_Twenty three. Paradiso_

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Luxis giaceva addormentato in un letto fatto di nuvole di luce, morbide e incolore, circondato da angeli curiosi che si spintonavano gentilmente e ordinatamente per osservare il nuovo spettacolo da baraccone.

Aspettando un ette di discorso, tutti provavano ad avvicinarsi assumendo le forme di una calca irregolare di esseri bianchi, cercando di non farsi notare dagli altri.

Chi pensava fosse segno del volere di Dio, chi il volere stesso.

Chi pensava Luxis fosse un seme di male nella purezza incontaminata e andasse scacciato.

"Eretico," aveva detto qualcuno, mentre qualcun'altro, con strana curiosità, aveva provato a sfiorare il primo creato di Lucifero. Chi crastulava su di lui, chi si nascondeva.

E vi era anche chi, mentalmente, ringraziava la Provvidenza.

È la Provvidenza il capo degli avvenimenti?, se fosse così: che lei si faccia santa! Santa sia la Provvidenza! Santa sia colei che dice: Ciò che avviene, avviene per dato di fatto e non per congiura di esterni! Neanche Dio, O Supremo, può prenderne le redini...ma di tal discorso, vedremo, O onnisciente, in futuro.

Gli angeli erano indecisi sul come trattare il nuovo arrivato. Era un enorme punto interrogativo.
Dovevano chiamarlo fratello? Lui non era creato di Dio. Dovevano chiamarlo signoria? Lui non possedeva dove tutti possedevano tutto.
Dovevano chiamarlo Principe? Solo Michael, riconosciuto come Gesù o Jovah, era il figlio e il Principe di pace. Quale dilemma!

Luxis si svegliò ma non aprì gli occhi, era circondato da ciò che più odiava, angeli.

"Schifosi angeli" mormorò alzandosi dal comodo letto e facendone fuoriuscire i piedi. Il passaggio nella nuova dimensione lo aveva stancato, faticava solo a reggersi nel letto con le mani piantate in quella che sembrava paglia secca.

"Sc-hifosi?" Cos'è mai questa?," chiese qualcuno con calore.

"È una parola della lingua del diavolo," affermò qualcun'altro con stupore.

"Ora, gentili angeli, vorrei stare da sola." Fece finta di ri-addormentarsi aspettando tutti uscissero dalla stanza, chiuse gli occhi dai contorni scuri. Le sue iridi avevano assunto sfumature rosastre, quasi a distinguerlo dagli altri. Accorgendosi della stoffa aderente al corpo, capì di aver addosso una tunica.

"Quale angelo è stato?," si chiese sconfortato dal pensiero di essere stato sfiorato da loro.
" Ammirati siano questi," imprecò.
Appena ogni singolo angelo uscì, il Principe scese dal letto e, a punta di piedi, si diresse verso l'uscita controllando non ci fosse nessuno nei paraggi. Riguardò, un'ultima volta, la stanza in cui risiedeva: era troppo semplice per i suoi gusti; conteneva solo un letto basso dello stesso colore delle pareti bianche.

"Non si sono sprecati per accogliermi," pensò.

"Dovreste stare dentro," disse una voce femminile dietro di lui. Luxis la percepì vicino al proprio orecchio da quanto era profonda.

Il demone fece una risata nasale e senza girarsi rispose, "dovrei non Devo."

"Perché, quando ho qualcosa in mente, spuntano sempre gli angeli? Neanche fossì una calamita," poi si coresse pieno di superbia ,ma che dico? Io sono una calamità!"

"Dovreste è un modo gentile per dire che dovete," sospirò con enfasi l'angelo.

"Quindi mi state obbligando?," chiese divertito, girandosi.

L'attrazione degli Inferi Winner#Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora