ventinove

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Era passata qualche settimana, fortunatamente i succhiotti non si vedevano più. Le cose fra Michael e Harry non erano né migliorate né peggiorate, nel senso che Michael non si faceva vedere in casa se c'era anche il fratello di Gemma. Dormiva in hotel con Luke, Calum e Ashton, non volendo disturbare troppo la famiglia Styles. La sua spalla slogata era guarita quasi del tutto, doveva portare un tutore che gli teneva fermo il braccio la notte. Non aveva il coraggio di parlargli dopo che Louis lo aveva attaccato, anche perché gli aveva urlato di stare lontano da Harry.
Ma quel giorno lo venne a prendere a scuola, per chiarire. Appena lo vide, i suoi occhi si illuminarono: era bellissimo. Gli sorrise e gli andò incontro.

"Hey, com'è andata oggi?" lo salutò. Si mordeva inconsciamente il labbro, aveva una mano in tasca e muoveva le dita da dentro il tessuto del jeans. Evitò di abbracciarlo, ma avrebbe voluto farlo.

"Le solite cose." disse Harry incominciando a camminare.

"Facciamo un giro al parco?" propose Michael.

Harry accettò l'invito. Andarono al furgone e Michael gli aprì lo sportello, facendogli vedere che infondo era un gentiluomo, più o meno.
Il viaggio fu piuttosto silenzioso, entrambi non sapevano come iniziare una conversazione. Il ragazzo coi capelli verdi, tinti il giorno prima, strofinava spesso le mani sul volante per l'agitazione, mentre l'altro era abbastanza tranquillo, guardava il cellulare per controllare se fossero arrivate notifiche nuove.

Michael lo portò proprio al parco con il salice piangente, il parco di Harry. Egli sperò con tutto sé stesso che Louis non si facesse vedere da quelle parti proprio in quel momento, altrimenti sarebbe stata la fine.

Si sedettero su una panchina vicino ad un laghetto, Michael appoggiato allo schienale e Harry a gambe incrociate, rivolto dalla sua parte. Harry notò l'occhiata dell'altro, sospettava volesse dirgli qualcosa.

Nel loro imbarazzo, quasi percettibile al tatto, si sentivano soltanto gli schiamazzi dei bambini che giocavano lì attorno. Harry abbassò lo sguardo per leggere le frasi scritte sulla panchina, una in particolare lo colpì: "Le persone mi svuotano, devo allontanarmi per riempirmi."

Un messaggio da parte di Liam lo distrasse.

Liam:
ho passato il parco con l'autobus, ti ho visto insieme ad un ragazzo!

Harry:
Sì, si chiama Michael

Liam:
è il tuo fidanzato?

Harry:
COSA?!
Harry:
No e poi no.
Harry:
È solo un amico d'infanzia.

Liam:
però a te piace ;)

Harry:
No, affatto

Liam:
ci credo come credo che la terra sia piatta, è così evidente!

Harry:
Basta, non mi piace, argomento chiuso. Non è di certo il mio tipo e soprattutto è fastidioso come una spina nel fianco.

"Chi è?"
Michael gli strappò il cellulare dalle mani appena aveva visto che sorrideva sullo schermo. Lesse i messaggi e il suo cuore si ruppe un po'. Deglutì e continuò a leggere. L'ansia sostituì l'imbarazzo.

Harry impallidì. "Michael..."

"Perciò... Non ti piaccio?" disse Michael con le sopracciglia abbassate.

Harry scosse la testa, "Ho accettato di venire qui proprio per questo."

"Ed io ti sono venuto a prendere per chiarire la nostra storia. Perché ti sei lasciato baciare, nel vicolo? E la festa, poi?" la sua voce sembrava veramente triste.

"Storia? La festa è stato un errore ed io non volevo neanche farle quelle cose, mi hai obbligato tu!"

"Non mi hai lasciato scelta. Harry, ti amo. Penso davvero di amarti. Sei la luce che illumina-"

"Se mi amassi sul serio accetteresti le mie scelte, dobbiamo finirla qui." lo interruppe Harry, scocciato dalle solite sdolcinate cose e sorpreso dalla prima frase.

"Il punto è che siamo fatti l'uno per l'altro."

"No, Michael."
Ma Harry non riuscì a dire altro che Michael mise un braccio intorno alla sua schiena e lo avvicinò con forza a lui. Lo afferrò per la cintura cosicché non potesse allontanarsi. Fece combaciare le loro labbra in un bacio sforzato e indisturbatamente aggiunse anche la lingua, muovendola senza ritegno. Michael era più forte di lui, infatti Harry non riusciva a spostarsi anche se lo spingeva.

Sentirono dei passi avvicinarsi lentamente, ma poi si allontanarono correndo quasi subito. Harry non ci fece caso. Morse la lingua dell'altro ragazzo e scappò una volta preso il suo zaino.

"Harry, torna qua!"
Non lo ascoltò, continuò a correre.

Harry non guardava neanche la strada che percorreva, voleva semplicemente stare più lontano possibile da Michael. Non aveva una meta. Voleva dimenticare quello che era successo. Perché Michael non capiva? E perché lui era stato così sciocco ad accettare l'invito della festa, nonostante le odiasse?

Ma soprattutto, Louis lo amava veramente? O era una scusa per tenerlo vicino e continuare a bergli il sangue? Infatti non gli aveva mai confidato i suoi sentimenti. Dopo quel bacio, lo aveva tradito. Non sapeva come dirglielo, se dirglielo.

I suoi polpacci facevano male talmente aveva corso. Non era mai stato bravo in ginnastica, fingeva un infortunio e sedeva in panchina.

E pianse, pianse finché i suoi occhi bruciarono, stanchi di tutte quelle lacrime che continuavano a scendere. E urlò, urlò fino a graffiare la sua gola.

Harry non ne poteva più di tutta quella oscurità. Pensava che se fosse stato un ragazzo normale, come gli altri, non avrebbe avuto tutti quei problemi.

Come quella citazione di Bukowski, scritta con un indelebile sulla panchina, si allontanò.

Blood || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora