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I due lati di me stessa (eh sì, mi sa proprio che ero bipolare) stavano combattendo arduamente fra di loro: uno voleva lasciare che le cose seguissero il corso naturale che ormai avevano preso, l'altro voleva mantenere la lucidità e prestare fede al "programma" che mi ero fatta per la relazione con Warren, affinché tutto fosse perfetto.

Alla fine il secondo prevalse, anche se in realtà avrei preferito di no. Senza quasi volerlo, girai la testa di lato, e Warren finì per darmi un bacio sulla guancia. Ansimai, subito pentendomi del mio gesto.

Lui mi guardò negli occhi, disorientato, ma io non volevo incrociare il suo sguardo. Mi stavo vergognando tantissimo della mia avventatezza, e già mi sentivo un'idiota.

«Rose?» mi chiese. Non risposi. Non volevo, e non sapevo cosa dire. Sospirò, si spostò da sopra di me e si sedette sul tappeto. Anch'io mi tirai su e mi sedetti con le gambe incrociate. Ero mortificata, mantenevo lo sguardo basso per non farmi assalire dai sensi di colpa. Warren era confuso, deluso.

«Ah... scusa...», cercai di rimediare.

«Cosa c'è?» mugugnò dolcemente. «Non vuoi stare con me?»

Non sapevo come spiegarmi. Andai per tentativi. «Non è questo... è solo che... non sono sicura di... ecco...»

Zero. Non mi venivano le parole. Osservai il suo sguardo e, ancora prima di interpretarlo, sentii i miei occhi diventarmi lucidi. Avevo voglia di piangere. E non penso sarei riuscita a resistere ancora per molto.

Warren, senza dirmi né chiedermi niente, mi abbracciò teneramente (sempre da seduti a gambe incrociate quindi era un po' un casino), poi mi prese la testa fra le mani e mi baciò in fronte. Accarezzò i miei capelli e sospirò. «Sei bellissima».

Si alzò in piedi, visto che io ero ancora immobile e che a quanto pare non avevo intenzione di muovermi di lì, e mi tese una mano per aiutarmi ad alzarmi. La presi e mi tirai su.

Warren mi guardò per qualche istante, in silenzio, studiando l'espressione del mio volto. Io cercai di sostenere il suo sguardo con tutte le mie forze, non volevo deluderlo ancora di più di quanto non avessi già fatto. Alla fine lui sospirò e disse: «Forse è meglio che me ne vada.»

Non attese la mia risposta, ma lo seguii mentre scendeva le scale a chiocciola che portavano al piano terra.

Si diresse alla porta e mi salutò. «Ti chiedo scusa se sono stato un po' invadente. Cercherò di stare di più nel mio spazio».

Iniziai a dirgli «No, non hai fatto niente di male, sono io che sono una stup...-» ma lui mi interruppe posandomi una mano sulla guancia. «Non serve che ti scusi. Non ti preoccupare.» Mi rivolse un sorriso. «Ci vediamo» disse, uscì dalla porta e sparì.

Rimasi a fissare la porta chiusa per un bel po', cercando di riordinare la confusione di pensieri che avevo in testa, con pochissimo successo. Avevo bisogno di un po' di tempo per riflettere.

In quel preciso momento suonò il telefono di casa e, dopo aver letto il nome sul display, risposi.

«Pronto? Ciao mamma.»

«Ciao Rosalie, volevo dirti che io e il papà stiamo arrivando a casa. Tu sei lì?»

«Ma mamma! No, guarda! Esco con il telefono fisso appresso» risposi con quest'espressione: -.-"

Rise. «Giusto. Bene, ci vediamo fra poco!»

«Ciao».

Riattaccai. Di solito ero sempre felice di rivedere i miei dopo che erano stati in missione per più giorni, ma questa volta era diverso. Non avevo nessuna voglia di dover rispondere a domande sul perché avevo quella faccia. A quanto pare il mio volto era talmente espressivo che solo dandomi un'occhiata si capiva cosa mi passava per la testa.

Udii una strana musichetta attutita provenire da poco distante, e mi ricordai del mio cellulare. Aprii la porta d'ingresso e lo raccolsi: ormai si era scongelato. Stavo ricevendo una chiamata da Ashley, così risposi. Ad essere sinceri, ero un po' innervosita per quello che stava per dirmi.

«Pronto?»

«Warren è ancora lì?» chiese Ash senza neanche salutarmi.

Mi venne un groppo in gola. Come vorrei poter tornare indietro nel tempo e fare in modo che lui fosse rimasto, pensai. «No» dissi, cercando di mantenere il mio tono di voce più neutro possibile.

«Guarda che con noi puoi parlare, Rose» mi rassicurò Ashley. «Le amiche servono a questo.»

Sorrisi, commossa. «Grazie Ash... però adesso non me la sento, scusami.»

«Ehi» disse, con un tono leggermente preoccupato. «Va tutto bene?»

Stavo per risponderle quando sentii dei rumori dall'altra parte della cornetta, e la voce che parlò dopo fu di Scarlett. «Ashley mi ha raccontato tutto» dichiarò.

Scossi la testa. Proprio come mi aspettavo. «Sì, chissà cos'ha capito! Guarda che non-»

Non mi lasciò finire che mi chiese: «Avete fatto sesso?».

Sgranai gli occhi.

Lei, dato che non rispondevo, fece: «Che c'è?»

Mi ripresi dopo qualche momento di shock. «Ma... ti rendi conto di quello che stai dicendo?!»

Ridacchiò. «Non tanto. Prima ho mangiato quattro pacchetti di biscotti».

Ecco spiegato l'enigma. «Capisco. Passami Ashley.»

«Dimmi» rispose subito. Probabilmente erano in vivavoce.

«Allontana Scarlett dai biscotti, sta straparlando.»

«Ma allora non l'avete fatto?»

Mi esasperai. «Ashley!! Anche tu adesso?!»

Ridacchiò.

«Ma se non ci siamo neanche baciati! Cosa vuoi che arriviamo direttamente ad andare a letto assieme!!!» esclamai, sconvolta.

Scarlett, che evidentemente si stava divertendo più del dovuto, raccontò: «Dai pensieri che urlava Warren fin qua a casa mia sembrava fossero quelle le sue intenzioni!»

Fu come se un fulmine mi squarciasse in due.

Però mi arrabbiai. «Ska, adesso smettila, sono già abbastanza in imbarazzo per oggi! Dai, domani vi racconto sennò non la finite più!»

Ashley mi aiutò. «Va bene dai, Rose, ci racconti domani. Sicura che non vuoi venire qui con noi?»

«Sicura. Anzi, fra poco dovrebbero arrivare i miei, voglio stare un po' con loro stasera.»

«Certo. A domani allora. Buonanotte.»

«'Notte Ash.»

Riattaccai.

Mezz'oretta dopo arrivarono i miei genitori. Li salutai con un abbraccio, e non mi fu difficile sembrare felice, perché lo ero davvero. Dopotutto mi erano mancati. Li aiutai a portare in casa i bagagli e a svuotare le valigie.

Di solito non avevo problemi a parlare con mia madre, le raccontavo quasi tutto, ma di Warren non mi andava di approfondire l'argomento. Anche perché lui avendo un potere così pericoloso, avevo paura che i miei fossero contrari all'idea che io lo frequentassi. Ma dopo il casino che avevo combinato quel pomeriggio, forse non avrei più dovuto preoccuparmene...

Per cena preparai io un risotto, e a tavola lasciai che i miei genitori mi raccontassero della loro missione.

Almeno quell'argomento mi avrebbe distratto dai miei pensieri pieni di rimorsi.

Frozen in Flames | COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora