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Da quando Warren aveva posato le sue labbra sulle mie, anche se solo sfiorandole e per un tempo breve, non riuscivo a smettere di pensare a lui. Sia da sveglia che da dormiente.

Durante le ore scolastiche non riuscivo a concentrarmi: dovunque mi girassi vedevo lui, sentivo il suo profumo, percepivo il suo calore corporeo anche se lui non era nei paraggi, e non riuscivo a trascorrere un'ora di lezione senza che mi tornasse in mente quando lui era sul letto sopra di me. Come se non bastasse, di notte nei miei sogni c'era sempre lui, e che sogni... Credevo di impazzire da un momento all'altro.

Davvero, ormai non ce la facevo più neppure io. Iniziavo a capire come si sentiva Warren.

Perciò tre giorni dopo, cioè giovedì, quando lo vidi là sul suo muretto intento a leggere concentratissimo, non resistetti. Già quel giorno ero abbastanza su di giri, in più mi era venuta un'ideona per uno scherzetto coi fiocchi...

Andai lì di soppiatto, da dietro, mi sedetti vicino a lui silenziosamente senza che se ne accorgesse. Appena alzò gli occhi dopo essersi reso conto che ero lì, immediatamente gli schiaffai una mano sulla bocca e vi posai sopra le mie labbra ancora prima che lui potesse rendersi conto di quello che stavo facendo.

Era come se gli avessi dato un bacio in bocca indiretto.

Appena capì, sgranò gli occhi e si alzò in piedi di scatto. «Ma che cazzo!» esclamò. Era agitato. Proprio non se l'era aspettato. «Deciditi ah!!!» urlò, chiuse il suo libro con un tonfo sonoro, prese il suo zaino e se ne andò. Io rimasi lì sul muretto, ridendo così tanto che rischiavo di cadere. Avevo perfino le lacrime agli occhi dalle risate!

A pranzo Warren non si sedette vicino a me: lo vidi seduto su un tavolo in disparte, che si teneva la testa fra le mani come se cercasse di concentrarsi sul pranzo anziché su qualcos'altro. E io sapevo bene cosa. Perché lui probabilmente stava cercando di reprimere chissà quali istinti verso di me e io l'avevo colto in fallo.

Un po' mi sentii in colpa, ma non potevo nascondere che mi fossi divertita tantissimo. Perciò chiesi a Ska se mi faceva un grossissimo favore.

«Ma non puoi andare a parlarci te?! Perché devo andare io scusa?!». Era irritata.

La supplicai. «Dai Ska, ti prego, io non ce la faccio! Gli scoppierei a ridere in faccia! Per favoreeeeeee». Le feci gli occhi da Gatto con gli Stivali di Shrek: funzionava sempre.

Mi guardò di sottecchi, ma alla fine cedette. «E va bene! Ma solo per stavolta».

«Sì!». Alzai il pugno in segno di vittoria.

Quando finimmo di mangiare, Scarlett con un sospiro si alzò e cercò Warren in giardino. Mi nascosi dietro una siepe per seguire l'episodio da vicino.

Lei gli si piantò davanti mentre lui stava salendo le scale e gli disse: «Ciao».

Lui senza alcuna particolare emozione rispose: «Ciao. Spostati.»

Warren cercò di passare alla destra di Ska ma lei gli si parò davanti.

Lui si irritò. «Si può sapere che vuoi??»

«Rosalie voleva sapere se te l'eri presa tanto per prima».

«Ma a te che ti frega scusa??»

«Non è per me, è per Rosalie!»

Warren in effetti sembrava davvero arrabbiato. «Beh, allora dille che si decida perché sto diventando matto!». Poi lasciò lì Scarlett che poveretta non sapeva più cosa fare e se ne andò.

Vi giuro che non mi rivolse la parola per tutto il resto del giorno.


La mattina dopo mi svegliai di soprassalto.

Frozen in Flames | COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora