1. Il principio

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Waltz Op. 64 F, Chopin

Sfioravo quasi impercettibilmente i tasti del piano sulle note del mio pianista preferito, Chopin. Frances, il cameriere, ondeggiava seguendo la mia musica, pulendo i tavoli circostanti. George, il proprietario del locale dove lavoravo, contava i guadagni della serata minuziosamente.
Il bar era rustico, le luci fioche illuminavano molto poco la sala di notte, dato che quando era aperto, erano rimpiazzate dalle illuminazioni colorate da discoteca. Io preferivo il locale chiuso, quando finalmente potevo suonare la mia musica, quella per cui avevo iniziato a suonare tanti anni fa, la musica classica. Durante il lavoro non potevo certamente suonare brani di secoli fa, i clienti volevano musica ballabile, moderna, allegra. Avrei potuto suonare qualche brano di Tchaikosvkj ma non sarebbe stato apprezzato ugualmente. Mi potevo definire una 19venne di altri tempi. E così, suonando il quel piccolo bar mi guadagnavo da vivere e coltivavo la mia passione, il pianoforte.
<< È ora di andare, Margot. >> Mi disse George mettendomi una mano sulla spalla e mi interruppe.
<< Si, si. >> Mugugnai raccogliendo velocemente i miei spartiti. Li infilai nel mio zaino verde e mi incamminai verso l'uscita.
<< Che fai non mi saluti? >> Mi bloccò Frances prendendomi da un fianco. Mi staccai irritata.
<< Ciao, ryvok. >> Gli dissi alzando gli occhi al cielo.
<< Significa 'amore della mia vita' in russo, vero? >> Mi chiese sorridendo. Che testa vuota.
<< Cercalo su google. >> Risposi e uscii dal locale velocemente.
Sentii il clacson dell'auto di mio fratello proveniente dal marciapiede opposto, quindi lo raggiunsi ed entrai in quel catorcio, che era così dirottato che mi faceva tenerezza.
<< Salve signorina, dove la porto? >> Ironizzò fingendo di aggiustarsi una cravatta invisibile.
<< A casa nostra, Sir Luke. >> Risposi ridendo, e mise in moto.
<< Com'è andata oggi? >> Mi chiese durante il tragitto.
<< Al solito. La gente continua ad aumentare, temo che il locale sia troppo piccolo. >> Raccontai aggrottando la fronte.
<< Lo credo anch'io. George troverà la soluzione. >> Disse accendendo la radio. Iniziò a canticchiare, quindi mi concentrai sulla sua voce, sapeva cantare benissimo ma non credo ne fosse consapevole. Sono molto attenta alla voce delle persone, è un particolare che noto sempre, insieme agli occhi.
Quelli di mio fratello erano azzurri, a volte più chiari, così chiari che si potevano distinguere al buio. Inoltre era biondo, abbinamento perfetto; se non sapessi che è Australiano lo crederei russo.
In realtà non siamo fratelli biologici, io ho chiaramente origini russe, ma la sua famiglia mi ha adottata quando avevo 8 mesi, i miei sono morti e non li ho mai conosciuti. In compenso ho vissuto in una famiglia splendida, con un fratello a dir poco speciale. Luke è la persona a cui sono più legata in questo mondo, nostro padre ormai è in una casa di riposo a Canberra, consumato dalla vecchiaia e dal dolore per la perdita di mamma. È morta due anni fa, non è stato facile per nessuno, specialmente per Luke, era la sua fotocopia, consunta dal tumore al cervello, che in poco tempo l'ha disintegrata e ci ha lasciati da soli. Alla sua morte, io avevo 17 anni, Luke era maggiorenne, quindi si prese la mia responsabilità e partimmo. Ci trasferimmo a Sydney, dove ora viviamo in una piccola casetta, che entrambi adoriamo. Sentiamo nostro padre giornalmente tramite una donna che si prende cura di lui, al momento le sue condizioni sono stabili ma molto vulnerabili, cerchiamo tutti e due di non pensarci.

Arrivammo a casa, Luke aprì la porta ed io mi diressi velocemente in cucina, avevamo entrambi una fame da lupi. Il campanello suonò dopo mezz'ora, e consapevoli che fosse la signora Carshaw emettemmo uno sbuffo comune.
<< Vai tu. >> Mi affrettai a dirgli, mostrandomi occupata ai fornelli. Mi lanciò un occhiata contornata da un gestaccio e poi, fingendo un sorriso, aprì la porta.
<< Buonasera signora! Cosa posso fare per lei? >> Recitò ondeggiando la testa teatralmente. Risi silenziosamente sbirciando dalla cucina.
<< Caro, ho sentito che verranno dei nuovi vicini ad abitare accanto alla vostra casa. Che soggetti sono? >> Disse la vecchia stringendo gli occhi.
<< Non ne sapevo nulla, signora. Non ho idea di che persone possano essere. >> Rispose Luke alzando le spalle. Poi si girò verso di me ma scossi la testa.
<< Teneteli d'occhio. >> Borbottò la donna e se ne andò continuando a biascicare lamentele al suo solito.
Mio fratello chiuse la porta, poi si voltò e ridemmo entrambi. << È proprio strana. >> Commentai mettendo i piatti in tavola.
<< Molto. >> Annuí Luke iniziando a mangiare.
<< Però questa storia dei vicini preoccupa anche me. A parte noi nessuno verrebbe a vivere in periferia a meno che non sia un pazzo. >> Dissi tra un morso e l'altro al mio toast.
<< Forse sarà una giovane coppia in cerca di un'abitazione economica. >> Rispose ed io alzai le spalle guardandolo perplessa.
Quella sera stessa, mentre guardavamo un film, sentimmo i rumori di una macchina che si parcheggiava nel garage accanto al nostro. Quindi ci alzammo contemporaneamente e sbirciammo dalla finestra del salotto.
Un ragazzo probabilmente della nostra età uscì dall'auto sbattendo lo sportello adirato.
Poi calciò una ruota e si diresse verso il cofano della macchina. Estrasse varie valigie ed alcuni scatoloni e li mise tutti di fronte la porta della sua villetta.
<< È lui il nuovo vicino. >> Disse Luke pensieroso. << Cavolo Sherlock, che intuizione! >> Risposi ridendo. Mi fece il verso continuando a fissare il tizio.
Era alto, completamente vestito di nero, aveva i capelli neri,con una frangia azzurra. Un piercing al sopracciglio sinistro e vari tatuaggi sulle braccia. Distinsi da lontano i suoi occhi trasparenti, tendenti al verde, magnifici.

La pianistaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora