10 - Dovrei imparare a tenere la bocca chiusa qualche volta

252 13 0
                                    

A un'ora indefinita, un suono assordante mi svegliò. Era il BIP BIP della sveglia sul comodino, che dopo diversi pugni dati a caso riuscii finalmente a spegnere. Guardai l'ora sul display digitale: segnava le 2.15. Whaddefak??? Perché cavolo suonava a quell'ora?! Madonna che nervoso. Dopo la mattina di ieri che la musica del cellulare aveva rovinato il mio sogno irrompendovi come una palla da demolizione, avevo deciso di provare a usare la sveglia dell'orologio digitale che tenevo sul comodino. Non l'avevo mai utilizzata prima, e ora non l'avrei rifatto mai più, perché non avevo capito un tubo di come programmarla e infatti avevo completamente sbagliato orario. Mi sa che era meglio tornare alla sveglia del telefono. Mi girai dall'altra parte del letto e provai a riaddormentarmi.

Poco più di mezz'ora dopo fui ridestata da Pixel che aveva deciso di mettersi a urlare. Mi ero dimenticata di chiudere la porta della mia camera e, avendola lasciata socchiusa, Pixel era entrato e stava miagolando come un forsennato perché voleva uscire in giardino. Lo intimai di stare zitto. «Shhh, Pixel! Che cavolo! Sono le tre di notte, dormi anche tu ah!»

Lui per tutta risposta saltò sul mio letto, si distese di traverso sopra di me e si mise a fare le fusa così forte che sembrava un trattore. Sì vabbè, col cacchio che dormo, ormai. Tra il casino che stava facendo e il caldo che avevo sotto le coperte e sotto il gatto, non riuscii più a chiudere occhio. Certo che devo abituarmi a questo caldo, se voglio stare con Warren..., mi venne da pensare. Già, Warren... Ancora stentavo a crederci che il giorno prima avessimo passato così tanto tempo assieme. Quei momenti me li ero immaginati innumerevoli volte, eppure stavolta ero sicura che quelli di ieri non fossero prodotto della mia fervida immaginazione ma avvenimenti accaduti realmente.

Già che c'ero, sfruttai le ore notturne ancora a mia disposizione a pensare proprio a Warren, a immaginare diverse situazioni assieme a lui che, speravo, un giorno o l'altro sarebbero accadute realmente. Provai anche a pensare a un ipotetico dialogo con lui per il giorno seguente, anzi, per qualche ora dopo che l'avrei rivisto a scuola, ma solo pensare al suo bellissimo viso mi mandava in tilt. L'unica cosa in cui potevo sperare era di non fare figuracce inutili.

Alle 7.15 scesi dal letto e andai in cucina per fare colazione. Stranamente non ero neanche stanca. Beh, meglio così. Pixel mi seguì e appena aprii il sacchetto di croccantini vidi Glitch arrivare a razzo (probabilmente aveva dormito sul letto dei miei o nella sua cesta) e fiondarsi sulla ciotola. Sorrisi a vedere i miei due micetti che con così poco erano i più felici del mondo e mangiai anch'io qualcosa. Mi preparai per andare a scuola e feci uscire i gatti, quindi uscii anch'io, chiusi a chiave la porta di casa e mi diressi alla fermata dell'autobus.

Quel giorno a scuola non mi successe niente di particolare. Alla prima ora quando arrivai in classe mi resi conto che il giorno prima non avevo neanche salutato le mie compagne come si doveva: in fondo la maggior parte non le vedevo dalla fine dell'anno precedente! Mi salutarono tutte molto calorosamente (alla prima ora avevamo Francese, quindi ero con le mie compagne del Linguistico ed eravamo tutte ragazze), e notai che c'era un po' di subbuglio.

«Cosa succede, ragazze?»

«Siamo alla ricerca dell'orologio perduto!» mi rispose la mia compagna Beatrice.

Mi misi a ridere. Ogni anno era così! Ce lo rubava sempre chissà quale classe! Mi unii alla caccia al tesoro, così intanto chiacchieravamo delle rispettive vacanze; perlustrammo ogni aula a mo' di inquisizione, finché lo trovammo in seconda Turistico e lo appendemmo vittoriose nella nostra classe. Alla fine ci mettemmo tutte a ridere; era bello ritrovare questa alleanza fra di noi. Eravamo un bel gruppo, unito, anche se in ricreazione ognuna stava con la propria compagnia ma eravamo tutte amiche fra di noi.

Insomma non successe granché quel secondo giorno di scuola (solo che stavolta stetti ben attenta a non farmi mandare fuori dall'aula), Warren quasi non lo vidi, tranne in ricreazione che Scarlett mi aveva portata alle macchinette perché ero agitatissima, colpa della notte passata in bianco. Mi aveva comprato un latte caldo per tranquillizzarmi un po', e io mi ero lamentata perché scottava e Scarlett aveva scherzato "Devi abituarti se vuoi stare insieme a Warren!". Io le tirai una gomitata scherzosa e indovinate un po'? In quel momento esatto passò Warren (cavolo, doveva spuntare fuori proprio nei momenti peggiori!), così lasciai andare Scarlett e lo salutai con la mano, facendo un sorriso enorme, come se niente fosse. Lui alzò un sopracciglio ma ricambiò il saluto, poi si comprò un Mars alle macchinette e se ne andò.

Quel giorno sembrava incazzato col mondo, aveva un cipiglio da far paura, quindi decisi che era meglio lasciarlo in pace e guardarlo da distante come avevo sempre fatto.

Frozen in Flames | COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora