_Chapter twenty I_

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[Nella foto Terpilih, consorte del generale Robert II e madre di Morgue. Il personaggio è stato creato prendendo spunto da una persona reale: FairyDust02 , la fantastica scrittrice che ci fa sognare con le sue parole e ci proietta in un mondo dove niente è scontato. ]

Loaniah ebbe un forte mal di testa entrando negli Inferi, la portò ad accasciarsi per terra.
Sentiva le orecchie fischiare e la gola le bruciava come se una lama raschiasse nella parete del collo.

Attorno a sé si inserivan in una preesistente cinta muraria in panchìna, una pietra calcarea notevolmente resistente, la porta degli Inferi, realizzata in giganteschi blocchi di tufo sovrapposti a secco. Il monumento limpido conteneva un arco trionfale. Esso consisteva in un solo fòrnice , grande apertura coperta, praticabile e destinata al transito. All'interno, l'arco a tutto sesto, si innalzava su bassi piedritti mentre il piano d'imposta era evidenziato da leggeri cornici in aggetto.

Dopo la porta da cui erano passati ve ne era un'altra per entrare nella culla degli Inferi. Quest'ultima era affiancata da due semicolonne corinzie, sulle quali gravava la trabeazione - sporgente in loro corrispondenza- sormontata da un frontone decorato con mensole a voluta.

Il Principe degli Inferi si massaggio la mascella in un gesto riflessivo toccando la barba pungente di qualche dì.

Gli aspri occhi si fermarono su Loaniah accasciata e inchinata all'entrata degli Inferi in un atto passabile per devozione.

Avrebbe potuto sostenerla o soccorrerla benché non fossero atti da demone.

Le diede un leggero colpo con la punta del piede all'altezza dei reni per incitarla ad alzarsi.

L'angelo poggiò la testa nella terra degli Inferi e aprì la bocca nel vano tentativo di parlare facendo fuoriuscire saliva impastata dalle parole. Le ali si stesero come il resto del corpo ma si erano dispiegate verso l'interno, intrecciandosi.

Faceva fatica a respirare. Ispirava velocemente ma nell'espirazione avvertiva un dolore all'altezza del cuore, sentiva l'organo vitale leggermente spossato:  tambulerava avido di sangue ossigenata facendo bruciare glucosio.

Le palpebre divennero pesanti, un macigno maligno da reggere. Sentiva la vista non più costante, non stava scendendo fra le braccia del guardiano del sogno.

Luxis sbuffò facendo sbattere e vibrare le labbra, per poi ripiegarle in una linea retta. Ripiegò le maniche della camicia sotto il gilé fino all'avambraccio.

Si abbassò prendendo l'inerme giovane fra le braccia nude e coperte dalla peluria fine.

I possenti muscoli si contrarono portando il viso di Loaniah nel suo glabo petto, alzando nelle labbra color carbone un segmento di disappunto. Era risaputo che gli angeli attraversando le porte degli Inferi avrebbero avuto dei mancamenti rischiando inevitabilmente la vita. Il Principe stava passando in un sentiero nei cui lati montavano simbolicamente la guardia delle statue gigantesche in alabastro calcareo. Si trattava di mostri alati in forma di tori androcèfali con cinque zampe, al fine di susseguite un movimento. Nonostante le enormi dimensioni essi erano caratterizzati da una tecnica scultoria estremamente minuta e raffinata, la stessa che si ritrovava in molti bassorilievi votivi rappresentanti divinità mostruose.

Loaniah si risvegliò su un soffice letto matrimoniale con dei teli che coprivano il suo riposo. Il collo sudato era imperlato di gocce leggere di rugiada fatata.

Il respiro conservava un moto affannoso e la parola veniva assopita dai più magici fra i cantautori. Ardeva nelle vene la leggiadra paura a ricordare l'accaduto e a ricordare dove si trovava.

L'attrazione degli Inferi Winner#Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora