Capitolo 3

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Inizio a correre come ho sempre fatto; le gambe come rinate premono sulla dura roccia ai miei piedi con una facilità mai percepita prima.
Vorrei disperatamente andare più veloce, come fa Harry.

Prendo un profondo respiro, non sentendo la minima stanchezza per lo sforzo della corsa: è come se io stia passeggiando.

Da umana dopo soli due minuti sarei morta accasciata al suolo per la mancanza di ossigeno.

Svolto l'angolo, ritrovandomi in un buio e angusto corridoio che sembra infinito in lunghezza.

É la mia occasione: Harry è più avanti e continua a inseguire quella voce.

Devo raggiungerli.

Provo ad aumentare la frequenza del movimento delle mie gambe; quasi cado a terra per la sorpresa. Posso, riesco ad andare ancora più veloce di prima, sento l'aria che mi trapassa i capelli sciolti, la pelle che viene accarezzata da sferzate di vento invisibili.

I miei occhi si abituano senza problemi alla nuova sequenza di immagini, così rapida attorno a me.

Parete del corridoio, parete del corridoio, pavimento, scarpe da ginnastica.

Inspiro una boccata d'aria e il profumo del riccio mi invade. Sorrido senza accorgermene, sgranando leggermente gli occhi mentre un sottile brivido involontario mi invade la schiena.

É così strano sentire voci e parole ben chiare e distinte pur non avendo nessuno davanti.

"Chi sei? Perché ci stavi spiando?"

La voce roca e profonda di Harry.

Un leggero singhiozzo.

Scuoto il capo, corrugando la fronte per la confusione e svoltando per l'ennesima volta alla mia sinistra.

Sono costretta a fermarmi all'istante, dato che mi si para davanti la schiena definita del riccio, accovacciato al suolo.

Punto quindi i piedi sulla pietra e mi congelo sul posto: non sento il bisogno di riprendere fiato o di sedermi per un crampo ai muscoli delle gambe.

É come se io stia sognando, tutto questo è così surreale.

"Chi-Chi é lei?"

Ancora quella voce sottile e squillante, ora a pochi metri da me.

Avanzo di un passo verso Harry e, spostando leggermente il viso, scorgo la figura minuta di una bambina. Avrà si e no dieci anni.

È rigida sulle gambe e raggiunge in altezza il riccio, contrariamente a lei in ginocchio.

Le sue manine morbide e minuscole sono intrappolate tra loro, il viso minuto rivolto ad esse. É molto pallida, con mio orrore non percepisco il battito del suo cuore.

Quasi sento mancare il terreno sotto di me nel riconoscerla come vampiro: questa bambina deve essere morta in qualche modo all'età di dieci anni. L'età che dovrebbe essere la più allegra e giocosa della nostra vita.

Sopprimo il desiderio interiore di chiedere il come o il perché di una tale crudeltà. Non è il momento adatto e poi Harry non me lo permetterebbe.

Mi limito quindi a stortare il naso in una smorfia sconsolata e a serrare le labbra ermeticamente in una linea chiusa ed inespressiva.

Il riccio non si volta nemmeno verso di me, avvicinando invece le sue mani a quelle della bambina.

Quasi sorrido per l'evidente differenza di dimensioni.
Un gigante e una piccola bambola.

"É una mia amica, non ti farà del male"

Amaranthus [h.s.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora