_Chapter nine_Inferno.

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"Per le corna del diavolo, ragazzina non vi farò duchessa," affermò convinto il Principe sbattendo un pugno nel tavolo che sobbalzò leggermente al contatto.

"Chi ha appellato alle mie corna?" Apparve una figura dietro Liniæ. Ella era mezza distesa e aveva appoggiato la schiena nella parete ricolma di affreschi.

"Padre." Luxis chinò il capo gagliardo mentre Robert si appresto a inchinarsi in modo assai bellicoso. Lucifero vantava di una bellezza indescrivibile ed inconsueta agli occhi della fanciulla delle miniere. Era ineguagliabile nel fascino con quelle spalle grosse che li creavano l'aria di uno invincibile, e come donava bene quella comune stoffa sul corpo suo. Quel volto sculturato con il pennino, così dolce ma duro, stordiva i sensi della cara. Il busto stretto, che risaltava gli addominali, era perfettamente posto come un dolce fatto per essere guardato. I capelli neri, la barbetta assente.. davano al Re un non so ché di vissuto ma giovanile. Gli occhi azzurri, più trasparenti del figlio, sembravano aver visto l'immaginabile ma osservavano allerti.

" Quando vi ho mandato nella Terra, Principe, non rassento di avervi richiesto di assimilare i gerghi umani e imprecare sulle mie devote corna." Il Re fece alzare il figlio e si sedette nella medesima posizione nel trono di legno.

" Le vostre corna sono famose," alle calde parole della schiava, il generale dovette trattenere una risata che divenne un gemito tramutato in un lieve accenno di tosse, infatti, ponette una mano nel collo per poi attenuare la presa della cravatta e massaggiarselo a ritmi regolari.

"Sono il più potente. Sono il figlio prediletto. Sono il ribelle. Ho creato i sette peccati capitali. Sono la tentazione, la bellezza, l'ira, l'avarizia, l'odio, la superbia, la gola, l'invidia e la lussuria. Ho creato l'Inferno anzi, sono esso. Sono la mela succulenta, quella di cui non si può farne a meno. E, quegli esseri mortali, mi ricordano per le mie corna!" Si massaggiò la fronte con le dita per alleviare il formicoloso fastidio.

"Sono delle gran belle corna," provò a giustificarli Liniæ senza perdere il suo caratteraccio da donna da buon costumi. Iddio solo sa perché!

" Uno scarto? " si riprese il Re dai suoi pensieri interni.

" Si," risposerò all'unisono i due ragazzi, che raccontarono l'intera vicenda come se ella non fosse presente.

"L'offerta che ti ha fatto mio figlio non è conveniente, mi ben venga. Volete essere la duchessa perché pensate al potere, all' invulnerabilità ? Mia giovane diletta, non potrete mai stare al di sopra della famiglia reale e potrei farvi giustiziare anche da duchessa. Essere duchessa comporta a tante responsabilità. Partiamo dalle più semplici, dal curriculum base. Do per scontato che voi, cara, sappiate cosa sia! Sapete leggere? Scrivere? Parlare fluidamente con nobili? Siete astuta?, se sareste stata astuta, non avresti fatto simili pretese. Dovete essere scaltra fanciulla. Non avete il dono della bellezza e neanche dell'intelligenza, presumo. Deduco, per mio intuito, voi non sappiate neanche il significato di reggere un regno. Come vorreste scalare la scala sociale?, con la vostra isuberanza? Non sapete condurre le frivolezze del ruolo da duchessa, non resistereste. È inutile che dipingente tale smorfia, è la verità. Safar, giusto? Bene. Se voi non mi direte la verità, lui verrà giustiziato. Potrete anche aver ricevuto sangue angelico e avere delle informazioni ma, questo è il mio regno, conosco mille modi per ricavare le parole che gelate dentro di voi." Aveva al lato sinistro Robert II e al lato destro il figlio che appoggiava la mano nella spalla dal padre, anche essa ricoperta da uno smoking. Il Re le dava appellativi sinuosi per derriderla. Povera Liniæ! Il poco culto la fiondava con l' ignoranza.

"Quindi" riprese il demone " potrei farvi un offertà succulenta. Voi e quel Safar sarete miei supplementari . Lui sarà un soldato della mia burrascosa e lecita battaglia, voi, bella dama, sarete di buon conto. Potrete vivere da donna dell'alta società!  Sarete una collaboratrice della pulizia. Avrete vito, alloggio e cibo. Potrete recarvi alla mia stessa tavola," usava parole d'alta routine che Liniæ a poco comprendeva.

Era un demone astuto. Sempre la volpe come lui, l'agnello catturava. Il ragno già aveva teso la propria ragnatela, la preda era appena arrivata. Sciocca misericordiosa! Come poteva cadere nella tentazione?

Liniæ non capì che, accettando il patto con il demonio, aveva appena preso l'ascensore per il proprio Inferno.

Nel polso candido di lei apparve un simbolo interamente in rosso, il simbolo del diavolo: la bilancia alla rovescia trafitta da una piuma. Si era legata da sola, figlia dell'ignoranza che aleggiava nella sua mente.

"Racconta," le impartì Lucifero sistemandosi la cravatta.

Liniæ non poteva parlare di Neapolis, l'avrebbe messa nei guai. Poteva ma non voleva.

Tutto si può fare, è il volere a renderlo impossibile.

Sapeva, sentiva nel cuor suo, che la donna baffuta non c'entrava niente. L'aveva sempre trattata come una figlia, non le aveva mai recato male.
Doveva inventarsi qualcosa, assecondò le ipotesi dei due nobili supremi: Robert II e Luxis.

Lasciò cadere alcuni secondi nel pozzo della tensione.

Prese fiato ma esso volava via come uccelli migratori alla vista del cambio di stagione.

"Mi trovai difronte un essere meraviglioso, dotato di ali così lucenti e belle, pure e bianche come mai avevo viste. I capelli sembravano morbidi al solo sguardo come i tratti del viso. Il corpo era ricoperto da una tunica chiara e luminosa. Una corda circondava la vite creando un fiocco, che penzolava ai suoi movimenti sbattendo con la tunica. Avevo il suo polso pulito e mulato fra le mie labbra, mentre una linfa dal sapore dolce scivolava nella mia gola in un turbinio di sapori. Mi baciò la fronte sudata. Incontrai i suoi occhi scuri che emanavano la stessa luce calda, una sensazione di protezione mi pervase. Mi portò fuori dalla reggia e mi lasciò con la sua benedizione," mentì Liniæ usando i racconti di Aron, il Don Giovanni che tanto le mancava! Ringraziò mentalmente la testa di falce che le aveva raccontato quelle storie realistiche e tanto minuziosamente rese nel dettaglio che la piccola portava tutto in memoria. Accompagno le parole dai gesti della mano per rappresentare la luce che emanava l'angelo nella sua immaginazione. Quanta fantasia e interpretazione! Liniæ sapeva mentire. Aron le aveva alzato la mano verso i misteri di tale arte. Le aveva svelato che un buon bugiardo, per mentire agli altri, prima mente a se stesso; si immedesima così tanto nella parte ché pure costui ci crede e sostiene la nuova tesi.

"Donna!, provate a ridire tali imprecrazioni nel mio regno e stupidaggini varie che vi licenzio ancora prima di iniziare," sbraitò Lucifero andandosene e dicendo fra sé e sé " ma cosa devo fare io...Guarda un pò cosa mi tocca sentire.." alzando le mani al vento e muovendole in segno di disperazione cercando di scacciare le parole di Liniæ. Una volta uscito dalla stanza il demonio sorrise vittorioso, aveva capito che ella mentiva e le avrebbe fatto sudare ogni parola.

Il principe, che si sedette di nuovo, si limitò ad alzare un sopracciglio mentre il generale scuoteva la testa con disgusto e incredulità. "Ragazza avete perso quel poco di stima che si era creata nei vostri confronti avendo fatto tacere il principe." Il generale rivolse un occhiatina divertita a quest'ultimo che andò via nello stesso modo del padre.

Tale padre, tale figlio.

L'attrazione degli Inferi Winner#Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora