49 - Non avvicinarti troppo - mi stai facendo impazzire

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Domenica Warren stette lì dalle tre del pomeriggio fino alle cinque, ed era abbastanza per quel giorno, quindi non mi aspettavo niente alle dieci e mezza di sera, quando andai a farmi la doccia. Ci misi anche poco, per i miei standard. Forse perché i capelli li avevo già lavati ieri.

Andai in camera, avvolta nell'asciugamano, e sentii una leggera vibrazione. Guardai le coperte del mio letto e notai che si era illuminato lo schermo del mio cellulare.

Mi sedetti e lessi il messaggio.

      Affacciati alla finestra.

Era da parte di Warren. Cosa voleva dire? Piena di confusione eseguii: la persiana era ancora alta, perciò sbirciai oltre il vetro.

Warren era in piedi nel giardino, a qualche metro dalla finestra della mia camera. Con una mano reggeva il cellulare, con l'altra mi stava salutando, il suo volto illuminato da quel suo magnifico sorriso che mi piaceva così tanto.

Ma non aprii. Anzi, con un sorrisetto compiaciuto gli risposi con un sms:

      A cosa devo l'onore di questa visita notturna?

Warren mi fissò per un attimo, poi il mio cellulare vibrò di nuovo.

      Se mi fai entrare, magari capirai.

Aprii la finestra e tesi la mano al ragazzo, che si arrampicò e con un balzo si mise in piedi sul pavimento.

Gli risposi con un altro messaggio, anche se lui era lì davanti a me.

      Sai, potrei farti causa per violazione di proprietà privata.

Lui seguì il mio gioco.

      Puoi anche farlo, tanto io da qui non me ne vado.

Abbassai il cellulare e lo guardai. «Non mi piace messaggiare».

«Neanche a me».

Lanciammo i nostri telefonini sul letto, che atterrarono con un lieve tonfo, e ci abbracciammo.

Lo avvicinai a me, le sue mani scivolarono lungo i miei fianchi, io gli misi le braccia intorno al collo. Il nodo dell'asciugamano cominciava a sciogliersi, e mi allarmai.

«Ah... scusa...» mugugnai.

Mi affrettai a stringere l'asciugamano, mentre Warren seguiva le mie operazioni.

«Forse è meglio se vado a mettermi il pigiama» dissi. «Se, ehm, se vuoi stare qua... allora... beh, aspettami qui».

Mi avviai in bagno. Afferrai dal portasciugamani gli slip puliti e la camicia da notte e mi vestii. Mi pettinai e tornai in camera.

Warren era seduto sul letto che mi aspettava. Mi avvicinai e mi sedetti sulle sue ginocchia. Mi cinse i fianchi.

Gli chiesi: «Non mi hai ancora detto come mai sei qui.»

Ridacchiò. «Niente, volevo vederti. Sono venuto a trovarti, sentivo la tua mancanza».

Mi voltai, in modo che non vedesse il rossore improvviso delle mie guance. «Ci siamo visti sei ore fa... come farai quando non ci vedremo per un giorno intero?». Forse avrei dovuto dire "come faremo", e intuii che lui l'avesse capito.

«Beh» rifletté «semplice: andiamo a farci un giro assieme o andiamo da qualche parte».

«Mmm... sì...» mugugnai. Mi avvicinai di più a lui e gli strinsi le braccia intorno al collo. Chiusi gli occhi, respirando il profumo della sua pelle, che mi piaceva così tanto. «Mmmm... che buono... che profumo è?»

Lo sentii sorridere, la sua bocca vicino al mio orecchio. «Ma cosa vuoi che ne sappia io... Me lo sono messo in profumeria».

«Ma va, non ci credo» ridacchiai contro la sua pelle.

«Neanche io». Si girò e mi spinse sul letto.

Come lui fu sopra di me, un'ondata di emozioni fortissime mi travolse come uno tsunami.

Era caldo, forse troppo, e cominciavo a sudare, conseguenza inevitabile di quella situazione (quasi) del tutto nuova insieme a lui. Mi baciò sul collo, sulle guance, e sfiorò le mie labbra con le sue. Quando le dischiuse, e le premette più forte, un'emozione nuova, più forte di qualunque altra, talmente potente da oscurarmi la mente e i pensieri, rischiò di farmi perdere la ragione e di spingermi oltre quella soglia che ancora non ero pronta a varcare. Però la mia forza di volontà si fece avanti e mi fermò.

Girai la testa, lui aprì gli occhi e mi guardò. «Cosa c'è?» mugugnò. «Non ti piace?». Si riavvicinò a me e mi baciò sul collo.

«No certo – che mi piace...» ansimai. «E non sai – quanto vorrei...» Feci un respiro cercando di recuperare un po' di fiato e lo guardai negli occhi. Gli presi il viso fra le mani. «Le tue labbra sulle mie... Un oceano di emozioni che mi fai provare ogni volta, che si espande come un sole in me...» Chiusi gli occhi. «Baciarti è la cosa che più desidero, non sai quanto ne abbia voglia...! E se ti sento così vicino, mi è difficile, molto difficile, resistere. Credimi.»

«Ma allora» mi domandò «cosa c'è che non va?»

Sospirai. Lui si tirò su e si sedette. Mi accomodai sulle sue ginocchia, mentre la sua presa intorno alla vita mi stringeva salda a lui.

«È che...» cominciai a spiegare. «Siccome ogni volta che mi tocchi, che sto vicino a te, provo delle emozioni e voglie più forti di qualsiasi altre, ho paura che, se ti bacio, voglia spingermi oltre... capisci? Non ho la forza di volontà sufficiente per questo. E poi, scusa eh, ma se sento il tuo corpo sul mio come prima e le nostre labbra incollate, cosa credi che mi venga voglia di fare?!».

Warren ridacchiò, la sua bocca sulla pelle del mio collo. «Va bene, se proprio insisti...»

Stava per baciarmi di nuovo quando sentimmo un "bip bip" di una sveglia provenire dalla camera dei miei.

«Cos'è?» mi chiese Warren.

«Ah... oh no, proprio ora...» dissi, non riuscendo a nascondere il mio dispiacere. «No niente, è l'allarme. I miei sono appena stati chiamati. Sai, qualche incarico da supereroi. Oddio! Ma non possono trovarci qui così...» riflettei con orrore, facendo una smorfia di rammarico.

Con voce delusa disse: «Va bene. Forse è meglio che vada». Prese il suo cellulare dal pavimento e se lo mise in tasca. Si avvicinò a me e mi sussurrò nell'orecchio: «Buonanotte Rosalie, fai sogni d'oro. Il mio pensiero è sempre con te. Dormi tranquilla, io ti penso». Lo disse con una voce così dolce e rassicurante che mi sciolse.

Mi baciò sulla guancia e, con un ultimo sorriso, aprì la finestra e saltò giù sull'erba, poi sparì nella notte, lasciandomi sola nella mia camera.

Le sue parole, la sua voce calda e profonda, risuonavano ancora nella mia testa e lacrime calde cominciarono a rigarmi il viso, che il suo saluto, che sentivo come non completo, aveva portato un vuoto nel mio cuore. In quel momento sentii la sua mancanza come non mi era mai accaduto prima, e la stanza, ora vuota, sembrava troppo fredda e buia per essere stata prima circondata da tutto quel nostro amore reciproco.

Mi alzai mesta per tirare giù la persiana e chiudere le ante della finestra, però prima diedi un'ultima sbirciata fuori e sì, verificai che se n'era andato davvero. Non potei fare a meno di rimanerci un po' delusa, quasi mi aspettavo di trovarlo ancora lì fuori ad attendermi. Mi infilai sotto le coperte, ancora calde e impregnate del suo profumo, e chiusi gli occhi, quando una piccola fiamma, che mi diceva che lo avrei rivisto di lì a poche ore il giorno dopo a scuola, si riaccese dentro di me.

Frozen in Flames | COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora