetto," sussurrò. Desiderava fronteggiarlo ma si sentiva inferiore.

"Non meriti rispetto. Guardati, sei un inutile pennuto. Vieni nella zona neutra perché il paradiso non è il tuo posto per non parlare dell'Inferno" Stizzita alzò il viso gonfio dalle lacrime e rispose "Tu vivrai l'Inferno"

"Gli angeli non minacciano" Si sentiva colpita nel profondo, perché aveva distrutto la sua passione? Perché aveva distrutto il mondo di fantasia impresso nel foglio?

"Vi sto prediligendo il futuro," rispose a testa alta, alzando il mento e provando a reprimere le lacrime.

"Io vivo nell'Inferno. Io ho un posto dove andare," si avvicinò di qualche passo.

"Voi?, " chiese la menzogna. Le nuvole stavano viaggiando verso una seconda meta. L'erba andava nella stessa direzione mossa da un tempo che aumentava la sua tempesta. Tutti andavano contro il Principe. Tutto andava contro di lui ma sembrava fronteggiare ogni forza con noia e convinzione.

"Eccolo," continuò

"Quindi...è vero?, " esalò il Principe. Lei non parlava, non si muoveva. Guardava il Principe, guardava la cenere e guardava la propria vita. Niente è vero nella Terra.

"Cosa?," domandò tornando dal suo stato di subconscio.

"Non siete accetta in paradiso. Cosa state omettendo, indole curiosa?" Alla domanda iniziò a balbettare, cosa stava nascondendo?

L'attrazione degli Inferi Winner#Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora