_Twenty one II_

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Nel capitolo precedente...

..Non cercò nell'alto o osservò il soffitto; lei era un mostro e sapeva che i mostri odiavano essere visti...

I peli dellle gambe e delle braccia del genere si drizzarono come i suoi sensi. Una follata di vento, da sconosciuta provenienza, solleticò il collo del maledetto; costui iniziò a passare la mano dominante nel collo e a riscaldarlo.

"Brr Brr."  Il suono onomatopeico si espanse come le mosche si espandono nelle discariche.

"Terpilih basta giocare, affrontami."

Il guerriero estraette la spada dal fodero e la punto a vuoto, gli occhi guizzavano al minimo fruscio.

La lama appuntita in ferro dell'arma disegnava linee nell'aria. La mano che la reggeva tremolava per il freddo.

"Terpilih."

Nessuna risposta.

Da dove proveniva quell'aria ricca di detriti dei bassi fondi ?

L'odore che si stava propagando era famigliare, giungeva dalle miniere.

Fu un momento. Passi. Il generale aveva udito dei movimenti, si girò di scattò e corse alla cieca verso la provenienza di quel ottuso rumore. Il buio lo spingeva a puntare la spada, tenuta saldamente nell'elsa, verso il medesimo punto. Il braccio era teso fulmineo verso la sconosciuta metà. I secondi sembravano non passare, i minuti avevano iniziato a correre all'indietro, le ore si erano buttate dalla montagna del futuro. I suoi stivaletti trasmettevano il rumore ovattato del pavimento a contatto con i tacchetti bassi.

Successe velocemente.

La spada aveva infilzato un corpo. Robert sentì la spada affondare nella carne della figura con morbidezza, come se fosse un'estensione delle proprie braccia.

Un urlò stridulo, infantile.

Una lacrima.

Del buio.

Il generale, appena notò la figura, si portò le mani intrecciate all'altezza del cuore e scaturì un urlo liberatorio. Estraette la spada dal collo del piccolo, e la gettò lontano dal proprio sguardo assassino e oppresso.

"No, bambino mio," pianse scuotendo la testa e prendendo il piccolo fra le braccia. Iniziò, poi, a dondolare dandosi la spinta con i talloni, come se stesse cantando una ninna nanna...Una ninna nanna, l'ultima dormita di Morgue, un sonno eterno.

"Ora starai meglio. " Il sangue continuava a fuoriuscire dal collo e, come una uragano, non si fermava. Quel momento si poteva paragonare alla pioggia.

Morgue amava la pioggia, poteva piangere e camminare a testa alta accompagnato dal pianto del cielo. Il piccolo demone aveva raggiunto un colore cadaverico, gli occhi non luccicavano più di vita, quella vita che gli era stata strappata con vigliaccheria. Un bambino che non c'entrava niente era stato rubato a madre natura. Un piccolo lupacchiotto era stato rubato al branco.

Sono sempre i più deboli a pagare per gli errori commessi dai grandi.

Sono sempre loro a restare lesi nelle guerre: loro che vogliono assomigliare agli adulti; loro che vogliono crescere; loro che guardano il mondo pieno di colori; loro che amano. Da demoni. Da angeli. Da umani
Da vivi e da morti.

I piccoli viventi, per taglia e dimensioni, pagano i prezzi salati; proprio loro che, con le manine, colorano il muro e sorridono con l'arcobaleno. Come era bello quel demone piccino, aveva tanti sogni, aveva tanti desideri rubati in un batter di ciglia. Voleva diventare Re, voleva proteggere la madre e rendere orgoglioso il padre.

L'attrazione degli Inferi Winner#Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora