"Tu sei pazzo" e ho tutti i motivi per pensarlo.
Non sembra far caso alle mie parole.
"Allora" insisto " perché non sei con gli altri alla 'festa'" chiedo mettendo enfasi su quell'ultima parola chiamando l'evento ironicamente.
"Le feste non fanno per me" risponde pronto.
"Ma ne sembravi così entusiasta prima, quando sei venuto ad avvisare me e Amanda..."
"Perché non sei rimasta con loro?" Chiede. Ignora la mia osservazione.
"Ti stavo cercando."
"Perché?"
"Boh, perché non ti trovavo."
"Quindi ti piaccio" che sfacciato.
"No, mi stavo solo preoccupando per te." Le mie parole e il mio tono risultano fin troppo cinici e scortesi.
Si scosta una ciocca di capelli dal volto e posso notare i suoi occhi.
Li ho visti la prima volta da vicino stamattina quando mi ha fatto quell'affronto, che poi è risultato falso.
Sono così scuri, ma così pieni di vita.
C'è una luce speciale, un riflesso impercettibile che li rende magnetici, misteriosi, quasi innaturalmente malinconici.
"Cosa cazzo guardi se ti faccio così tanto schifo?" La sua voce si fa dura e piena di freddezza.
"Non ho mai detto che mi fai schifo"
Fa una smorfia, come se qualcuno gli avesse tirato un pugno dritto nello stomaco.
Si alza di scatto e faccio altrettanto.
"Io le conosco le ragazze come te."
Lo guardo stranita.
"A cosa ti riferisci?"
"Voi borghesi conformiste fate le finte depresse, quando invece la vostra vita è fin troppo perfetta. Cominciate a tagliarvi i polsi fino all'esasperazione, cominciate a digiunare fino a che non finite in ricovero su una lurida barella di un ospedale mediocre. O peggio ancora, mangiate tutto quel cibo preparato dalla vostra cara mammina per poi riversarlo tutto nel cesso. Fate schifo, siete delle egoiste e delle egocentriche." Mi punta il dito contro tutto il tempo, senza mai smettere.
"Ora che hai finito il tuo monologo insensato..." Mi interrompe
"Insensato? Spero tu stia scherzando! Non puoi dire una cosa del genere."
Protende le braccia in avanti, senza toccarmi.
Nonostante si sia bloccato prima di provare anche solo a sfiorarmi, istintivamente gli prendo i polsi e cerca di dimenarsi dalla mia presa, anche se non voglio fargli del male. È una tecnica che ci hanno insegnato a scuola per calmare una persona durante il corso di autodifesa.
Sembra però non funzionare, prova un dolore lancinante, nonostante io non stia stringendo troppo forte.
Abbasso quindi lo sguardo e noto i suoi polsi.
Lascio immediatamente la presa.
"Ti prego non guardarle, mi vergogno." Sembra sul punto di piangere.
Alzo la manica della mia maglietta e gli mostro le mie cicatrici.
"Non devi."
Le traccia con l'indice , accarezzandomi la pelle dolcemente.
"Sembrano quasi più delle mie."
"Tu trovi?" Ironizzo.
Visti da fuori dobbiamo sembrare proprio una coppia di schizzati senza speranza.
In piedi al centro di una stanza di un ospedale psichiatrico, l'uno davanti all'altra a guardarci vicendevolmente le cicatrici, le tracce indelebili di un passato troppo sbagliato.
Lo guardo ancora insistentemente, come se fosse l'ultima volta, finché non mi nota.
"Qualcosa non va,Cass?"
"No, anzi, va tutto più che bene. Tanto che sento che accadrà qualcosa di terribile tra pochissimo."
"Non essere così pessimista. Una come te non dovrebbe."
"Una borghese conformista intendi?" Ridiamo entrambi, mentre faccio riferimento alla sua precedente sfuriata.
"No Cass, non mi riferisco a quello."
Sorrido, per davvero.
"Intendo le ragazze come te... Quelle bellissime." Stento a credere alle mie orecchie.
"C-cosa..?"
"Lo sai" mi guarda in un modo strano, nessuno mi ha mai guardata in quel modo... Che voglia uccidermi?
Continua a fissarmi, un po' mi infastidisce.
"Bellissima.." dice piano, sussurrando.
E la mia caratteristica più significativa non sono gli occhi, né le labbra. La mia particolarità, se così si può chiamare, sono le occhiaie, e gli occhi affossati con la pelle debole e trasparente, tanto da far intravedere le vene. Ma queste caratteristiche le ho solo ereditate dagli incubi... Gli incubi di chi non dorme, e non è più in grado di sognare.