I giorni passano lenti da quella notte di inizio autunno, tutti uguali.
La monotonia si fa straziante, dolce agonia di un'esistenza lasciata a marcire troppo presto tra le quattro mura di un manicomio.
Il flusso di pensieri si fa sempre più insistente: è questa la condanna dei malati mentali, questa la condanna di chi riesce a vedere oltre alle apparenze,a 360 gradi, di chi cerca il marcio,o vuole trovarlo,anche in una situazione apparentemente idilliaca.
Ma non c'è granché da lamentarsi a saper giudicare la vita senza risultare prevenuti.
Sentirsi in gabbia non è per tutti.
E saperlo sopportare ancora meno.
Novembre è un mese grigio per chiunque, un mese qualunque per chi è costretto a stare qui dentro, ma anche per chi vi sta volontariamente.
Colazione,pranzo,cena. Terapie,colloqui,medicinali.
Gente che va e gente che viene,gente che torna perché a stare da soli con se stessi non si è più capaci.
Ma serve veramente riflettere e parlare della propria vita, che pare un ricordo lontano, quando si è rinchiusi qui dentro?
Va meglio.
Va peggio.
Va come sempre?
Intanto però le guance riacquistano colore,i capelli vigore,le forme sono meno spigolose.
Mi preparo per i prossimi tre mesi di osservazione con la felicità a mille.
Il nuovo anno comincerà senza i vecchi problemi, che faranno finalmente spazio a quelli nuovi, quelli di un comune adolescente.
Niente più pasti saltati,droghe,lamette.
Solo voti, assenze,feste,vodka e qualche sigaretta in più.
E una volta uscita di qui dimenticherò Richard,Karen, Laney. E Adam.