Capitolo 2 | What It's Like To Be The Only One Buried In This Hole

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Soundtrack: Our Last Night - Sunrise

Ecco qua il nuovo capitolo, promessa mantenuta!!

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Salii le scale e mi chiusi in camera mia, buttandomi stremata sul letto a baldacchino. Quanto l'odiavo. Chiusi gli occhi cercando di calmarmi, e dopo qualche minuto mi diressi verso il bagno, sempre nella mia stanza. Anche lì, quanto spazio sprecato. Una parete era occupata dalla vasca idromassaggio e dalla doccia, mentre quella di fronte dall'enorme specchio e da un numero spropositato di armadietti e cassetti contenenti medicinali, accessori e trucchi.

Mi lavai e rivestii, quindi mi persi ad osservarmi davanti allo specchio. Ero minuta, ma non così tanto rispetto alla media. I miei genitori adottivi mi obbligavano ad avere sempre una linea pressoché perfetta e, nonostante tutti i miei sforzi di mettere su qualche chilo, non riuscivo mai ad ingrassare quanto volevo. Avevo poi ricci capelli di un bel castano ramato, che ormai mi toccavano i fianchi, in contrasto con la pelle quasi lattea. Il mio volto poi somigliava davvero a quello di una bambina, con la bocca e le labbra ben disegnate, il naso piccolo e all'insù, le ciglia lunghe e le sopracciglia sottili. I miei occhi invece erano di un color nocciola tendente all'oro; erano grandi ma dall'insolito taglio allungato, così che risultassero al contempo dolci, freddi e distaccati. Un tripudio di pregiudizi, insomma.

Quando scesi in sala da pranzo fui quasi sorpresa di trovarci i miei genitori. Lanciai un'occhiata veloce all'orologio e mi venne il latte alle ginocchia notando che ero in ritardo. Di poco, ma per mio padre l'assoluta puntualità era essenziale e, se non rispettata, punibile. Che individuo amabile, non è vero? Del tipo che vorresti trascinare in una stradina deserta e pestare a sangue, lasciandolo poi lì in mezzo alle pantegane. O ai cani randagi, dipende.

<<Sei in ritardo>> puntualizzò lui infatti.

<<Scusatemi, oggi sono un po' distratta>> mormorai. Quasi non riconobbi la mia stessa voce, da tanto flebile che era. Avevo sul serio così tanta paura di quell'uomo?

<<Non dovrà più succedere in futuro.>>

<<Ho ritardato solo di pochi minuti...>> cercai di difendermi, nonostante mi fossi appena chiusa a riccio sulla sedia e avessi un'espressione mortificata.

Sobbalzai sulla sedia quando la mano dell'uomo raggiunse violentemente il tavolo. <<Non ammetto discussioni! Sai bene che una cosa che odio è dover alzare la voce con te!>> urlò.

Già, infatti si vedeva quanto fosse dispiaciuto.

Nonostante tutto decisi di abbassare lo sguardo. <<Perdonatemi, padre>> dissi. Vidi immediatamente i suoi occhi illuminarsi. Era così che mi sarei sempre dovuta comportare. Dovevo essere un cagnolino da compagnia in casa mia? Ma vogliamo scherzare?!

La discussione finì così, e io non alzai gli occhi dal piatto per il resto della cena. Quando finii andai verso la mia camera, incontrando mia madre nel corridoio del primo piano. La luce soffusa delle lampade a muro creava dei contrasti stupendi nei suoi occhi grigio-azzurri, ma avevo imparato da tempo che quelle sfere piene di istinto materno, in realtà non erano altro che una sola facciata di quella donna tanto fredda e calcolatrice, quanto dolce e calorosa, se solo lo voleva.

<<Non dovresti prendertela con tuo padre. Oggi ha avuto molto lavoro da sbrigare e...>>

<<Ha sempre molto lavoro da sbrigare>> la interruppi. <<Buonanotte.>> E mi eclissai in camera per tutto il fine settimana, scendendo solo per i pasti, e anche così non spiccicai più neanche una mezza parola.

Purtroppo per me anche la domenica passò, e dovetti rassegnarmi all'idea di tornare in quella sottospecie di manicomio chiamato scuola. Lì ero odiata inspiegabilmente dalla preside, e dovevo comportarmi come una regina per tutto il tempo. Anche tra quelle mura mio padre aveva una serie infinita di contatti, naturalmente però io non avevo idea di chi fossero. E così ero costretta a sorridere quando un gruppetto specifico sparlava di qualcuno, anche se partecipavo molto raramente alle loro conversazioni, dicendo che ero troppo occupata per preoccuparmi di quello che succedeva in giro.

Il risultato di tutta quella farsa? Tutti si consideravano miei grandi amici, mentre io non avevo ancora incontrato nessuno da poter davvero chiamare amico.

La mattina successiva, dopo aver tentato di alzarmi per almeno cinque minuti, aver fatto colazione, essermi velocemente vestita e messa un quintale di mascara -lo adoravo troppo-, scesi, infilandomi stivaletti e giacca. Benedikt era già vicino alla Rolls Royce nera ad aspettare di aprirmi la portiera. Beh, almeno non dovevo fare i conti con il mio equilibrio sempre precario. Era anche, e soprattutto, per questo che non avevo mai imparato ad andare in bicicletta. Fortunatamente anche a mio padre non piaceva andarci, altrimenti avrei dovuto svuotare il sacco dopo quasi diciassette anni. Non l'avrebbe presa molto bene.

Sbuffai sonoramente sprofondando nel sedile di pelle e Ben accese il motore, dando inizio a quella che, nonostante non mi fosse ancora accaduto niente, mi sembrava già la peggior giornata della mia vita.

Daughter Of Flames (SOSPESO)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora