44 - Tutto ciò che volevi sapere (avrei dovuto spiegarmi prima)

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Gli anni scorsi avevo sempre cercato le scuse più assurde per trovarmi nei suoi paraggi, adesso le cercavo per stargli il più distante possibile.

Mi vergognavo troppo di me stessa. Mi sentivo una perfetta idiota. Avrei voluto cadere in una buca e non uscirne mai più.

Lunedì non lo volli proprio vedere. Alla mattina arrivai a scuola all'ultimo minuto apposta, e in ricreazione rimasi in classe per studiare. Cosa che avrei dovuto fare comunque, se volevo arrivare preparata all'interrogazione di Francese. All'ora appena passata, la professoressa Delacroix ci aveva incredibilmente consegnato i compiti svolti il giovedì appena passato (incredibilmente perché di solito ci metteva circa tre mesi per correggerli, sempre se non li perdeva [o se non moriva, con la salute precaria che si ritrovava, lmao]. Ma questi erano un ripasso sulla grammatica, quindi più veloci da controllare) e insomma nel compito alla fine avevo preso un sette. Neanche male, per i miei standard, ma quest'anno volevo impegnarmi di più. In fondo in letteratura andavo anche bene, ma facevo ancora troppi errori di distrazione. Chissà perché, pensai sarcastica.

Al cambio d'ora, Warren passò in corridoio proprio nel momento peggiore. Mi vide mentre sbattevo la testa contro il mio armadietto ripetendomi «Rosalie sei un'idiota, sei un'idiota, sei proprio un'idiota!». Lanciai un grido quando notai lui che mi fissava esterrefatto, e fuggii alla velocità della luce prima che potesse dirmi qualcosa. Che figura di merda. Peggio di così non poteva andare.

Alla sera ricominciarono le lezioni di Hip Hop, come mi aveva per fortuna ricordato Scarlett, e almeno avevo una scusa per distogliere la mente dai miei problemi e concentrarmi sulle coreografie.

Martedì mi andò di culo, perché la professoressa di Filosofia portò tutta la mia classe a una conferenza, "gita" che occupò tutta la giornata, così non dovetti neanche cercare di nascondermi da Warren perché non lo vidi proprio. In corriera con noi vennero anche la quarta e la quinta scientifico, e la quinta linguistico. A quanto pareva, si trattava di una conferenza davvero importante, che come argomento trattava i diritti e i doveri dei Super nei confronti delle persone comuni, o, con termine più corretto, i Sapiens. Noi "Super", o mutanti, se vogliamo usare un termine che molti di noi (compresa me) ritenevano vicino al dispregiativo, appartenevamo alla specie Homo Sapiens Superior, evoluzione dell'Homo Sapiens Sapiens, ovvero i comuni mortali. Era un argomento delicato per noi: di solito cercavamo di evitare i Sapiens, dai quali come ho già accennato eravamo ancora non del tutto ben visti, a meno che non ne fossimo strettamente obbligati, come ad esempio nei luoghi o nei mezzi pubblici.

Ci avevano portato a quella conferenza perché, come ci spiegò la nostra professoressa, sarebbero stati tutti argomenti di cui avremmo parlato più avanti in classe, e che attualmente erano anche ciò su cui stava discutendo la politica.

Ero abbastanza interessata: il tema mi stava particolarmente a cuore, e avevo sempre voluto approfondirlo di più. All'incontro partecipavano molti personaggi illustri, tutti seduti su un lungo bancone con i microfoni. Pensate che, via Skype, intervenne perfino il Professor Charles Xavier. Dopotutto, era un luminare sulla materia.

C'erano molti adulti che vi partecipavano e anche studenti da scuole degli altri Stati. Un cameraman riprendeva tutto l'evento, dato che era in streaming per coloro che non avevano potuto essere lì presenti.

«Guardate» disse divertita la mia compagna di classe seduta vicino a me «abbiamo Jared Leto come cameraman».

Noi ragazze ci girammo a guardare e in effetti aveva la barba e i capelli lunghi e mossi proprio come Jared Leto. Ridemmo sottovoce.

Mi piacque ritrovare quell'alleanza tra ragazze con le mie compagne. Gli anni precedenti ero sempre stata tanto col loro, anche durante i cambi d'ora e in svariate ricreazioni, ma quest'anno era cominciato in modo decisamente diverso. Già dal primo giorno avevo speso la maggior parte del mio tempo con Warren. E adesso avevo rovinato tutto.

Mercoledì mi andò un po' meno bene: avevo la lezione di Tedesco con il professore di madrelingua, alla terza ora, la quale si svolgeva con la classe di Warren. Funzionava così: per queste lezioni di conversazione, sia per Francese che per Tedesco alla mia classe se ne univa un'altra, rispettivamente la terza linguistico (dove c'era Britney) e la quinta Itis, con Warren e Joe. Questo per poterci migliorare tutti nel parlato, il che era veramente una buona opportunità. Le prime due settimane di scuola erano state un casino, non ce n'era una di regolare (tipo che mi ero trovata con Warren ma Joe, Ashley e Scarlett erano a un'altra lezione) perché, sebbene le classi fossero divise in indirizzi, ognuno aveva anche un orario personale. Quindi non sempre mi ritrovavo a frequentare le lezioni con tutte le mie compagne del liceo linguistico. Eravamo tutte quante solo nelle lezioni pertinenti al corso, come Letteratura (Inglese, Tedesca e Francese), Filosofia e Storia. Altre materie come Scienza Pazza o Educazione Fisica erano comuni a tutti i corsi, quindi venivamo smistati singolarmente, e noi di quarta ci trovavamo quasi sempre con studenti di quinta perché i programmi delle lezioni erano a rotazione biennale. Ebbene, le prime due settimane questo smistamento era stato fatto in modo un po' casuale, ma adesso sembrava essersi regolarizzato.

Insomma, a quest'ora di Tedesco con il lettore dovevamo dividerci in coppie, e io fui svelta a girarmi a chiedere di stare in coppia con me al primo ragazzo che trovai. Non lo conoscevo nemmeno, ma non volevo rischiare di ritrovarmi con Warren. Sarebbe stato super imbarazzante e di sicuro non volevo discutere durante quell'ora di lezione. Ashley venne in nostro soccorso e si mise lei in coppia con Warren: aveva capito che io non volevo, e sapevamo entrambe che praticamente tutte le nostre compagne di classe avevano troppa paura di lui anche solo per parlargli. Warren, svogliato, accettò la proposta di Ash e iniziarono a tradurre in tedesco il dialogo che ci era stato assegnato. Io mi girai verso il mio compagno e feci lo stesso.

Comunque dovetti essere grata a Warren, perché era tutto fuorché insistente. Mi era già capitato anni prima di ricevere qualche dichiarazione da parte di spasimanti e io, non sapendo cosa fare, avevo dato un "no" sbrigativo ed ero fuggita. Ottenendo il solo risultato di vedermi questi tizi insistere come non mai i giorni seguenti, e non sapere più come fare a sbarazzarmene.

Se Warren stavolta, anziché lasciarmi i miei spazi per riflettere (e per odiare me stessa, ma tralasciamo) fosse stato insistente con me, tipo aspettandomi fuori dall'aula o rincorrendomi in corridoio per volermi parlare a tutti i costi, credo che mi avrebbe dato parecchio fastidio.

Forse aveva capito che ero pentita e che non avevo davvero voluto agire in quel modo orribile, e che avevo bisogno di rimuginarci sopra per giungere a una decisione.

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