45

167 11 0
                                    

Però non volevo che la settimana finisse così.

Cioè, non volevo lasciarlo con questo dubbio per tutto il weekend. Sarebbe stato crudele, e io ero tutto fuorché sadica.

Giovedì e venerdì non furono diversi: cercai di evitarlo il più possibile, e durante le lezioni non mi sedetti mai vicino a lui.

In realtà volevo tutto tranne che comportarmi così: chissà quanto lo stavo facendo soffrire. Ciò che avrei voluto davvero fare era andare da lui e parlargli, ma non sapevo da che parte cominciare. Non sapevo come rimediare, perché non avevo la minima idea di cosa avrei potuto dirgli. Non avevo scuse per quello che avevo fatto.

Però lui mi precedette.

Passai le lezioni del sabato mattina a raccogliere pian piano tutto il coraggio che avevo, e anziché prendere appunti scrissi un ipotetico discorso che avrei potuto fargli.

In mensa mi sedetti al tavolo con Ashley, Scarlett e Joe, standomene in silenzio, preparandomi mentalmente alla "missione" che mi attendeva non appena avessi finito di mangiare. Era strano, a me non mancava mai l'appetito, ma oggi fissavo il vassoio del pranzo senza alcuna fame. Ero troppo agitata.

Quando ad un tratto sbucò fuori Warren dal nulla e si sedette al tavolo proprio di fronte a me. Lo fissai allibita.

«Non mangi niente?» gli chiese Joe, notando l'assenza di un vassoio del pranzo del suo amico.

«Ho già finito» rispose Warren. Aveva mangiato alla velocità della luce per poter venire lì da me?!

«Rosalie.» disse, con tono risoluto. Dovetti per forza fissarlo negli occhi. Deglutii. «Guarda che io non ce l'ho con te» mi rassicurò, più garbato. «Ho capito sai che ti senti in colpa.»

Istintivamente mi portai le dita davanti alla bocca: primo perché rimanevo sempre allibita da quanto facile fosse capirmi, secondo perché non sapevo come rispondergli.

Lui sospirò e mi guardò per un po'. «Guarda che non me ne vado da qui finché non ti decidi a rivolgermi la parola.»

I miei amici stavano in un silenzio assoluto, anzi avevano anche smesso di mangiare per ascoltare la nostra conversazione, ma in quel momento non mi preoccupavano loro. Mi preoccupava di più Warren.

«Sono una stupida» dissi con voce flebile, per l'ennesima volta quella settimana.

«Sì, lo sei eccome» confermò Warren, duro. Sembrava quasi arrabbiato. «Ma lo sei non per come la pensi tu, ma perché non hai capito un cazzo!»

Indietreggiai, aveva detto quella frase con tono molto severo, se non violento. Mi sembrò di venire investita dalle sue parole.

Lui si sporse in avanti per avvicinarsi di più a me, deciso a non demordere. «Voglio farti una proposta: vieni a cena fuori con me stasera e chiariamo tutto.»

Mi cadde la mascella. Sentii anche i miei amici fare dei versi di sorpresa. Warren però non si lasciò intimidire e continuò a guardarmi negli occhi determinato.

Non sapevo come fare a divincolarmi da quella situazione scomoda. Poi però mi tornò in mente che quella sera avevo già un impegno con Ashley: facevano la serata anni '90 nel locale dove avrebbe suonato lei, e mi aveva invitata procurandomi un'entrata gratuita, sapendo che amavo quella musica.

Rivolsi uno sguardo ad Ashley, che subito capì le mie intenzioni e iniziò a scuotere la testa lentamente ancora prima che io parlassi. «L'hanno annullata.»

«Cosa?» chiesi io, un po' interdetta.

«L'evento di stasera. L'hanno annullato. Non possiamo più uscire assieme.»

Frozen in Flames | COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora