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Harry si risedette al suo tavolo, dove Eleanor giocava col cellulare. Appena lei lo vide abbozzò un sorriso malizioso e mise in tasca il cellulare. "Te l'avevo detto." disse lei.

"Silenzio." ordinò Harry, mettendosi le mani sulle tempie, per concentrarsi meglio e pensare a quello che era appena accaduto poco prima. La panca su cui era seduto scricchiolò, creando un rumore che fece accapponare la pelle ad entrambi. Sospirò. Prese la forchetta ed iniziò a giocare col cibo, spingendo le polpette nel piatto.

"Sei deluso?" chiese Eleanor, gli alzò il mento con le sue piccole dita per vederlo meglio. Sì, lo era, ma cercò in tutti i modi di non mostrarlo, invano. "Cosa ti aspettavi da uno come quello? Un asociale psicopatico?" continuò lei.

Harry reagì bruscamente, cogliendola di sorpresa, "Vuoi stare zitta? Dai del asociale psicopatico a lui e continui a stare con il sottoscritto darkettone?"
Vedendo lo sguardo di El cadere in basso, si scusò. Harry poteva avere l'aria da duro, un carattere forte, ma in fondo aveva un buon cuore. "Scusa, non avrei dovuto alzare la voce."
In quel momento, Harry si sentiva sia triste che arrabbiato. Triste perché c'era stato un brutto inizio con Louis, arrabbiato perché scaricava tutta la colpa su sé stesso, dandosi dello stupido. Era abituato a questo mix di emozioni.

"Vorrà dire che siete due asociali psicopatici... tu sei molto più carino, però." scherzò - ma anche no - Eleanor, facendogli l'occhiolino. Ridacchiò in modo carino coprendosi la bocca con una mano, poi cambiò argomento, "Perché vesti tutto di nero e ti trucchi?"
Eleanor era fin da piccola una ragazzina curiosa.

Harry poteva dirle qualsiasi cosa. Poteva dirle che il nero snelliva, si abbinava coi suoi occhi chiari, che secondo lui era poesia, cupo ma allo stesso tempo rassicurante come la notte. Davvero, qualsiasi cosa, ma si limitò ad alzare le spalle e rispondere con un "Non lo so."
Invece Harry lo sapeva eccome, non erano quelli i motivi del suo abbigliamento e del suo comportamento, i brutti ricordi erano ben impressi nella sua memoria. A volte tornavano senza preavvisare, in quei periodi si chiudeva in lui, non considerava e non guardava nessuno. Erano solo lui e il passato.

Osservò tutta la mensa ma di Louis non c'era traccia. Il suo tavolo era vuoto, ancora col vassoio colmo di cibo. "Dov'è andato?" parlò Harry. Era preoccupato e neanche poco.

"Ancora?" sorrise, ma sembrò pensarci su, "Il pomeriggio non si presenta mai a lezione. O lo passa a disegnare nel suo posto o esce direttamente da scuola."

"Sai dove posso trovarlo?"

"Non stargli addosso, sul serio." - Harry non l'avrebbe ascoltata - "Comunque va sempre nel vecchio laboratorio di scienze, quello vicino all'infermeria." Quel laboratorio l'avevano trascurato perché uscivano dei cavi elettrici dal soffitto e la scuola non aveva soldi per pagare un tecnico. Per la sicurezza degli studenti, da quel momento in poi le lezioni di scienze si tenevano nell'aula di chimica.

"Che cosa abbiamo adesso?" chiese Harry, mentre suonava la campana, facendo così finire la pausa. Le passò il foglio degli orari.
"Io ho musica, tu matematica. Te la dovrai cavare da solo, darkettone!" gli rispose. Lo salutò ed uscì dalla mensa. Si sarebbero rivisti alla fine della scuola.

Harry se ne andò soltanto per cercare quel famoso laboratorio di scienze abbandonato e Louis, non gli andava di certo di affrontare matematica. Perciò si ritrovò a vagare tra i corridoi, alla ricerca dell'infermeria, il suo punto di riferimento. La trovò quasi dopo mezz'ora, era al secondo piano. Di fianco c'era una porta con la serratura evidentemente scassinata e ragnatele intorno agli angoli. Riuscì ad aprire di poco la porta dopo varie spinte - era pesante. Entrò nella stanza soltanto con le testa e scrutò ogni cosa. La luce era spenta, ma le tapparelle socchiuse ne facevano filtrare un po', quel giusto che serve per vederci. Appese, o semplicemente appoggiate alle pareti c'erano delle tele dipinte di rosso. Ritraevano donne che urlavano, pance aperte, gesti di autolesionismo, sempre dello stesso colore. Scenari orripilanti ma che affascinavano Harry. Su uno scaffale c'erano dei tubetti di colore, sempre quello. All'angolo c'era un lavandino coi pennelli. Sulla cattedra c'erano dei fogli e dei barattoli di colore. Poi lo vide, Louis, in tutto il suo splendore. Aveva un pennello in bocca e riguardava la sua ultima opera. Harry pensò quanto fosse bello mentre si complimentava da solo per il dipinto che aveva appena finito.

Stava per entrare per salutarlo, ma un gesto lo fermò. Si pietrificò su due piedi e spalancò gli occhi, incredulo. Louis si stava portando uno di quei barattoli rossi alle labbra per berne un sorso. Indietreggiò lentamente per poi girarsi e correre. Scappò fuori dalla scuola poiché non voleva assistere ad una noiosa lezione, anche se era il suo primo giorno.

Blood || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora