Capitolo 18

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L'alba è come uno di quei film che conosci a memoria ma che non ti stanchi mai di rivedere. Ma proprio una di quelle pellicole che appena riconosci sullo schermo inizi a recitarne le battute che tanto ami in labiale, la lacrima che nasce sempre per quel bacio rubato che sogni di vivere nella tua vita, quel sorriso che ti spunta sempre per quella particolare svolta nella trama.

A volte mi piace sentirmi così, la mente svuotata per un attimo dalle preoccupazioni e dalle ansie, rubare un secondo del mio tempo per godere di qualcosa banalmente bello.

Sono seduta sul bordo della finestra della sala da pranzo della famiglia Horan, la schiena lasciata cadere contro il bordo in legno del muro e le gambe a penzoloni.

Stringo tra le mani una tazza di caffè che Maura mi ha praticamente costretto a prendere, ma va bene. Credo sia il suo modo di farmi sentire a mio agio qui.

Sospiro lentamente, il panorama esterno che traspare dalla tenda in tessuto che mi ripara dalla luce solare.

Posso ancora immaginarmi il piacevole tepore di un raggio estivo solleticarmi la pelle.

Mamma che quando ero piccola che correva da me per ricoprirmi con una crema solare che mi faceva irritazione e grattare ovunque per ore. "Almeno non scotti la candida pelle di tua nonna" amava riprendermi con un sorriso ogni volta che protestavo. E segretamente, non gliel'ho mai voluto confessare, mi inorgogliva portare avanti una cosa così stupida come la pelle chiara.

"Ma nonna è vecchia!" borbottavo la maggior parte delle volte, con le braccia corte strette attorno al mio costume intero rosa preferito.

Lei allora, con una bellezza statuaria, si chinava su di me, appoggiando le sue mani morbide sulle mie gracili spalle. E sorrideva, le labbra come due ciliegie fresche.

"Nonna è stata giovane. Quando io avevo la tua età, mi riprendeva ancora più severamente." vedendo che ciò non mi consolava, quel giorno mi fece un occhiolino e, sfiorandomi la punta del naso con un dito, annuì soddisfatta.

"Hai proprio due occhi che parlano bambina mia, ti auguro di guardare tutti con la stessa sincerità"

E ai tempi non capivo ciò che stava cercando di dirmi.

Forse tutt'oggi non lo capisco.

Due passi leggeri sulla moquette mi fanno tornare bruscamente alla realtà; lasciando la tazza di caffè accanto alle ginocchia, mi volto, una mano fra i capelli.

Harry è in piedi davanti a me, la schiena dritta e le mani tese nelle tasche dei pantaloni.

Sembra nervoso, o per lo meno, a me sembra nervoso, dato che la maggior parte delle volte vuole apparire totalmente distaccato dai sentimenti e tutto ciò che considera stronzate.

Ha la mascella serrata, gli occhi puntati con decisione nei miei.

Resto in silenzio, comunicandogli la mia disponibilità ad ascoltarlo.

Non ho veramente nessuna voglia di litigare con lui.

Ondeggia leggermente coi piedi sul posto.

Solo ora mi accorgo che la stanza è deserta: pochi brusii dietro la porta chiusa della cucina e l'acqua che scorre in bagno.

"Volevo parlare" afferma.

Serro le labbra.

"Ti ascolto"

Si gratta il capo con una mano.

"Tutto bene? Sembri un po' giù" eccolo che si preoccupa per me.

Potrei sentirmi più stabile con lui sulla banchina di una nave trascinata dalle onde ed in balia di una tempesta. Non so mai con esattezza quello che può arrivare a dire o a pensare, e per una che ama avere la situazione sotto controllo tutto questo può essere solo snervante.

Amaranthus [h.s.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora